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R Recensione

7/10

Mumpbeak

Mumpbeak

L’orsacchiotto in fiamme è una immagine adeguata per una musica inquieta e sottilmente inquietante come quella di Mumpbeak, ennesima creatura partorita in casa RareNoise, una di quelle operazioni che l’etichetta inglese ha la capacità di assemblare, mettendo in rete musicisti ed esperienze spesso eterogenei. Qui siamo di fronte ad un vero supergruppo tutto all’insegna di bassisti che appartengono al gotha dello strumento, da Bill Laswell a Shanir Ezra Blumenkranz, da Tony Levin, da sempre al fianco di Peter Gabriel, all’italiano Lorenzo Feliciati che non sfigura affatto accanto a cotante “bassità”. Ad assicurare una pulsazione ritmica come si conviene, Pat Mastellotto, di recente rientrato a corte dei King Crimson, che qui afferma di avere modellato il proprio drumming sugli esempi di Tony Williams e Art Blakey.

Il paradosso è che l’ideatore del progetto non è uno dei protagonisti delle quattro corde, bensì il tastierista britannico Roy Powell, un passato nel jazz ed oggi membro di Naked Lunch ed Interstatic, che, per l’occasione, ha inventato una combinazione di pedali applicati ad un Honher Clavinet con effetti timbrici inediti, che non fanno rimpiangere l’assenza di chitarre nei sette pezzi del cd. 

I nomi dei protagonisti lo fanno supporre, siamo dalle parti di un prog in sapiente bilico fra struttura ed improvvisazione, con alcuni episodi che possono richiamare autorevoli esempi del genere (Crimson e Porcupine Tree ad esempio in “Forelock” ed “Oak”) ed altri che sembrano il frutto di una creatività lasciata correre libera e sfrenata (l’epilogo del cd più sperimentale con “Chain” e “Piehole”). L’attitudine è però quella eversiva rispetto ai confini di genere, che si ritrova in molti prodotti RareNoise: le composizioni sono complesse e stratificate, ma non magniloquenti e pompose, e, se vogliamo affidarci ad una interpretazione autentica di uno dei creatori, Laswell, la parola magica è “elasticità”.

All’inizio ed al centro, le cose migliori, con l’avvio muscolare di “Biscuit”, sostenuto da Mastellotto e Laswell, e la bella prova del basso fretless di Feliciati (che deve amare molto Mick Karn) in “Nork”, speziata di elettronica e avviluppata nelle spire delle tastiere di Powell.

Il rischio in progetti di questo tipo, assemblati come session estemporanee fra musicisti impegnati in mille diverse imprese, è che si conceda più spazio all’istinto del momento che a costruire una precisa identità musicale cui dare un seguito. Il rischio è talvolta in agguato anche in “Mumpbeak”, ma l’intento sopra descritto si può percepire agevolmente. Ecco a voi il prog messo a dieta e reso più elastico.      

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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Utente non più registrato alle 22:38 del 4 dicembre 2013 ha scritto:

Effettivamente esiste il "rischio" di una sorta di jam, del gusto di suonare insieme, ma senza una preciso progetto che sostenga la proposta che comunque mi è sembrata molto interessante.

Mastellotto ha studiato Tony Williams (chissà se l'ha sentito suonare a 19 anni nel capolavoro "Out to lunch") e Art Blakey? Ha fatto bene...

Marco_Biasio (ha votato 6 questo disco) alle 23:44 del 5 dicembre 2013 ha scritto:

Qualcosa qui dentro mi piace parecchio, sia chiaro (specialmente Biscuit e il predominio di Laswell in Piehole) ed è bizzarro il tessuto sonoro creato dall'Hohner Clavinet del factotum Powell - è verissimo che non si rimpiange praticamente mai la chitarra. L'ammucchiata di personalità, però, non va mai oltre quello che è: un'ammucchiata di personalità. Alcune soluzioni ritmiche e melodiche poi sono abbastanza passatiste: per metà scaletta sento continuamente gli ultimi King Crimson, ultimi anni '90 e The Power To Believe, per capirci. L'anello di congiunzione tra il passato di questi musicisti e questo progetto è Berserk!, già edito su Rare Noise quest'anno, ed ensemble ben più interessante di questo.