R Recensione

7/10

Arturo Fiesta Circo

E lo chiamerai Giovanni

Il circo intestatario del disco in oggetto è in realtà la band guidata dal cantante e chitarrista Sergio Arturo Calonego, che considera il suddetto circo come la sua personale orchestra portatile. Oltre che titolare del Circo, Calonego è anche autore di testi e musiche di tutto il nuovo disco della band, che arriva a distanza di due anni dall’esordio.

Se solitamente il terzo disco è considerato il più difficile nella carriera di un’artista, l’italo belga Calonego, con un background che va dal blues alla chanson francese (La Lune cantata in francese, molto bella delicata, starebbe benissimo in un disco di Benjamin Biolay), già col secondo dimostra di non temere le sfide e di avere coraggio da vendere. Proporre infatti un concept album, cioè un disco che racconta una storia compiuta, in un epoca in cui oramai la musica la si ascolta random dal proprio i-pod, è già di per se un’operazione che merita attenzione.

Operazione ancor più coraggiosa se consideriamo il contenuto dei testi, perché nel raccontare la vita di questo circo, i richiami ai testi sacri sono molteplici, fin dal titolo stesso del disco. E così si racconta di un Gesù diverso, più umano, nelle vesti di in un pianista da circo. È Lui che si cela dietro il protagonista di Le Royal, il pianista senza piano (l’hanno messo pure in croce, senza veli e senza voce), brano acustico dal sapore swing, debitore del grande Brassens, con la fisarmonica di Armando Illario a condurre la melodia, così come l’Arcangelo Gabriele diventa L’acrobata, uno slow swing cantato con voce calda. Come ovviamente c’è Maria, dipinta nel brano La ballerina su un’aria a metà tra valzer e le feste di paese.

Ma il disco è talmente denso di citazioni e metafore che risulta davvero impegnativo decifrarle tutte. Lasciamo quindi agli ascoltatori scoprire chi si celi nei panni de Il Pagliaccio, ex ladro salvato dal circo, uno dei pochi a capire la grandezza di Royal, la cui vita è descritta in un quattro quarti veloce dove torna il tocco elegante della fisarmonica di Illario, chi sia L’idiota, il brano più rock del disco, con la chitarra elettrica in prima linea e la batteria che picchia sul tempo, o chi sia Il domatore che tradì Royal e la sua fede, e venne tradito dalla tigre, la cui vicenda è raccontata con un brano lento e jazzato condotto da un pregevole gioco tra pianoforte e chitarra.

O infine, chi sia La Regina del circo, e quale metafore sia racchiusa nell’incontro tra lei e il pianista, un brano splendido, dal testo poetico e dalla musica coinvolgente, giocata tra piano e fisarmonica. Il momento più lirico e bello della intera raccolta.

Un testo che richiede un ascolto attento (peccato manchino i testi nel libretto). Un disco davvero particolare e coraggioso, anomalo nel panorama del mercato discografico di oggi, un disco da scoprire col tempo, da ascoltare e riascoltare più volte, per riuscire ad entrare nelle tante metafore in esso contenute, nella vicenda di un piccolo circo e nelle vite dei suoi protagonisti, non troppo diverse in fondo da quelle degli uomini del mondo al di fuori del tendone.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
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Teo 7/10

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