R Recensione

9/10

Yes

Close To The Edge

Essendo la quintessenza di gruppo “virtuoso”, composto di abilissimi arrangiatori ed esecutori capaci di creare partiture di intricata genie ed impeccabile riuscita, la recensione di un disco degli Yes, da parte di un loro fan e tale io sono, tende a virare sempre e comunque all’aspetto tecnico della loro musica, accusata dai detrattori di costituire mero esercizio formale, vuoto di contenuti.

Effettivamente le opere minori della loro vastissima discografia hanno questo difetto, non è certo il caso però di “Close To The Edge”, quinto album da essi prodotto e considerato loro capolavoro.

Fulcro centrale del meccanismo Yes è la collaborazione fra il cantante e compositore principale Jon Anderson ed il bassista Chris Squire.

Anderson è insolita figura di leader, assai carente in quanto a presenza scenica (sul palco se ne sta, piccoletto e all’apparenza timido, attaccato al microfono al massimo agitando un tamburello o strimpellando talvolta un’acustica) tiene però un’incredibile voce, altissima e melodiosa ma al contempo forte e salda, intonata da paura, inevitabilmente dominante sopra gli strumenti anche nelle fasi più concitate e nei pieni orchestrali più stratificati.

Il basso di Squire ha un impatto nella struttura dei brani di inusuale rilievo. Appresa in gioventù la lezione dei primi grandi bassisti melodici del rock (Paul McCartney, John Entwhistle degli Who…inquadrabili come musicisti per così dire “fuori ruolo”, con un approccio chitarristico al loro strumento nel senso di sostanzialmente melodico ed armonico più che ritmico) Squire ha sviluppato uno stile superlativo spettacolare e penetrante, messo in primissimo piano dal timbro secco e brillante del suo Rickenbacker e da un sempre generoso missaggio, sì da farne il vero motore ritmico/armonico della musica Yes.

In modo tale che il chitarrista Steve Howe, virtuosissimo autodidatta con una spaventevole preparazione e sensibilità al tocco classico ed al contrappunto, svincolato da grossi obblighi ritmici può svariare alla grande in tutta una serie di abbellimenti, bordature, armonizzazioni da manuale. Un vero professore con laurea honoris causa, con un approccio “progressivo” alla chitarra elettrica nel quale il rock è soltanto uno degli elementi e neanche il principale. Jazz, folk e classica si mescolano nei suoi interventi rendendo a sua volta peculiare e riconoscibilissima la musica sua e del gruppo.

In questo disco il tastierista è Rick Wakeman: studi classici ortodossi per lui, risultanti in una destrezza tecnica a livello di grande concertista, da subito convogliata nel più remunerativo e frizzante mondo del rock. La sua mano destra sui tasti bianchi e neri, che siano di sintetizzatori, organi o pianoforti, è di proverbiale agilità e sensibilità. Non altrettanto la sua vena compositiva, Wakeman negli Yes è solo arrangiatore e sommo esecutore, ciliegina sulla sostanziosa torta preparata dai colleghi.

Alla batteria in questo disco siede ancora Bill Bruford, al tempo elevato a sua volta al rango di fenomeno. Non lo è, ma ”Close To The Edge” è l’opera ideale per apprezzarlo nella fase migliore della sua carriera, appesantitasi nel corso degli anni con un’involuzione di stile e di scelta di suoni. Qui il giovane Bruford appare ancora essenziale e creativo in sommo grado (ti aspetti un colpo di cassa e lui invece usa il rullante, e viceversa…veramente imprevedibile il suo accompagnamento per lunghi tratti).

La suite che dà il titolo ed apre l’album si dipana per diciotto minuti in quattro diversi movimenti. Compatta e varia, brillante ed intricata, prima convulsa poi eterea infine gloriosa, è un classico del progressive di intensa musicalità, le partiture dei cinque musicisti hanno percorsi spesso asincroni per poi confluire magicamente in stacchi e cambi d’atmosfera. La scansione ritmica e quella vocale divergono spesso e volentieri, richiedendo consumata abilità a chi, come Squire e Howe, è impegnato sia strumentalmente che vocalmente (mi riferisco chiaramente alla sua esecuzione in concerto).

