R Recensione

7/10

The Dirtbombs

We Have You Surrounded

Che lo sfaccettato profilo musicale di Mick Collins si adattasse ben poco allo stereotipo del “garagista” con la tuta sporca d’olio di motore, gli occhiali alla “Blues Brothers” e una canestra di capelli crespi, era già sotto gli occhi di tutti.

Ora se n’è accorto perfino quella mongolfiera (nel senso: “pallone gonfiato”) di Julian Schnabel che ha inserito Chains Of Love nella colonna sonora di “Lo Scafandro e la Farfalla” e ha voluto i Dirtbombs con se a Cannes durante i giorni delle premiazioni, invitandoli pure a suonare al party di presentazione del film. Già una decina d’anni fa, peraltro, Mick aveva inciso insieme a Cat Power la versione cinematografica del poema “Auf Dem Strom” di Ludwig Rellstag (non precisamente il genere di letture che fa Iggy Pop). Vabbè, posto che per il sottoscritto ormai da tempo non esiste più musica “alta” o “bassa”, ma solo buona e cattiva musica, si faceva per dire che il nuovo We Have You Surrounded  ha l’aria di essere nato sotto l’egida di questo nuovo e diffuso sentire nei loro confronti.

Proprio quando la raccolta If You Don’t Already Have a Look sembrava aver chiuso il cerchio magico della loro carriera, data anche la frequenza con cui Mick si disfa dei propri monikers (che è più o meno la stessa con cui Paris Hilton cambia paia di mutandine, almeno, quando si ricorda di farlo…), ecco che ci troviamo invece di fronte all’ennesima conferma dell’agiatezza acquisita dal loro status.

Un ambizioso understatement, un mutua consapevolezza dei propri mezzi unita al pungolo di volersi cimentare con una scrittura più artsy, sebbene poggiante sul solito murario, monolitico alfabeto r’n’b, è la caratteristica saliente che distingue il nuovo album da quelli che l’hanno preceduto. Innanzitutto lo sforzo di organizzare le canzoni in un concept gotico/fantascientifico ispirato ai fumetti (pardon, graphic novels!) di Alan Moore (integralmente citato nel testo di Leopardman At C&A) e in secondo luogo un maggiore risalto conferito agli elementi new wave, noisy e guitar drone che, a ben guardare, allignavano già fra la terra smossa dal gruppo nel recente passato.

Così, grazie all’originalità del suo formato ritmico (e all’uso della doppia batteria), l’opener Isn’t Fun Until They See You Crying alterna uno stomp da palude cajun alla ieratica marzialità della new wave, mentre il cantato, schermato dal delay, declama oscuro e minaccioso come la voce over di un film di mostri della R.K.O. Ever Loving Man sospinta dal fuzz buzz chitarristico, dalle sensuali backin’ vocals femminili e dagli stop’n’go della batteria, è una perla soul-core; Indivisible un irresistibile disco-punk (con staccati di chitarra boogie) costruito sulla linea melodica tracciata dai controcanti doo wop; Sherlock Holmes, una cover degli Sparks che conferma il loro primato nel genere grazie ad un groove di cadenze da tamburino e parodistici falsetti soul trafitti da punture di garage-noise avariato; Wreck My Flow, uno strafottente garage tribale dalle robotiche epilessi (per batteria metronomica e droni di chitarra laser); Leopardman at C&A, uno swamp-core palesemente rifatto sul giro di In My Eyes dei Minor Threat e amplificato da smerigliature noise e delay vocali.

Finisse qui l’album sarebbe un mezzo capolavoro (non per nulla originariamente era stato concepito come EP e non è difficile intuire quali pezzi ne sarebbero rimasti esclusi) ma purtroppo non è così: Fire In The Western World (cover dei Dead Moon) ha un’andatura da chiamata alle armi e un ritornello quasi square, Pretty Princess Day pare un old school rap diluito all’interno di un garage beat da party universitario, I Hear The Sirens, uno street core Stoogesiano (con tanto di tremolo picking), e via discorrendo, They Have Us Surrounded, un mezzo gospel subissato da un fortunale sonico e Race To The Bottom, la più inutile del lotto, ben otto minuti di secanti deliri noise/dronici. Chiude l’accattivante power pop in guisa lo fi di La Fin Du Monde (cantata in francese) con i suoi dardi di fuzz a raggiera.

Sebbene circondati (dall’adulazione) i Dirtbombs non si sono ancora del tutto arresi e questa è già una buona notizia. Peccato per i riempitivi.

V Voti

Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 4 voti.
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gasmor 8/10

C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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Ivor the engine driver (ha votato 7 questo disco) alle 13:03 del 14 aprile 2008 ha scritto:

c'hai raggione

tanto che non l'ho comprato stavolta. Fosse stato un EP era meglio, la parte noise fa abbastanza cagare. Purtroppo mi tocca ammettere anche che sono meglio nelle cover che negli originali, tanto che i loro dischi migliori rimangono Ultraglide In Black e If You Don't...bravo simone as usual

simone coacci, autore, alle 12:31 del 16 aprile 2008 ha scritto:

Certo che c'ho ragiò! E cu' t'arconto, io, le cazzate? ihihihih Ricambio saluti e complimenti, ciao bello