Madonna
Confessions On A Dance Floor
Chi non conosce Madonna? La cantante che ha venduto più di tutte le altre protagoniste femminili della musica? Quella che diceva "se Springsteen è nato per correre, io sono nata per far sesso" e dava scandalo con i suoi atteggiamenti provocanti e trasgressivi (nel video di Like A Prayer baciava un Cristo nero...ma gli esempi sarebbero decine) al punto di diventare un'icona gay? L'avevamo lasciata agli inizi del XXI secolo in piena crisi d'identita musicale che si prodigava diva dance-country-pop-elettronica-acustica con due album, "Music" e "American Life", che anche se registrarono come al solito vendite stellari, subirono brutte critiche e sinceramente le meritavano, un pò pasticciati e tirati via come erano. Con "Confessions On A Dancefloor" la stessa mammasantissima del pop al femminile ha dichiarato di "voler trasformare il mondo in una pista da ballo"; ambizione superiore alle possibilità, non c'è dubbio, ma veritiera nell'affermazione del ritorno a sonorità più marcatamente "dance".
Il singolo apripista, che si è dilagato come una malattia tra radio e stazioni musicali televisive, è rimasto sulle vette delle classifiche per lungo tempo, spinto senza dubbio da quest'opera di massiccia esposizione: si parla di Hung Up. Costruita su un evidente campionamento di Gimme! Gimme! Gimme! (A Man After Midnight) degli ABBA, la canzone viene piazzata subito come apertura del disco introdotta da un ticchettio d'orologio (che ricompare poi nella digressione centrale e nella conclusione); è pero un brano ben costruito con saliscendi alternati e una linea di basso esaltante, e Madonna sfodera una voce tutt'altro che monocorde e trascina nel ritornello. Insomma, a metà canzone ci si trova tutti a muovere i piedi, e se il buongiorno si vede dal mattino, possiamo attenderci un disco corrispondente alle aspettative.
Tralasciando la banalità della scaletta che scopre subito le carte (le prime tre canzoni sono anche i primi tre singoli), il seguito esalta molto meno: Get Together ripete ancora il giochetto di "rise and fall" della base musicale, che però va bene per un brano, non per due. Insomma, una canzone che poteva pure durare la metà. Sorry è stato un altro singolo spaccaradio, anche se a forza di essere ripetuto in streaming ha finito per spaccare ben altre cose (opinione personale...) e anche questo non si discosta molto dalla opening track; cambia il ritmo, stavolta giocato su una battuta pulsante e anche su voci dilatate, ma non le sonorità, ancora sostenute dalla linea del basso mentre i toni più alti sono quasi mascherati, così che proprio la base diventa la traccia principale. Il titolo vuol dire "spiacente" e in effetti Madonna chiede scusa in una decina di lingue, tra cui figurano (a parte l'inglese) anche francese, spagnolo, portoghese, l'italiano d'origine e addirittura il giapponese; curiosità che non basta però a risollevare la canzone.
Con Future Lovers arriva una svolta: Madonna si ricorda che si può fare musica dance anche senza l'opprimente bisogno di far ballare sempre e a tutti i costi, e si abbandona in parte alla filosofia del "famolo strano". La decisione gioca a suo favore: su aperture fragili e una base continua ma sottilmente inframmezzata sussurra maliarda "forget your life, forget your problems...come with me" e solo dopo si scopre che il tutto è unicamente un'introduzione a una progressione ritmata dai beat che sembrano tamburi militari e ancora la cantante che ora mormora, ora gorgheggia, ora accompagna nel ritornello fino alla fine della canzone. I Love New York è un'altra ventata d'aria fresca, dove l'ormai 50enne Veronica Ciccone declama il suo amore per la città americana; stavolta si fa sostenere da una poderosa ossatura electro e anche da una chitarra elettrica (!!!) che apre ai ritornelli con una discesa monolitica e sostiene anche le strofe con accordi quasi rock, con la voce modificata in mille effetti.