And You And I” è altra abbondante composizione, più lineare e definibile nelle sue parti: esordisce con un introduzione di Howe alla 12 corde acustica, sulla quale Wakeman si inventa deliziosi svolazzi di Minimoog (il glorioso, insuperato sintetizzatore monofonico solista) mentre Anderson declama asciuttamente le strofe. Tutto cambia al momento del ritornello, perché parte un’inaudita, veramente stentorea fanfara di moog + chitarra lap steel all’unisono, con tonnellate d’eco e su un tappeto fosforescente di mellotron ed organo. Una atmosfera massimamente sonora ed eroica, un vero trionfo all’estinguersi del quale riprende serafica la 12 corde stavolta più briosa per un altro giro strofe + fanfara stellare e conclusione finale oltrepassato il decimo minuto di durata. Gran pezzo, seppur magniloquente, indimenticabile.

A chiudere l’album la cavalcata di “Siberian Kathru”, inaugurata da un riff piuttosto obliquo dell’elettrica di Howe sul quale si innesta un cantato ancora più obliquo che poi si estende in una jam strumentale, con le tipiche stratificazioni ritmiche notevoli stavolta non particolarmente eclatanti.

Splendida la copertina dell’artista Roger Dean, un disegnatore molto astrale ed immaginifico: elegante ed essenziale all’esterno con il sinuoso logo Yes che qui fa la sua prima apparizione, fantasiosa all’interno con un paesaggio asteroidale ed acquatico in irrealistico equilibrio.

V Voti

Voto degli utenti: 9,2/10 in media su 58 voti.

C Commenti

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simone coacci alle 21:15 del 12 giugno 2007 ha scritto:

L'approccio tecnico-stilistico all'analisi è estremamente godibile oltre che,personalmente,molto interessante. Un disco a suo modo unico,testimone di una stagione musicale straordinariamente eclettica e contagiosa. S'è guadagnato un posto anche nella mia discografia di fresco ex profano del genere,anche se,debbo confessarlo,non sono mai riuscito ad ascoltarlo dall'inizio alla fine...

Moon (ha votato 10 questo disco) alle 15:56 del 14 giugno 2007 ha scritto:

il capolavoro degli yes

loson (ha votato 10 questo disco) alle 21:08 del 27 luglio 2007 ha scritto:

Disco epocale e recensione davvero superlativa. Complimenti Pier Paolo!

Holzwege (ha votato 7 questo disco) alle 19:10 del 17 dicembre 2007 ha scritto:

mmm

Non so...trovo Fragile + interessante, dove Squire mi sembra più lucido e Howe meno nervoso...( Bruford impeccabile come sempre )...

cthulhu (ha votato 10 questo disco) alle 14:50 del 4 settembre 2008 ha scritto:

Yes

Recensione come di consueto molto accurata! Complimenti!! Forse un po' freddi ma strepitosa la tecnica di cui erano in possesso gli Yes!!

Paranoidguitar (ha votato 10 questo disco) alle 11:34 del 21 novembre 2008 ha scritto:

E' un disco perfetto. Non calcherei molto sulla tecnica in questo caso perchè essa è messa totalmente al servizio del sentimento. Ci sono dei momenti da lacrime in questo disco, tipo quando entra l'organo nella suite che dà il titolo al disco. Non si può non amare

Totalblamblam (ha votato 1 questo disco) alle 17:51 del 17 dicembre 2008 ha scritto:

"il tastierista è Rick Wakeman: studi classici ortodossi per lui, risultanti in una destrezza tecnica a livello di grande concertista"

