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R Recensione

8/10

Giorgio Canali

Rossofuoco

C’è un anello mancante nella catena che lega rock e cantautorato, rabbia e riflessione, analisi sociale e amore, bestemmie e ricerca linguistica aulica.

A.D. 2002, Giorgio Canali è tutto meno che un artista esordiente, ha infatti all’attivo una dozzina di album tra lavori in studio, live, raccolte con CCCP, CSI, PGR, un album (mi)sconosciuto del 1986 con i Politrio, e l’esordio solista del 1998 “Che fine ha fatto Lazlotòz” in cui già figura, in parte e tra gli altri molti collaboratori, la formazione dei Rossofuoco. Oltre ciò è da evidenziare il lavoro di tecnico del suono con Litfiba, PFM oltre che i già citati CCCP, una colonna sonora nel 1999, ed il lavoro di produttore, tra gli altri, con i Verdena per il loro esordio. Niente male insomma, diremmo che questo basta a delineare il profilo di un artista già ampiamente maturo a cui però manca il coronamento, eccezion fatta per l’album del ’98, di una  produzione solista originale.

Dicevamo 2002, il nostro ha già ampiamente superato i 40, ma la rabbia, la voglia di fare, di mettersi in gioco è tutto meno che svanita o scemata. Mettere su un gruppo ed iniziare un percorso musicale personale… ci vuole decisamente coraggio. Ma il nostro ne ha. Da vendere per giunta.

Parlavamo di anelli mancanti, di generi ed influenze contrapposte. Nell’album in questione si apre un discorso e lo si lascia in sospeso. Analizzando le tracce possiamo trovare post-hardore, cantautorato rock, punk, alternative, singulti noise e strutture blues. Liriche apocalittiche, turpiloquio, fluide frasi zeppe di riferimenti letterari, invettive incazzatissime sparate in faccia. Tutto ed il contrario di tutto ma che non stona, forma anzi un corpo unico e compatto dove si vanno ad inserire magicamente, e senza apparente stacco stilistico, persino tre canzoni in francese (seconda lingua di Canali).

L’anello mancante non è dunque tanto questo singolo album, ma tutta la discografia di Giorgio Canali e Rossofuoco, ad oggi (2014) composta da 5 album uno più bello dell’altro. Tutti discorsi aperti, iniziati in medias res e senza un’effettiva conclusione scenica. Uno dei centri focali del rock italiano contemporaneo.

Di Rossofuoco penso sia inutile analizzare le tracce ad una ad una, basti pensare che per conoscere il Giorgio Canali autore quest’album basta e avanza. Non è l’inizio, tantomeno la fine; è uno spaccato di vita vissuta tra il sociale ed il personale, una radiografia della testa del rocker di Predappio in cui si può già intravedere tutto quello che sarà il percorso artistico che lo ha reso un mostro sacro, sorta di leggenda vivente del panorama alternativo italiano.

Tra le tonnellate di elettricità dell’inconfondibile chitarra del nostro si staglia una voce roca che canta di un’apocalisse prossima (o già avvenuta…), di paura, resistenza al mondo, di fuoco. Fuoco e sangue che collimano in quel “Rossocome”, pezzo di indicibile potenza lirica e sonora, che non può lasciare indifferenti e che live (come un po’ tutto il “canzoniere” di Giorgio Canali) sfodera una verve che i giovani rockettari si sognano.

Rossofuoco, ovvero della rabbia e dell’anima devastata. Pietra miliare del rock italiano.

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Voto degli utenti: 4,5/10 in media su 1 voto.
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ThirdEye 4,5/10

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