R Recensione

9/10

Einsturzende Neubauten

Silence Is Sexy

Anno 2000: sono in pochi quelli che ancora puntano su questi cinque tedeschi emersi nei primi anni '80 dagli squat berlinesi all'ombra del muro. I detrattori iniziavano ad essere sempre più accaniti contro la band, motivati però da almeno due buone ragioni: da una parte la franatura di inzio millennio del movimento industrial, con i pionieri del genere che proponevano schemi stereotipati o, come gli Pshychic Tv di Genesis P-Orridge, si erano diretti su sonorità più marcatamente dance; dall'altra, il fatto che i tre album precedenti di Blixa Bargeld e soci non avevano mai pienamente convinto; non brutti lavori, ma fondamentalmente incapaci di reinventarsi. Insomma, il gruppo sembrava diretto verso una mediocre "terza età musicale" posta in medium extremis: nessuna delusione, nessun capolavoro.

E invece, in barba a tutti, eccoli qui gli Einsturzende Neubauten del ventunesimo secolo: geniali, innovativi a tinte fosche. Chi si approccia a questo disco immaginando di trovarci gli incubi dissonanti di Kollaps o Halber Mensch, si prepari a cambiare avviso: da Haus Der Luge del 1989 in poi, il sound primigenio della band ha iniziato a stemperarsi e sfumarsi in tinte più morbide, più accessibili rispetto alle cupe notti degli esordi. Ma del resto non sarebbe nemmeno ragionevole pretendere che gli Einsturzende, 20 anni dopo, suonino ancora come le macchine di una fabbrica in disuso: troppi cambiamenti sono avvenuti in quel lasso di tempo, e si parla di un gruppo troppo inquieto per rimanere incollato sempre a uno stesso genere. Già il titolo dell'album, Silence Is Sexy, è il manifesto programmatico di una band che, oltre i fragori industrial e i rumorismi, ha trovato una nuova cifra nelle atmosfere avvolgenti della dark ambient. Però, mai hanno smesso di tenere fede al loro nome (che tradotto in italiano significa "nuovi edifici in decadenza") e anche in questo disco la sensazione che fa da sfondo a tutto il resto è quella di trovarsi al calar del sole in una metropoli moderna, completamente desolata, con l'unica compagnia di un vento gelido che spazza il paesaggio solitario.

Date queste premesse, l'inizio è una meravigliosa Sabrina dominata dai suoni di basso (che segna il vero tema musicale della canzone)  e tom, con gli archi che si ritagliano spazi sublimi e mai troppo invadenti. Blixa Bargeld, carismatico frontman della band, che per anni ha dimostrato di essere un eccellente urlatore, si cala in una parte nuova: un narratore che sussurra raccontando storie lontane. Il brano è da ascoltare a occhi chiusi: allora parrà di essere in un mondo ovattato con strani angeli che cantano cori in inglese.

La title-track che segue è impostata sulla stessa falsariga, ma è una canzone lacerata, tranquilla eppure a suo modo traumatica. Tutto è a basso volume, sia la voce di Blixa che il basso ancora in primo piano, e avanza lentamente, in una maniera indolente; ma ci sono pause a tratti, dove tutto si ferma e l'unica musica è costituita da fruscii di fogli di giornale, accendersi di fiammiferi e gocce d'acqua che cadono; del resto lo dice già il titolo, ancora una volta: il silenzio è sexy. Alla fine di ogni intermezzo, la canzone riprende arricchendosi sempre più nella strumentazione, fino a terminare con delle ossessioni percussive e una folla di persone che ripete più volte il titolo battendo le mani. Il pezzo esalta l'inventiva dei tedeschi, ma alla lunga può ispirare, più che fascinazione, la fastidiosa sensazione di cazzeggio musicale. Ciascuno si faccia il suo giudizio.

Personalmente, una caratteristica che amo in un gruppo è il saper spaziare tra comparti di generi e musiche differenti, dote -ahimè!- sempre più rara ma preziosa, perchè porta a dischi da cui non si sa mai cosa aspettarsi. Il rischio che il motore giri a vuoto a volte c'è, ma qui non sussiste affatto: Silence Is Sexy è tutto tranne che banale e sorprende in molti punti, dalle circonvoluzioni rumoristiche di In Circles al tecno-swing di Newtons Gravitatlichkeit, dallo spoken-word siderale di Beauty al simil-tango industriale di Musentango. In mezzo non c'è alcun pezzo che possa definirsi debole, benchè Heaven Is Of Honey, che ripropone uno schema molto simile all'iniziale Sabrina, non riesca a colpire.