NO i risultati non sono stati affatto quelli

La sua mano destra non è da grande concertista classico assolutamente

basta vederlo sul pianoforte, che è cosa diversa dalle tastiere, e capire che grande concertista classico non lo sarebbe mai diventato

qui fa solo pagliacciate ma le gente grida ai miracoli

http://uk.youtube.com/watch?v=IbdVvH_0rCs&feature=related

sugli yes e il disco non mi pronuncio

fredneil alle 15:42 del 26 dicembre 2008 ha scritto:

quasi perfetto...anche troppo

Giustamente, un grande disco. Di un virtuosismo tecnico che, a tratti, ti "estrania". Se proprio si vuole "fare le pulci" all'album e agli Yes in generale,bè, la voce di Anderson, seppur bella, non ha la ricchezza cromatica, la varietà e pastosità di singers come Peter Gabriel,Gary Brooker,Peter Hammill (divino), Arthur Brown, etc.

Paranoidguitar (ha votato 10 questo disco) alle 10:14 del 29 dicembre 2008 ha scritto:

RE: quasi perfetto...anche troppo

anderson ha una voce ottima, molto sottile. Secondo me con la musica di questo disco calza a pennello. Quanto ad Hammill, ho visto i Vdgg live tre anni fa...esperienza devastante. Hammill con la voce passa da angelo a demone in pochi decimi di secondo

swansong alle 12:30 del 29 dicembre 2008 ha scritto:

RE: RE: quasi perfetto...anche troppo

Dici Hammill e mi inchino! Per me uno degli Artisti più completi e versatili della storia del rock...

fredneil alle 12:50 del 29 dicembre 2008 ha scritto:

voce e sound

In effetti,riconosco che la voce di Anderson (pur non eccezionale in sè) si amalgama perfettamente col sound di questo disco, proprio come dici, per la sua purezza sottile che "alleggerisce" e contrasta in modo efficace le fantasmagorìe tecniche del tessuto sonoro.Della serie: le grandi voci sono forse quelle più personali,con un timbro particolare,non necessariamente potenti, che si fondono con la musica e il ritmo di riferimento.Certo, Peter Hammill (l'ho visto anch'io a Roma,negli anni 70' e poi 90')è qualcosa di speciale, un pò come Tim Buckley e Demetrio Stratos.Sarebbe interessante, forse,interrogarsi sulle voci del rock, in un epoca musicalmente misera in cui si è perso il "senso" della voce

mulkrul alle 23:47 del 5 gennaio 2009 ha scritto:

Paradiso Delirante

Per chi come me ama il "Delirio Paradisiaco" degli YES consiglio di ascoltarli in generale dal vivo e in particolare le seguenti versioni di brani:

Close to the edge da An Evening of Yes Music Plus (CD2)

Yours is no disgrace da House of Yes: Live from House of Blues

Siberian khatru da Keys To Ascension - Volume 2 (Disc 1)

Awaken da House of Yes: Live from House of Blues

The revealing science of god da Keys To Ascension - Volume 2 (Disc 1)

And you and I da Keys To Ascension - Volume 2 (Disc 1).

Chi è interessato può scrivermi a mulkrul123@gmail.com

andrewdelarge (ha votato 10 questo disco) alle 17:16 del 3 aprile 2010 ha scritto:

Grandissimi li adoro!!!! Così come adoro il successivo "Tales..." da molti sottovalutato, che ne pensate??

Franco (ha votato 10 questo disco) alle 7:46 del 4 aprile 2010 ha scritto:

Splendido disco dove gli Yes raggiungono il loro apice creativo, una tecnica eccellente non fine a se stessa ma al servizio di una grandissima creatività ed emozione.

Secondo me il trittico Fragile, Close to The Edge, Tales from Topographic Oceans è il massimo risultato della loro lunghissima carriera artistica, il successivo Relayer inizia già a mostrare i primi segni di cedimento.

