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R Recensione

8/10

The Antlers

Familiars

È un’afosa notte di inizio giugno, quando ascolto uno scorcio di Familiars. È giugno, ma è anche agosto: il caldo bestiale, l’assenza di brezza, o le cicale del crepuscolo bolognese, già riportano la mente alle mie colline assolate. Ho in mano Pratolini: “Un giorno saremo ancora tutti assieme, seppure coi corpi consumati da contatti estranei”, scrive a pagina cinquantasei. Come a dire che siamo e saremo familiari, dunque. E per sempre, nonostante tutto, nell’amore.

L’amico Mauro mi parla di Familiars, mentre nelle cuffie scorre Palace, prologo allettante. Mi parla di dilatazione, di ampi spazi, di onirico, di ottoni, di melodie pescate in un etere sognante, non più stretto e claustrofobico (quello di una stanzetta di Brooklyn): il folk intimista lascia il posto a notevoli estensioni, a code dense, ai tremiti della voce appassionata, alla pulizia del suono.

Doppelganger, o “doppio viandante”, è una seconda traccia in questo senso emblematica: un lento soffuso, ballata jazz-blues che parla di “paranoia”, perennemente carezzata dalla tromba, sontuosa. Quando il falsetto, arma mirabile, diventa quasi femmineo, Silberman ricorda Patrick Watson, e il finale manda in visibilio con il piano che sembra improvvisare (jazz, appunto) e la chitarra ariosa.

Finora tanta roba. Scricchiolerà, prima o poi e da qualche parte, questo terzo LP targato The Antlers… Vengo smentito da Hotel, superba nella struttura (con organo, basso virtuoso, carinissimo assolo di chitarra finale), e da Intruders, solare e frizzante negli accordi stoppati, con Silberman, versatile al canto, quasi disperato a ripetere “And why’d I need to?”. Non finisce qui. Parte Director, con una melodia semplice, quasi banale. Ma non può essere banale, mi dico. Sto vibrando da venti minuti, ormai. Sulle parole “Til you overthrow who you’ve been”, così estese, ho un sussulto addirittura: parte la chitarra raffinata, poi le tastiere immettono in un mondo altro, diverso, migliore. Pare che l’emozione stia scemando, come scema il brano. E invece ricado ancora nell’incanto: Silberman esprime toccante “So you forgot your way? Well I’m trying to remind you”. Le chitarre si ingigantiscono, quasi non ne posso più. Vorrei spegnere, quanto meno regolare i brividi. Centellinarli.

Ecco che su Director, dunque, si è raggiunto l’orgasmo, musicalmente parlando. Ciò che verrà dopo sarà normale deliquio, in una seconda parte più pallida e meno commovente. Ma, sia chiaro, sempre piacevole deliquio è: la tromba di Darby Cicci, anche in Revisited, accompagnata dalle svasature di chitarra, non è un mero riempitivo (si respira il Bon Iver dell’album omonimo), ma è parte sostanziale della struttura intera dei brani: neanche “canzoni” in senso stretto, lineari e circolari, ma fluidi lunghi e ininterrotti, che sbiadiscono e si colorano.

Questo deliquio finale potrà sembrare anche monotono, poiché The Antlers non cambiano il registro: ancora ballatone, calore di voce e arrangiamenti, rullante stanco (la stessa Revisited, il finale Refuge), con qualche vezzo di chitarra (le salite e discese cromatiche di Surrender, o la spinta quasi reggae di Parade): ma questa specie di ripetizione, o sarebbe meglio dire di "propria rilettura", rimane sempre seducente, come un corpo al quale starebbe bene ogni abito.

Silberman cerca le rime, le assonanze, la quadratura del verso, dilata e restringe la parola affinché aderisca come seconda pelle alle sue splendide melodie (dove-le-peschi-Peter-le-melodie? Nell’etere sognante, certo, diceva Mauro). Nel lirismo profondo e talvolta malinconico, oltre che esteticamente perfetto e naturale, sta l’altro pregio indiscutibile di Familiars. Disco pertanto ispiratissimo e, come dire, notturno.

Mi desto che è giugno, e anche agosto. E attendo il buio per un nuovo, meraviglioso deliquio.

V Voti

Voto degli utenti: 7,8/10 in media su 16 voti.
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target 7,5/10
JetBlack 7,5/10
Santi 9/10
Cas 6,5/10
antobomba 8,5/10
REBBY 10/10
zebra 6,5/10

C Commenti

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gull alle 19:20 del 12 giugno 2014 ha scritto:

Lo sto ascoltando proprio in questi giorni, con la netta sensazione di avere tra le mani un gran bel lavoro. "Doppelganger" al momento la mia preferita (pezzone notevolissimo).

Jacopo Santoro, autore, alle 0:22 del 13 giugno 2014 ha scritto:

Ascolta, e ascolta ancora, caro gull.

