R Recensione

7/10

Jon Spencer Blues Explosion

Plastic Fang

Ascolto sempre con interesse i lavori della Jon Spencer Blues Explosion. Non mi sono mai ritrovato ad urlare al miracolo, ma quanto alla godibilità, non mi è mai capitato nemmeno di rimanere deluso.

Spencer è l’anima di questa e di alcune altre bands che lo hanno visto protagonista (Pussy Galore e Boss Hog). Si tratta di un ragazzotto cresciuto a pane e rock’n’roll, ma affascinato anche da certe correnti “noise” e dal blues maledetto del delta.

Gli esordi del trio (due chitarristi – Jon Spencer e Judah Bauer– ed un batterista – Russel Simins), sono rappresentati da un lavoro omonimo e da “Crypt style”, due album nei quali la band si prodiga in esercizi rumoristici che solo un inguaribile ottimista potrebbe considerare di facile fruibilità. Ma d’altronde Spencer stava proseguendo sulla via tracciata dai Pussy Galore (così come parallelamente decidevano di fare i Royal Trux di Neil Hagerty con risultati altrettanto “criptici”).

In “Extra Width”, prima opera in qualche modo “accessibile”, colpiva il modo in cui la band scardinava classiche partiture di blues per poi ricostruirle rumoristicamente seguendo da una parte gli insegnamenti del Maestro Beefheart e dall’altra i vocalizzi sconnessi e licantropeschi di Lux Interior (indiscutibilmente il modello di Spencer) e le scarne architetture dei Cramps (non a caso anche questi senza il basso). Si potrebbe dire, almeno per quel disco, che la Blues Explosion stava al blues come i Cramps stavano al rockabilly. Stesso intento scarnificatore/dissacratore, con una semplice differenza: Spencer e i suoi compari sono tecnicamente migliori. Il front man ha una buona ritmica ed usa spesso la chitarra a mo’ di basso; il suo suono è molto personale e riconoscibilissimo. Judah Bauer è un’ottimo chitarrista rock; la sua azione di “riempimento” è fondamentale, anche se si tratta spesso di fraseggi scolastici del rock (rock-blues) americano. Russel Simins è una fantasiosa macchina percussiva (considerando anche l’essenzialità – voluta – della batteria che usa) ed è andato migliorando nel tempo.

Con il passare degli anni (e dei dischi) la band ha tentato di mantenersi originale, non tanto con “Orange” (ottimo seguito ad “Extra Width”), quanto con “Acme”, lavoro che vedeva anche l’uso di campionamenti e che, secondo il sottoscritto, rappresenta un’opera minore.

Questo “Plastic Fang” (ottava prova del combo) è fondamentalmente un disco di rock’n’roll che nulla aggiunge a quanto già realizzato. Più “morbido” ed avvicinabile rispetto ad “Extra Width”, si apre con due pezzi al fulmicotone: “Sweet n sour” e “She said”. Da lì in poi la band sciorina tutto il suo repertorio fatto di shuffle, di sincopati, di rock’n’roll e di brani più avvolgenti, con un approccio che comunque rimane quello dell’energia punk. Indubbiamente la musica della Blues Explosion si è fatta più “di maniera”: praticamente assenti gli episodi di follia sonora (chitarre dal suono simile a seghe elettriche) e vocale (ululati e urla animaleschi) che contraddistinguevano i primi lavori; in alcuni momenti si rasenta il mainstream.

Per chi però apprezza il rock’n’roll nel senso forse più classico del termine, questo album è una galleria di canzoni di cui si intuisce fin dalle prime note l’evoluzione, ma che fa sempre piacere (almeno al sottoscritto) ascoltare. In ogni caso, e come naturale per una wild rock’n’roll band, il trio dà il meglio di se in concerto: vedere per credere.

V Voti

Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 3 voti.
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ThirdEye 6,5/10

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