Bruce Springsteen
High Hopes
Secondo me poi il discorso è pure un altro. A 65 anni, in Italia almeno, e prima della commovente riforma Fornero, si era destinati a pascolare ingobbiti, vestaglia e scarpe da ginnastica, nei giardinetti del quartiere trainati da cani spelacchiati e obesi, allapparenza moribondi, a spingere dentro con la punta dellombrello i culi delle bottiglie che minacciano la ricaduta allindietro dai fori gommati della differenziata, a scrivere bigliettini minatori da appendere nelle bacheche dei condomini per gli indecenti schiamazzi notturni, a fare comodamente la spesa alla ricerca del pepe rosa dellHimalaya nel supermercato sotto casa, solo per non sentire gli starnazzi della mogliettina che deve riprodurre i piatti della Antonella Clerici di turno. Se invece a 65 anni carrivi e ti chiami Bruce Springsteen, secondo me, di tutto questo non ne vuoi sapere proprio niente. E allora giù fiumi di tinture per capelli, bicipiti in perenne allenamento, sudore a catinelle, giubottini e pantaloni di jeans e folle da osannare e dalle quali farsi osannare, comunque. Direte che anche questo è un lavoro e serve a fare soldi, sempre di più. Ed è pure così. In gran parte.
Wikipedia mi dice che siamo al diciottesimo album in studio, molti dei quali veri e propri gioielli di eterno valore (per il sottoscritto, su tutti, Born to run, The River e Nebraska) apprezzati, da sempre venduti in massicce copie, da molti venerati, nel vero senso della parola (i fan di Springsteen sono notoriamente tra i più pericolosi in circolazione, ragion per cui qui oggi sarò comunque molto cauto e diplomatico).
Al posto del maresciallo dei vigili urbani in pensione il Boss sceglie Tom Morello come compagno di viaggio, colui che molto personalmente colloco tra Jimi Hendrix e Angus Young nella lista dei 3 chitarristi più pazzi e innovativi di sempre, nonché (nota di colore) mio affezionato avatar qui su Storia. High Hopes viene annunciato come un album atipico, composto in prevalenza di cover riviste di vecchi brani del passato, propri e di altri, b-sides, pubblicati in sordina o tenuti finora nel cassetto.
I presupposti per una ribollita speziata di musica ci sono quindi tutti e l'ascolto della title track, High Hopes, originarimante inclusa nellep Blood Brothers del 1995 lasciava amaramente presagire un punto di non riascolto. La sensazione e' che il boss abbia esaurito la trentennale scorta formato famiglia di testosterone e si sia lasciato trasportare da un improvviso ed imprevisto impeto da festeggiamenti sudamericani dove Zucchero in versione international incontra Ricky Martin, con la chitarra felina di Morello a fare sporadiche e troppo deboli apparizioni. Fortunatamente questa vena di godimento di massa viene replicata solo in un altro momento (Heavens Wall), dove se non altro, verso la fine, alla chitarra di Morello è lasciato un momento per sfogare il suo dna. Ci sono poi momenti (wannabe-) epici di roots folk stile Dropckick Murphys (gruppo amato da Springsteen, che ospitarono pure il boss nel loro penultimo disco) e tante cover di altri (Just Like Fire Would dei The Saints e Dream Baby Dream dei Suicide) e di se stesso (The Ghost of Tom Joad, rivista in chiave chita(ma)rrona).
Ciononostante ci sono pure pezzi che vale veramente la pena di ascoltare e che da un punto di vista strettamente emotivo collocherei nel periodo, passatemi il termine, emotional soundtrack, dei suoi anni 90, come la bellissima American Skin (41shouts), scritta originariamente nel 2000 per la morte di Amadou Diallo, il giovane africano ucciso con 41 colpi di pistola dalla polizia di New York, e che potrebbe fare concorrenza alla indimenticabile Streets of Philadelphia. Assieme a lei ancora The Wall, tra i pochi inediti sebbene anchessa scritta più di quindici anni fa.
Bruce Springsteen alla fine, a 65 anni, dei giardinetti non ne vuole proprio sapere, ma con questo High Hopes una bella ospitata da Fabio Fazio, con standing ovation e lacrimoni, secondo me, non gliela toglierà nessuno. Che per come la vedo io, è un po come andare ai giardinetti.
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