Totalblamblam (ha votato 1 questo disco) alle 20:16 del 5 luglio 2010 ha scritto:

RE:

franco pensa relayer era l'unico che mi piaciucchiava meno classico più jazzato

ahahhaha

scusate ma quel dialettale "tiene però una incredibile voce" mi ricorda zappa di tengo na minchia tanta

Franco (ha votato 10 questo disco) alle 7:53 del 4 aprile 2010 ha scritto:

Ovviamente anche il triplo (all'epoca) live Yessongs rientra nella loro epopea dorata...

andrewdelarge (ha votato 10 questo disco) alle 11:49 del 4 aprile 2010 ha scritto:

Franco

D'accordissimo con te franco un trittico di opere che ha del clamoroso per quanto riguarda l'ispirazione e, manco a dirlo, la strabiliante tecnica strumentale (entrambi i componenti all'epoca furono eletti dal Melody Maker come migliori musicisti nei loro strumenti). Però ritengo anche Relayer un buon disco, sebbene più spossante a livello mentale, presenta ancora gli Yes in ottima forma

bart (ha votato 8 questo disco) alle 10:49 del 12 aprile 2010 ha scritto:

Il mio album progressive preferito dopo "In the court of the crimson king" dei King Crimson. Memorabile la suite omonima, specialmente la parte finale, molto bella anche "And You And I", di un gradino sotto invece "Siberian Khatru".

g.falzetta (ha votato 7 questo disco) alle 18:54 del 5 luglio 2010 ha scritto:

sicuramente inferiore a Fragile ma comunque grande album.

REBBY (ha votato 10 questo disco) alle 16:36 del 9 luglio 2010 ha scritto:

Fragile e Close to the edge sono dello stesso anno

e me li fece conoscere Sandro , assieme al fresco

di stampa Tales from topographic oceans, quando

diventammo amici. Lui li adorava e mi registrò

ovviamente tutte le cassette. Io ebbi subito una

netta preferenza per Close to the edge, anche se

in vinile poi acquistai Yessongs (che comunque

conteneva l'intero album, pur senza Brudford) che

tuttora possiedo e che mi capita ancora di ascoltare (in particolare l'intero primo disco,

dalla seconda traccia, e la prima facciata del

terzo). Dal vivo la loro abilità e competenza

tecnica appare ancora più evidente (non c'erano

allora tante possibilità di utilizzare "trucchi")

e il sound generale risulta meno "freddo"rispetto

gli album in studio. E' vero però che in qualche

brano Wakeman cominciava già a dimostrare un eccessivo egocentrismo (che palle ad esempio le

sei mogli di Enrico ottavo). Io tra gli album di

studio voto per Close to the edge, non ho dubbi in proposito. Poi Fragile d'accordo e per me può

essere anche finita così, nel senso che questi

sono i loro album fondamentali. Poi è chiaro se

uno è un fan od un collezionista il discorso cambia.

egon72 (ha votato 10 questo disco) alle 13:44 del 20 agosto 2010 ha scritto:

yes

il più bello degli yes,puro freddo progressive,"And you and i" da brividi.

glenn dah alle 17:02 del primo luglio 2011 ha scritto:

non sono d'accordo con il cenno su bruford...con i KC il suo spettro timbrico si è ampliato notevolmente. e anche lo stile si è fatto più asciutto -per fortuna dico io, qui come i talenti giovani suona sempre, tutto, esagerando-

PierPaolo, autore, alle 19:23 del 8 luglio 2011 ha scritto:

Bruford

Certo che il suo spettro timbrico si è ampliato coi KC... con gli Yes andava con un, tom un timpano e due piatti, con Fripp ha presto aggiunto altri cinque tamburi e piatti e cinquemila altre percussioni. Con quali orecchie puoi ricevere la sensazione di maggiore asciuttezza è un mistero. Forse di secchezza, nel senso che il suono si fa più aspro 8e brutto, secondo me). Non discuto i gusti, può benissimo piacerti maggiormente il Bruford dei KC, ma forse è il contesto che ti influenza (gli sbrodoloni ed estetizzanti Yes stanno sul cazzo a molti, alla lunga). Ripassati l'accompagnamento sotto le strofe di "And You And I". Tre colpi di cassa, poi due e chiusura di triangolo. Più asciutto di così.