Si prosegue con un'immersione di archi possenti tra cui si intrufola di nuovo la voce di Madonna, sfumata sull'apertura della base elettronica, più quieta e discreta che negli episodi precedenti. Si destruttura maggiormente in seguito lasciando sorgere anche qualche scampolo di chitarra acustica e un'onda di cori elettrificati, struttura che si ripete alla conclusione di questa Let It Will Be. Senza pause si passa al tessuto di oblique melodie sintetiche che ricamerebbero bene lo sfondo di un tramonto orientale, che sfumano lentamente mentre una voce ben sfigurata elettronicamente ripete il titolo (Forbidden Love) e fa da controcanto alla strofa di Madonna; man mano che procede la struttura si arrichisce poi di piccole entrate di percussioni e graffietti assonanti, con le voci che perdono sempre più i connotati umani e suonano come robotiche. Se fino a I Love New York il disco era stato una forte ventata di Scirocco, questo dittico è una cullante brezza di mare, che rinfresca e fa sospirare piano.
Jump, il quarto singolo estratto dall'album, si può tralasciare senza remore, visto che è la traduzione in chiave Madonna della parola "banalità". Vale invece la pena fermarsi un pò su How High, con l'introduzione che conferma la passione per le voci deviate dall'elettronica e la ritmica che si insinua lenta e costante facendosi cupa con l'entrata in scena delle tastiere e rialzandosi nel ritornello. La base segue lo stesso schema: discreta nello sviluppo, pomposa nel ritornello.
Arrivata a questo punto, Madonna deve essersi chiesta: perchè non tentare di unire sperimentazione e religione (non è una novità che segua la Kabbalah), senza però rinunciare troppo alla costante dance? La risposta a questa domanda è Isaac, una canzone alquanto strana se si pensa che a realizzarla è stata la "Signora del pop". E' infatti una canzone oscura e densa, già dalle iniziali invocazioni in ebraico di un sacerdote (di nome Isaac, appunto) e dalla traccia minimale del beat che prosegue con l'aggiunta della chittara acustica, che ripete accordi a ritmo. Il testo non è da meno: "Destination darkness, angels call your name..." . Niente male, addirittura l'invocazione del sacerdote viene elevata a ritornello tra i gorgheggi della cantante, e si riprende maggiormente quando la base cala di struttura; nel finale poi, l'invocazione termina in inglese e cala un grande punto interrogativo: o questa canzone è un azzardo di Madonna che per una volta ha voluto provare a fare qualcosa di nuovo, o è solo una grossa minestra condita da temi religiosi che chiamare "sperimentazione" è un'offesa al termine. A ognuno la sua scelta.
Push riprende la strada "dance oriented" con una ritmica insinuante trascinata in progressione per tutto il brano e dei frammenti di percussioni punteggiati da qualche effetto sonoro che non guasta mai; le percussioni si fanno sentire maggiormente nel corso del brano e questo lo aiuta a stare a galla. Ma nel finale torna la tentazione dei cori elettronici e Madonna cede anche stavolta. Si arriva quindi alla fine con un paio di idee azzeccate e un bagaglio di dubbi, ma per fortuna la conclusione di Like It Or Not è davvero bella e variegata. Dipinta a tinte fosche da una fragile chitarra acustica e da un serpente snodato di bassi, Madonna mette in mostra anche un bel testo, cosa sinceramente inaspettata. La chitarra continua a dipingere belle trame di sottofondo, si aggiungono archi alla base "clap" (ricorda infatti un battito di mani) e il serpente si avvicina lento al microfono; il crescere degli archi lo ferma solo per un momento, poi continua ad avanzare e quando finalmente morde tutta la struttura elettronica muore all'istante e le note della chitarra dichiarano la fine.
Per le finalità che aveva (vendere e far ballare), "Confessions On A Dancefloor" è sicuramente riuscito; pur facendo appoggio su strutture che rimbalzano e si ripetono da una canzone all'altra, riesce a tratti anche a coinvolgere ed è un bel ritorno per Ester (come si fa chiamare ora Madonna in relazione alle sue credenze religiose) alle sonorità delle origini di carriera. Evitando l'inclusione di molte canzoni "usa-e-getta", affiora anche una certa oscurità di fondo che non riece a colpire nel profondo ma affascina. Il riscontro positivo anche da parte della critica (quest'album ha infatti ricevuto le migliori recensioni dalla pubblicazione di "Ray Of Light") ha indotto poi Madonna ha plastificare senza timore anche questa strada, portando all'ultimo lavoro "Hard Candy", al cui riguardo il mio consiglio è di starne fortemente alla larga.
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