Allo Darlin'
Europe
Tracyanne Campbell è la mia twee-girl preferita, con buona pace della quasi omonima (e un pochino traditrice, lasciatemelo dire, ché abbandonare un Murdoch per un Lanegan, è un abominio) Isobel Campbell. Con i suoi Camera Obscura ha scritto quattro album che, tra un semi capolavoro (Let’s Get Out Of This Country) e un mezzo passo falso (My Maudlin Career), ci hanno regalato alcune delle pagine più belle dell’indiepop degli ultimi anni. Il problema è che di Tracyanne si sono perse un po’ le tracce, così, in attesa di un nuovo capitolo della saga, ci vediamo costretti a cercare surrogati. Come quando non potendo goderci il sole su una chaise longue a Saint-Tropez, lo cerchiamo sul terrazzo di casa, titubanti, tra i panni stesi ad asciugare e gli sguardi famelici dei dirimpettai.
Ora, dare della surrogata a Elizabeth Morris, australiana di stanz(ett)a a Londra, a capo dei suoi Allo Darlin’ (della serie: dimmi come ti chiami e ti dirò che genere di musica fai), mi pare un tantino irrispettoso e forse anche un pizzico fuorviante, ma è davvero impossibile ascoltare questo Europe – che segue il debutto omonimo di due anni fa, spostando di poco o niente le coordinate stilistiche dell’album che lo ha preceduto –, senza avere l’impressione di trovarsi tra le mani un nuovo album dei Camera Obscura. Perché parlarne, allora? Semplice: Europe è, nel suo genere, ma non solo, una delle cose più belle apparse in questa prima metà dell’anno.
Ad aprire le danze di Europe, ci pensa, dunque, una Neil Armstrong che, in tre minuti e mezzo, con quel suo incedere “in divenire” tipicamente belle&sebastiano, porta in sé tutte le sfumature tonali che si ritroveranno nel resto del programma: voce schietta e lineare, sempre in primo piano, che ostenta timidezza e ricama melodie di zucchero filato – va ricordato che la Morris non è una ragazzetta alle prime armi, ma una donna che la sua bella gavetta pastello l’ha fatta con nientepopodimeno che Amelia Fletcher (Talulah Gosh) nei suoi Tender Trap –, chitarra scintillante in odore Go-Betweens (a ricordarci che l’assolata Australia non è solo terra di canguri e immigrati italiani), andamento piuttosto vivace (in altre parole, impossibile non tenere il tempo col piede) e tanta voglia di prendersi poco sul serio.
Questa la cifra stilistica che sarà ripetuta in tutti gli altri episodi di un album che, se da un lato corre il pericolo di apparire un po’ troppo ripetitivo, considerata l’omogeneità estetica che lo caratterizza – ostacolo in parte evitato grazie all’inserimento, in scaletta, di tre “lenti” (Some People Say, My Sweet Friend e Tallulah, con un tenero duetto voce e ukulele, e pensare a Jens Lekman non pare troppo azzardato) che rallentano un po’ la briosa cavalcata, giocata tutta su ritmi per lo più veloci –, dall’altro, potenzia un’intuizione di partenza tanto semplice, quanto appetitosa: scrivere e riscrivere la canzone pop perfetta. Così, quando dopo Neil Armstrong ci ritroviamo una Capricornia (primo singolo estratto) che ne ripercorre, pressappoco, gli stessi stilemi, poco male: un’altra perla melodica ci è appena stata dolcemente regalata. Preferire un brano ad un altro pare, allora, quasi impossibile, ma una menzione particolare la meritano forse la title track (vertice dell’album) con quel suo brio strumentale e un ritornello che stenta a farsi dimenticare, Northern Lights, che omaggia la lucentezza chitarristica dei Lucksmiths, e la spensieratezza acqua e sapone di Wonderland, tutte forti di una vivacità e di una solidità di scrittura che non faticano troppo a emergere in un panorama twee quantitativamente e qualitativamente piuttosto florido.
Di una genuinità e un’autenticità disarmanti, carico di intuizioni melodiche che si assestano su un livello decisamente alto e arrangiato con gusto e semplicità, questo secondo album degli Allo Darlin’, che fa della malinconia – quella che Victor Hugo definiva: “gioia di essere tristi” – il suo asse portante, tanto nelle sonorità quanto nelle liriche, è quintessenza e squisitezza indiepop. Privarsene, soprattutto in vista della bella stagione, sarebbe un grosso errore.
Non fosse arrivata (dal Galles con “furore”) la bionda Liz Hunt a capo dei suoi The School (con cui gli Allo Darlin’ condividono un percorso musicale piuttosto simile, sebbene, nel disco in questione, manchi quell’approccio sixsties da girl group tipico dei gallesi), la lotta per la fascia di twee-girl 2012 la Morris l’avrebbe già vinta. A questo punto, nuove contendenti cercasi…
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