glenn dah alle 19:41 del 8 luglio 2011 ha scritto:

sarebbe invece da chiedersi come fai tu a considerare "quel" Bruford asciutto. ma forse abbiamo una concezione dell'aggettivo differente basterebbe la sola title track a chiarire il dubbio (non la finisce proprio più di suonare, benchè sia un gran suonare, si intende) . i contesti non c'entrano -anche perchè volendo i crimson sarebbero strutturalmente più complessi degli yes, eppure là B. riesce -quasi- sempre a non ripetere l'errore di non cadere in overdrumming. saludos

PierPaolo, autore, alle 9:15 del 9 luglio 2011 ha scritto:

Prevenzioni

Infatti nei cinque minuti di "I Get Up I Get Down non tocca la batteria... e cosa pretendi che faccia all'inizio, dovendo descrivere il caos insieme ai quattro compagni, e nel finale trionfale? Sui gusti musicali massima democrazia, accetto serenamente l'adorazione per i King Crimson e in particolare per Fripp da parte della maggioranza degli appassionati di progressive come me (vederlo suonare mi dà personalmente l'idea dell'assurdo. Belew giganteggia al confronto: caldo, swingante, eclettico, sciolto, creativo... quell'altro sta sul suo scranno come una sfinge ad eruttare suoni stridenti e gelidi, con una tecnica e una precisione sovrumani, ma tutt'altro che entusiasmanti, il rock è altra cosa, o almeno quello per cui io identifico il buon rock). Sopporto molto meno invece chi parla a vanvera di strumenti, stili esecutivi e suoni col piglio di chi non ha mai tenuto uno strumento in mano. Lì ci sono fatti e considerazioni assolute: il giovane Bruford era un batterista jazz essenziale, creativo, preciso e asciutto. Forse ti confondi con Keith Moon, o con Mike Giles (due suoi grandi colleghi di quegli anni, loro sì trafficati e iper-interventisti).

ozzy(d) alle 9:35 del 9 luglio 2011 ha scritto:

bene così, le polemiche tra cariatidi prog stavano passando di moda ghghgh

glenn dah alle 9:42 del 9 luglio 2011 ha scritto:

la faccenda del discutere/criticare solo se si "suona lo strumento" è un argomento vetusto e sterile, anche perchè ti si potrebbe chiedere carta d'identità musicale per capire il pulpito da cui viene l'anatema...detto questo, capisco che nominare i KC ti faccia venire l'orticaria, ma si parlava di Bruford, e il mio giudizio non cambia, perlomeno sul suo operato in questo disco.

PierPaolo, autore, alle 11:16 del 10 luglio 2011 ha scritto:

Nessuna orticaria coi KC

Ho recensito il loro capolavoro ITCOCK e l'ho personalmente valutato il massimo possibile. Ho le mie idee sui KC, che contemplano tre grandissimi album (il primo, il secondo e il settimo). Riguardo la classica accusa di sterilità, scontatezza, snobismo, superiorità e magari ipocrisia (traduzioni varie dell'allegoria "pulpito") non ci contare. Nella vita, quando si hanno dei paletti di certezza (anche piccoli, come può essere una semplice convinzione musicale) è bello affermarli con la forza della convinzione, scambiata poi per arroganza. Il giudizio su "Close to the Edge" può tranquillamente andare da quello del più bel disco di tutti i tempi a quello opposto di colossale ciofeca estetizzante e vuota, e mi sta benissimo. Bruford vi suona pulito ed essenziale, nel suo stile giovanile poi incancrenitosi via via in una concezione più solistica, aspra, dinamica (aneddoto: fu scartato da Collins come suo sostituto dopo la prima tournée coi Genesis perchè poco dotato di swing e di potenza, poco "appoggiato" come stile, in favore del molto più anonimo, ma duttile ed "americano", nel senso di "groove" naturale delle braccia e nei piedi, Chester Thompson). Non è pulpito Glenn, è serena convinzione. Se ribatti dicendo solo che non ti ho convinto, dimostri di non avere molti argomenti se non le tue sensazioni, ma qui si sta parlando di tecnica, di modo di suonare non di gusti personali. I gusti sono sacri, l'effetto che fa un disco, una musica sul proprio cervello sono da rispettare assolutamente. Altra cosa discernere di tecnica: se uno salta a dire che John Bonham non era un batterista potente, che i Beatles non erano melodici o che Jimi Hendrix non era fluido e un tutt'uno con la chitarra, a me viene da dire che siano solenni cagate. Amen.

