R Recensione

7/10

Francesco Bearzatti Tinissima 4et

This machine kills fascists

Sarà perché seguo le sue gesta musicali da tempo, o forse per un incontro ravvicinato ad Ambria Jazz per un concerto in funivia, che mi sembra di conoscere Francesco Bearzatti. Intendo il musicista, ma un po’ anche l’uomo, perlomeno nel senso che porta chi ascolta a comprendere e condividere idee e sensibilità di chi suona, al di là di strette di mano, autografi o chiacchiere di circostanza. Apprezzo il suo modo di mescolare i linguaggi musicali, valorizzando, anche oggi che è un jazzista fra i  più ricercati in diverse piazze europee, un passato di rocker  già evidente in una delle prime prove soliste come “Stolen days” con i Sax Pistols (!) e rivisitato nel recente “Monk’n roll”, in cui il gioco consiste nell’ibridare classici monkiani con hits di Ac/Dc, Queen, Led Zeppelin o Lou Reed.

Così come la sua capacità di trascinare il pubblico, trasformando concerti definiti jazz in feste che si chiudono con il pubblico regolarmente in piedi a ballare. Tutte cose che forse non gli hanno attirato le simpatie della critica di settore o il pubblico dei puristi, i quali sembrano non comprendere l’ironia insita nel far suonare il sax come una Gibson Les Paul. Bearzatti è anche uno dei pochi, in Italia, a sapere condire con il sorriso progetti musicali dalla forte impronta personale, nei quali, insieme alla musica, riversa un’importante parte del suo modo di pensare e di vivere.

Se le principali prove del suo Tinissima Quartet, creato con quell’altro geniaccio del trombettista Giovanni Falzone, erano dedicate, rispettivamente, alla fotografa e rivoluzionaria Tina Modotti ed a Malcom X, il nuovo progetto è intitolato “This machine kills fascist”, come la scritta che campeggiava sulla chitarra di Woody Guthrie. E l’intento dell’opera è proprio quello di creare una narrazione musicale della vita del grande cantautore americano di protesta, intessendo temi originali che collegano come fili le origini di Guthrie ad Oklahoma, il suo peregrinare  sui treni fino all’arrivo a New York, impastando nella polvere dei suoi percorsi temi folk intrisi di malinconia (“Okemah), scatenati rag (“Hobo rag”), le atmosfere notturne di “N.Y” o  le  scintille di colemaniane di “Witch Hunt”. Il Tinissima quartet (con Bearzatti e Falzone l’inventiva ed essenziale sezione ritmica di Danilo Gallo e Zeno De Rossi) macina compatto miglia musicali sulle orme di Woody Guthrie in un viaggio che pone il ruolo dei singoli al servizio di una vera  esperienza collettiva, trasformandosi nel corso dei minuti, fino ad assumere le sembianze di una piccola marching band nelle elegiache “When u left”, condotta dalla tromba di Falzone, ed in “One for Sacco and Vanzetti”, arricchita dai vocalizzi di Petra Magoni. Alla fine, di Woody è presente solo la famosa “This land is you land” restituita, come molto del materiale tematico, in una veste composta e rigorosa, che gradualmente si trasforma in una sorta di dixieland. Unendo, ancora una volta e nel modo che a Francesco Bearzatti sembra venire naturale, il rispetto e l’impegno al gioco ed al sorriso.

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