Per il resto, una magnifica combinazione di rabbia e magnificenza, a dosi alterne: Redukt è un viaggio di 10 minuti su una strada pulita di percussioni minimali, che però curva improvvisamente in sbotti di rabbia meccanica introdotti dalle declamazioni inconfondibili di Blixa; Sonnenbarke è invece completamente circondata da un'oscurità densa e costituisce uno degli episodi più esplicitamente "ambient" del disco. Se Brian Eno diceva che la musica ambient deve saper trasportare l'ascoltatore in un altro luogo o in un altro tempo (e il buon Brian ne sa qualcosa di questo tipo di musica) allora la canzone funziona alla perfezione nel suo intrinseco variare di continue ombre: e pare davvero che si sia spenta ogni luce.

Ma riguardo alle sonorità industriali, i nostri preferiscono interpretarle in questa nuova chiave piuttosto che abbandonarle. L'esempio più riuscito lo troviamo senza dubbio in Zampano: è pura carta vetrata, divisa tra una trascinante linea di basso e percussioni e imperiosi innalzamenti di tono, lacerati da una sirena portuale e battiti aggressivi che si insinuano anche nei momenti di riassestamento, così da conferire al brano una struttura in continua tensione. Di alto livello anche gli altri tentativi di questo tipo: Die Befindlichkeit Des Landes è più sofisticata ma non per questo meno dura, insomma la perfetta colonna sonora di un film dark noir, Alles introdotta da un ottimo crescendo che sfocia nella minacciosa parte cantata e Dingsaller un'ossessiva danza tribale colma di cori poco rassicuranti.

A chiudere il tutto, un'ottima Total Eclipse Of The Sun che si muove sulle orchestrazioni di floydiana memoria e sigilla l'album con un azzeccatissimo "All I see is a total eclipse of the sun". Riesce a raggiungere gli stessi livelli espressivi della traccia iniziale, forse anche a sublimarli; bella conclusione di un disco altrettanto bello.

Silence Is Sexy ha almeno due assi nella manica: il primo, da sempre marchio di fabbrica degli Einsturzende Neubauten, è la versatile voce di Blixa Bargeld, che con lucidità costante si muove tra sussurri, invocazioni, nenie, urla, sospiri e gemiti, roba da far invidia al miglior David Yow. L'altro è la grande mobilità della musica, che in tutto l'album porta a variazioni strumentali anche minime ma sempre percettibili, e di conseguenza ogni brano nasce dall'unione di almeno tre nuclei diversi, e tutto si stampa nell'immagine di una continua innovazione. Affascinante.

P.S.- In realtà il disco sarebbe doppio, ma il secondo cd, Pelikanol, contiene solo l'omonima canzone, un lungo mantra industriale di 18 minuti realizzato con il solo uso di voci, bidoni vuoti e pezzi di vetro. Il risultato è qualcosa di inquietante, un brano cattivissimo nonostante il titolo sia la marca di una colla scolastica: come sentire una messa pagana in una discarica. Consigliato agli amanti del versante "duro e puro" della musica e a chiunque voglia provare qualcosa di veramente diverso: per questi, sicuramente la canzone varrà più di un disco vero e proprio.

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Voto degli utenti: 7,8/10 in media su 3 voti.
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C Commenti

Ci sono 4 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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bargeld (ha votato 8 questo disco) alle 13:33 del 3 marzo 2009 ha scritto:

La title-track, oltre che dai rumorismi da te citati, è scandita da quella sigaretta che brucia il primo tiro, per la quale molti amici, leggendomi entusiasmo in volto, mi hanno tacciato di follia... io sono molto di parte, adoro questa band per l'attitudine unica al mondo, a prescindere dall'industrial o dall'evoluzione ambient. bellissima recensione, io non riuscirei a simulare distacco e a scrivere di loro. per il voto già faccio fatica. grazie!

Roberto_Perissinotto, autore, alle 15:13 del 3 marzo 2009 ha scritto:

Grazie per la precisazione! anche io ho una passione per questo gruppo e ti assicuro che scrivere una recensione oggettiva mi è costata non poca fatica...

Roberto_Perissinotto, autore, alle 15:22 del 3 marzo 2009 ha scritto:

In più daniele...ammirati complimenti per la recensione di Dirt degli Alice In Chains, coinvolgente e precisa, e rende giustizia al capolavoro della band...

Mr. Wave (ha votato 7 questo disco) alle 18:35 del 4 marzo 2009 ha scritto:

a mio parere, il rating dato al disco in questione, è troppo 'inflazionato'. Preciso comunque, che si tratta di un album più che discreto, sublimato grazie alla bellissima title-track, che palesa la nuova corrente intrapresa dal lotto, non più imperniato di rumorismo, ma al contrario, dalla silenziosità. Concludo dicendo che, considero nettamente superiori ''Zeichnungen Das Patienten OT'', ''Halber Mensch'' e ''Haus Der Luge'', ma nonostante questo, la recensione mi è parsa esauriente e minuziosa, quanto basta. Bravo Roberto, ottima scelta