glenn dah alle 15:22 del 10 luglio 2011 ha scritto:

sempre disposto a discutere con chicchessia (anche con chi crede di avere a che fare con "gente che parla a vanvera", una frase che mi fa girare i coglioni alla velocita di una rullata di bruford), ma la sensazione è che ti abbia toccato il mostro sacro, e francamente i tuoi toni non mi piacciono.

ciò detto, ci riprovo per l'ultima volta: un batterista ASCIUTTO è equivalente di essenzialità, timing e senso musicale, per quello che mi riguarda. un batterista ASCIUTTO è Charlie Watts, o Steve Jansen, o il tizio dei National - oppure John Weathers per rimanere nell'ambito che mi sembra sia per te il più interessante-. Una concezione del tempo intesa come puro scandire metronomico, poche concessioni a colori, sincopi (sebbene il succitato Jansen ne facesse marchio di fabbrica, ma lì la frattura era intesa come corpus del suono japaniano,perfettamente funzionale al tutto), virtuosismi, sovraesposizione. Tutto ciò non raffigura esattamente lo stile di bruford. Semplicemente il suo stile e la sua attitudine, lo porta ad essere un batterista dominante, e la cosa si sente. Visto che ti piace citare aneddoti, saprai bene che l'ambiente Genesis non fu soprattutto convinto della sua "invadenza" musicale (cosa tra l'altro perfettamente udibile nella Supper's Ready di Seconds Out, dove Bruford giganteggia letteralmente). E questa sua tendenza a strasuonare l'ha livellata solo in parte sotto Fripp, per ovvii motivi gerarchici _anche qui: sul tubo illuminanti dichiarazioni di bruford sul passaggio yes-crimson, te le puoi cercare_ Hai capito perchè non mi hai convinto? Non basta dire che un batterista ha uno stile asciutto perchè fa solo due colpi di cassa qua o là, se poi questi due colpi di cassa sono sempre all'interno di un pattern che in qualche modo non fa altro che auto-esaltare la capacità tecnica di un batterista. La strofa di CttE è esemplare: Bruford continua a cambiare il suo accompagnamento in termini di metrica e di distribuzione colpi sul drumset. Forse quello che vuoi dire è che all'interno di ogni battuta i colpi non sono mille (anche se non è sempre così), ma il punto è la valutazione complessiva del suo lavoro, non di una battuta. buon ascolto

PierPaolo, autore, alle 0:45 del 21 luglio 2011 ha scritto:

In effetti non parli sempre a vanvera ma insomma...