Familiars si scopre migliore di volta in volta, e Doppelganger, così sognante e "jazzy", è tra le vette di un disco veramente empatico.

hiperwlt (ha votato 8 questo disco) alle 11:59 del 13 giugno 2014 ha scritto:

Da quella condizione di claustrofobico dolore degli inizi, gli Antlers negli anni hanno saputo definirsi e raffinarsi sempre di più, perché no normalizzarsi (senza perdere in profondità), pur non rinunciando ai "soliti" ampi spazi. Non un passo falso, se tiriamo le fila del loro percorso; Silberman sempre commovente, ma forse qui più lucido. Secondo me "Familiars" è superiore a "Burst Apart" (ma non così compatto: probabilmente BA continuerà ad essere il disco degli Antlers che gira di più sul mio stereo), prende il meglio dall'estetica di "Undersea" (nell'onirico, sempre: ma dai fondali all'etere) pur mantenendo intatta la cifra stilistica degli esordi (specie "Hospice"). Metafisica emotiva, direi: dritta al cuore; tra i dischi dell'anno. Jacopo estremamente lirico, ma perfettamente lucido: splendido scritto - e grazie per aver citato le nostre conversazioni notturne

Jacopo Santoro, autore, alle 16:04 del 13 giugno 2014 ha scritto:

Mauro mio mentore.

REBBY (ha votato 10 questo disco) alle 12:26 del 19 settembre 2014 ha scritto:

Sottoscrivo parola per parola quel che dice hiper Mauro

realflamengo (ha votato 9 questo disco) alle 12:11 del 15 giugno 2014 ha scritto:

ottimo lavoro, raffinato, malinconico, da due mesi sonorizza le mie giornate. cala un poco negli ultimi brani, ma il voto è assolutamente meritato. oltre bon iver, bestemmio se dico anche mercury rev?

Utente non più registrato alle 20:35 del 17 giugno 2014 ha scritto:

Bel dischetto

Jacopo Santoro, autore, alle 16:55 del 18 giugno 2014 ha scritto:

Potrebbe sembrare molto azzardato, ma dopo un ascolto davvero profondo e penetrante si può notare che il canto di Silberman sia affine - più di quanto si pensi - a quello di Nina Simone, che del resto egli stesso annovera tra le sue maggiori (e recenti) influenze: il timbro, l'estensione, la modulazione, le parole "strascinate", il falsetto, i tempi di intervento (soprattutto in "Doppelganger", "Hotel", "Intruders", "Revisited", "Surrender").

Tutto torna se pensiamo, poi, che Familiars sia un disco molto 'jazz', o dal jazz comunque parte, per poi assumere forme e connotati disparati (anche in questa sapiente e riuscita mescolanza sta la sua grandezza). Non dimentichiamo che tutti e tre i componenti degli Antlers nascono e crescono nel jazz stesso, suonato da loro per anni a New York.

Utente non più registrato alle 20:26 del 18 giugno 2014 ha scritto:

E si sente...

target (ha votato 7,5 questo disco) alle 12:55 del 24 giugno 2014 ha scritto:

Bel disco, bella recensione, che bene lo spiega. Lo scorso "Burst apart" l'ho ascoltato davvero poco. Qua si ritorna ad alti livelli. Loro restano una band anomala, che continua a suonare assieme intima e vasta, capace di espandersi dalla cameretta agli spazi dilatati di certo post rock. Evitabile il calo finale, ma quanto viene prima redime.

Jacopo Santoro, autore, alle 13:35 del 15 luglio 2014 ha scritto:

Religioso silenzio.

realflamengo (ha votato 9 questo disco) alle 21:03 del 15 luglio 2014 ha scritto:

forse il voto è troppo alto, ma questo lavoro mi sta prendendo troppo. accidenti a quella tromba killer, era da qualche annetto che non faceva così male (brilliant trees).

Franz Bungaro (ha votato 7 questo disco) alle 14:41 del 30 settembre 2014 ha scritto:

Lo sto ascoltando da tempo, in modo sporadico, spinto dall'entusiasmo di Jacopo (ottima recensione): un buon disco, delicato, raffinato e ispirato anche se 9 tracce praticamente tutte dello stesso "umore" e arrangiate praticamente tutte alla stessa maniera, alla fine pesano un pò sul giudizio finale. Nell'ordine...Talk Talk, Typhoon (la "verve", le trombe), Dirty Projectors (la voce)..."Hotel" e "Palace" tra i pezzi più belli dell'anno. Qualche variazione significativa in più, qualche scossetta (magari elettronica), qualche colpo da maestro, qualche momento di chitarra in primo piano, [ecc.] avrebbe sicuramente giovato all'economia del disco. Hospice, per quanto mi riguarda, sta 1 punto e mezzo sopra.

FrancescoB (ha votato 6,5 questo disco) alle 11:16 del 2 gennaio 2015 ha scritto:

Il lavoro è raffinato, ben progettato, coeso. Forse troppo: a mio avviso non sempre bilancia con un'adeguata qualità compositiva ed espressiva la ricchezza corposa e magniloquente degli arrangiamenti. Probabilmente però è un limite tutto mio: fatte salve poche eccezioni, trovo quasi sempre valido, ma quasi mai brillante e toccante, il pop contemporaneo. Sì, anche quello più elaborato, sinuoso e impreziosito da sfumature dreamy e barocche: sarò controcorrente, ma per me questa è aurea mediocritas.

Cas (ha votato 6,5 questo disco) alle 11:09 del 4 gennaio 2015 ha scritto:

pur non condividendo le tue considerazioni circa il pop contemporaneo (che apprezzo e che continua ad emozionarmi), trovo che siano perfette per il disco in questione: un altro lavoro ben rifinito, ben strutturato e arrangiato, che però, a mio parere, manca di brillantezza in sede di scrittura. un difetto che trovo in quasi tutti i lavori a firma The Antlers, fatta eccezione per Undersea Ep, che forse godeva proprio del comfort degli spazi più ridotti...