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R Recensione

7/10

Stephen Thelen

Fractal Guitar

La chitarra elettrica, in tante delle declinazioni possibili, domina, fin dal titolo, questo nuovo lavoro del leader della band svizzera prog-minimalista Sonar, Stephen Thelen, il quale non fa mistero dei moventi che stanno alla base dell’operazione. “Dopo avere suonato per tanti anni senza effetti, eccetto il riverbero, sentivo l’esigenza di integrare nella mia musica questa componente a livello strutturale, in particolare questo suono “frattale” , un delay ritmico con alto livello di feedback che permette di creare strutture avvolgenti applicate a tempi dispari. Nello stesso tempo desideravo coinvolgere alcuni dei tanti chitarristi dalla mentalità aperta a nuove prospettive con i quali ho collaborato negli anni, per dedicare un intero album ad uno dei più misteriosi ed intriganti strumenti, la chitarra elettrica”.

L’album è composto di cinque lunghi pezzi che potrebbero idealmente rappresentare le variazioni di  un’intera suite,  basata sull’incessante granitico bordone ritmico (il batterista dei Sonar Manuel Pasquinelli, Benno Kaiser ed Andy Pupato), che avanza immutabile ed inesorabile  a delimitare lo spazio sonoro entro il quale si iscrivono i dialoghi fra le chitarre cloud (Jon Durant), touch (Matt Tate e Markus Reuter) fractal (Thelen), atmosferiche (Barry Cleveland) e quelle eclettiche ed inclini ai climi più sperimentali di David Torn (che coi Sonar sta sviluppando una durata e proficua collaborazione) Henry Kaiser e Bill Walker. L’inizio è in clima vagamente floydiano, con i diciotto minuti di una “Breafing for a descent into hell” - bellissimo titolo – che detta le coordinate dell’intero lavoro, implementato, rispetto alle metronomiche prove dei Sonar, da una molteplicità di stimoli che spaziano dalla matrice rock a spazi ambient fino ad atmosfere psichedeliche, una sorta di patchwork composto dagli innesti delle varie voci chitarristiche, orientato a produrre nell’ascoltatore un avvolgente effetto trance. Se “Road Movie”, incatenata ad un pattern ritmico dispari, vive di alternanze fra apocalissi crimsoniane, sezioni improvvisate e spirali chitarristiche, la title track aggiunge alla ricetta richiami rock, (a me vengono in mente certi duelli chitarristici fra Tom Verlaine e Richard Wright negli storici Television). “Radiant day” implode in una coda noise otto minuti di andamento lento scandito da un cadenzato riff su cui le chitarre costruiscono frasi in sequenza, e l’episodio finale, “Urban Nightscape” che richiama in partenza le visioni stroboscopiche dei Sonar, innalza gradualmente temperatura, complessità e caos lungo coordinate prog e fusion fino ad una lunga deriva ambient conclusiva. Un lavoro che si rivela molto interessante, superata l’iniziale impressione di apparente monoliticità, soprattutto per la capacità di trasformare gli effetti applicati alla chitarra da meri colori ad elementi strutturali di composizioni articolate ed in perenne mutazione. Appunto lo scopo che Stephen Thelen si proponeva.

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