...tipo quando la meni coi giganteggiamenti di Bruford in Supper's Ready (qualcuno deve aprirti gli occhi, anzi le orecchie, ebbene lo faccio io: è Chester Thompson a suonarvi, doppiato da Collins in tutte le fasi strumentali, ettecredo che senti la ritmica giganteggiare, sono in due! "Perfettamente udibile" 'sta minchia, il tuo Bruford quindi, e non dirmi che volevi riferirti a The Cinema Show... anche lì doppio batterista stavolta Bruford+Collins ed inevitabile strasuonamento). Ok, per "asciuttezza" tu vuoi intendere il suonare lo strumento in maniera essenziale e lineare, e ci può stare... hai ragione nel dire del Bruford sborone già sin dagli anni con gli Yes. Come hai intuito, io introducevo e perseguivo invece maggiormente il concetto dello strasuonare, del voler suonare "troppo" (mettere la cassa dove di solito sta il rullante e viceversa non è strasuonare, può essere eccentrico, sborone, snob ma a mio parere resta "asciutto"). Ribadisco che con i KC Bruford ha raddoppiato il Kit, ha inasprito i suoni, ha perso il suo swing jazz in favore di un approccio molto dinamico e aspro, smettendo di piacermi (fuori discussione il suo timing impeccabile e la sua grande tecnica, certo).

dalvans (ha votato 10 questo disco) alle 15:02 del 23 settembre 2011 ha scritto:

Straordinario

Il secondo capolavoro degli Yes

Alfredo Cota (ha votato 10 questo disco) alle 16:54 del 22 ottobre 2011 ha scritto:

Apice assoluto del prog "tonale"

Alfredo Cota (ha votato 10 questo disco) alle 21:26 del 22 ottobre 2011 ha scritto:

intendo non atonale come quello degli Henry Cow ecc. che utilizza le legami di tonalità convenzionali insomma

Utente non più registrato alle 10:38 del 5 febbraio 2012 ha scritto:

Insieme ai Gentle Giant, erano forse il gruppo più dotato tecnicamente. Ma a parte che non ho mai sopportato la voce di Anderson, non ho mai neanche intravisto nei loro lavori (almeno 3 da avere), un affresco ben preciso, come invece si può ascoltare con i Genesis, i VdGG, ecc. Da segnalare che S. Howe faceva parte di uno dei migliori gruppi psichedelici inglesi: i Tomorrow

alekk (ha votato 8 questo disco) alle 12:43 del 5 novembre 2012 ha scritto:

anche io la penso esattamente come. Soprattutto su Anderson. Se uno sente Gabriel che canta "why don't you touch me touch me..Now now now" in The musical box con passione e incisività e poi sente Anderson si evidenzia una chiara differenza....

classicsor (ha votato 9 questo disco) alle 22:54 del 26 ottobre 2013 ha scritto:

la voce di anderson sembra lontanamente quella di Jeddy Lee dei mitici Rush!

alekk (ha votato 8 questo disco) alle 12:31 del 5 novembre 2012 ha scritto:

signor disco. Close to edge è per me con Supper's Ready uno dei massimi vertici del prog. detto questo nonostante la loro grande abilità tecnica non riescono a trasmettermi il sentimento di altri grandi grandi gruppi progressive coevi. Come giustamente segnalato da altri commenti Anderson paga parecchio da grandi come Hammil e Gabriel. Infatti ritengo di Vdgg e Genesis superiori agli Yes

alekk (ha votato 8 questo disco) alle 12:29 del 20 febbraio 2013 ha scritto:

nessuno discute però la loro abilità tecnica. su quel punto di vista sono insuperabili. squire,howe,wakeman e bruford sono spaventosi.

FrancescoB (ha votato 8,5 questo disco) alle 10:11 del 18 maggio 2013 ha scritto:

Yes semplicemente alieni in questo lavoro. Recensione molto, molto interessante.

jekspacey (ha votato 10 questo disco) alle 11:48 del 9 giugno 2013 ha scritto:

Ascoltare questo album è come immergersi nella natura ed ascoltarne i dolci suoni ! Uno dei miei album prog preferiti di sempre, è difficile trovare di meglio !

classicsor (ha votato 9 questo disco) alle 22:50 del 26 ottobre 2013 ha scritto:

il brano close to the edge, soprattutto i primi 3-4 minuti scoppiano di psichedelia estrema da cui avranno poi preso spunto molti artisti, cambia molto: tranquillo-potente-irresistibile!

And you and I è uana ballata folk che sfocia di punto in bianco in un potente giro di basso sostenuto da Squire, per ritornare poi alla ballata con meravigliosi cori e grandi tastiere. Siberian Kathru:epica...!

Nulla di dire, solo da ascoltare ;=)

Paolo Nuzzi (ha votato 9 questo disco) alle 12:55 del 26 giugno 2015 ha scritto:

Insieme a Fragile, il mio preferito degli Yes, una cosa assurda: tecnica, pathos, inventiva, tutto in un solo disco. Un capolavoro. La voce di Anderson ed il Basso di Squire mi fanno sbarellare. Siberian Kathru è davvero qualcosa di inconcepibile! Complimenti per la recensione!

saurafumi (ha votato 10 questo disco) alle 9:56 del 29 settembre 2015 ha scritto:

Capolavoro assoluto.

Utente non più registrat (ha votato 8,5 questo disco) alle 13:47 del 22 febbraio 2018 ha scritto:

Qui gli Yes si sono superati. Da buon "scaruffiano" ritengo effettivamente Third dei Soft Machine l'album prog migliore in assoluto (sempre se lo si voglia definire "prog"), ma questo è il più perfetto.

Giuseppe Ienopoli alle 18:59 del 23 febbraio 2018 ha scritto:

Uno "scaruffiano" autentico in carne e ossa ... che fortuna!

Penso di interpretare il desiderio di moltissimi utenti di SdM, compresi quelli non più registrati, chiedendoti una piccola intervista ... le domande sono quelle classiche per i personaggi fuori dall'ordinario ...

- di che cosa si nutre uno scaruffiano, cosa ascolta più frequentemente, cosa legge oltre al database ...

- la donna ideale dello scaruffiano, i riti di corteggiamento, la stagione degli accoppiamenti ... è fedele alla compagna?

- le professioni e i mestieri preferiti dallo scaruffiano, i passatempi, le vacanze, gli sport ...

- ... ma soprattutto conosce a menadito tutta la discografia di Pere Ubu ... ??!!

fabfabfab alle 9:48 del 24 febbraio 2018 ha scritto:

Hai dimenticato: "Qual è la differenza - vista da uno scaruffiano - tra "Revolver" dei Beatles e "Aquarium" degli Aqua?"

Utente non più registrat (ha votato 8,5 questo disco) alle 16:49 del 27 febbraio 2018 ha scritto:

Haha non temete, non sono il suo clone, solo condivido alcune sue opinioni, alcune delle quali bocciate dai più come stronzate. Ad esempio, sono davvero convinto che Surrealistic Pillow sperimenti nuove strade alla forma canzone se non Sgt Peppers che si limita ad un poderoso lavoro di raffinamento degli arrangiamenti.. non scandalizzatevi, ma ascoltando Pillow è poi Sgt Peppers qual'è il lavoro più bello e valido e perché? E perché Rolling Stone lo considera il miglior album della Storia del Rock se appunto credo che ha bei arrangiamenti non molto altro?

Utente non più registrat (ha votato 8,5 questo disco) alle 16:51 del 27 febbraio 2018 ha scritto:

e comunque anch'io non credo che Aquarium meriti un 7, lo stesso voto di Atom Heart Mother.. ARGH!

FrancescoB (ha votato 8,5 questo disco) alle 10:05 del 24 febbraio 2018 ha scritto:

Battute a parte, io posso condividere l'approccio dello zio Scaru (in alcune cose anche io mi rivedo, e trovo le schede sul Capitano, Buckley, Drake, Husker Du etc.. meravigliose; lo dico a bassa voce ghghghg), ma delegare a lui la scelta del preferito o "migliore" o che dir si voglia mi sembra un po' folle, si parla di musica e mica di matematica, qualcuno dovrebbe spiegarlo all'esimio docente-tuttologo importato dalla California