V Video

R Recensione

7/10

The Antlers

Undersea EP

Il percorso artistico degli Antlers è fatto rilevante, quanto recente, già analizzato a dovere da parte nostra.

Ora, basti ricordare che il movimento stilistico di Silberman e compagni si è mostrato, nel tempo, in continua evoluzione: prendendo piede dalle solitudini chamber (ambient) pop di “In the Attic of the Universe”, intingendosi poi di disperazione concettuale nell’acclamato “Hospice”; normalizzandosi, infine, via un songwriting traboccante di atmosfere dream pop, in “Burst Apart”.

Ben più consapevoli dei mezzi a disposizione, e lasciata per strada ogni impurità lo fi e dissonante (marchio che contraddistingueva soprattutto i primi capitoli), così come buona parte del loro tratto epico, i newyorkesi hanno portato avanti un discorso (avviato a partire dalla precedente release: “Hounds” e “Tiptoe” chiariranno)  di ripulitura del sound e di esplorazione finalmente propositiva (entro strutture d’incantevole equilibrio), il quale trova, in questo EP, pieno compimento.

Gli stessi hanno parlato delle atmosfere di “Undersea” nei termini di uno sprofondare sereno sul fondo del mare: e “Drift Dive” rende al meglio l’immagine. Ritmica sincopata lanciata sul vuoto di tenui increspature ambientali, un giro di chitarra puro e visibile; e poi il crescendo degli ottoni, folate di residui d’oblio a raggiungere gli abissi dall’eco distante. Colpisce il minutaggio di “Endless Ladder”, così come il suo avanzare da soundtrack, cristallino e in slow motion, in omeostasi tra tessiture ambientali rifratte e distacco contemplativo del cantato ( <<If I seem much different, more removed; if I seem distracted, it's not from you; if I'm really here now in a place and time, does someone look just like me on the other side?>>). Accenni trip hop in “Crest”, che è soul arenato in un onirico dream pop dal flusso noir e, insieme, terso; in “Zelda” (l’episodio, esteticamente, più vicino a “Burst Apart”) viene confermato il ruolo centrale degli ottoni lungo tutto il lavoro, funzionali nel mantenere coesi i brani, e nell'imprimerne, di netto, gli umori.

La strada intrapresa dagli Antlers, pochi dubbi, sarà modello da emulare per altre band del sostrato indie americano, le quali paiono fin qui aver mirato con decisione verso l’estetica  proposta dai newyorkesi. E, in modo particolare, per quei Port St. Willow (concittadini, manco a dirlo; coi i "nostri" in molte date estive) già degni epigoni - come testimonia, in modo lampante, il loro debutto, "Holiday".

“Undersea” aggiunge un nuovo tassello nella transizione stilistica degli Antlers ("It's really closing the door on a lot of dark shit from the past”, dirà Silberman), la quale troverà, ce lo auguriamo, naturale maturazione nel prossimo full length, già annunciato per il 2013.

V Voti

Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 5 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
target 6,5/10
salvatore 7,5/10
Cas 7/10

C Commenti

Ci sono 4 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

target (ha votato 6,5 questo disco) alle 11:37 del 8 agosto 2012 ha scritto:

Alla fine è sempre lo stesso il rischio in cui incorrono gli Antlers: la maniera (nella sua declinazione post rock: la lungaggine). Anche in queste vesti vagamente jazzy e come narcotizzate. Sicché: due pezzi che funzionano alla grande (1 e 3) e due che farebbero pure scattare qualche molla se non fossero inutilmente strascicati (2 e 4). Detto che, beh, rispetto a "Burst Apart" a me non sembra una cosa così diversa, questo Ep, anzi. Chiude quel capitolo con la gradevolezza di un paio di buone "out-takes". Bravo Mauro!

hiperwlt, autore, alle 12:23 del 8 agosto 2012 ha scritto:

non so Fra, io percepisco netta una purificazione, una serenità (o, almeno, una volontà di mettere da parte certi temi ed essere più propositivi; come lo stesso silberman, più o meno, afferma) che prima mancava. in "burst apart" (a parte alcuni episodi che si legano bene, in continuum con questo ep: quelli che cito nella rece, ad esempio) le scorie claustrofobiche e gli umori cupi di "hospice", pur non essendo mai espliciti, quanto meno spingevano ancora bene sottopelle (si parlava, appunto, di transizione); cosa che in "undersea" sento in maniera decisamente minore, a livello estetico.

ps: thanks!

salvatore (ha votato 7,5 questo disco) alle 11:06 del 26 agosto 2012 ha scritto:

"Drift Drive" è una delle canzoni più belle ascoltate quest'anno e non ci piove: ogni volta sono brividi!

"Crest" sembrano i portishead dell'album omonimo che suonano dal fondo degli abissi. Applausi!

"Zelda" è siderale più che acquatica e gli ottoni sono superbi!

"Endless Ladder" non è male e si fa portatrice di atmosfere ricercate, ma effettivamente è davvero "endless" e appesantisce l'ep, soprattutto posta com'è, seconda in scaletta.

Tutto è rallentato, struggente, languido, sensuale e di grande classe. Percepisco anche io una sorta di purificazione/riappacificazione e la cosa mi aggrada notevolmente: ad oggi, è la pubblicazione che preferisco degli Antlers. A questo punto, visti i presupposti, non vedo l'ora di ascoltare il prossimo album...

Bravo Mauro! Per la recensione puntualissima e per non aver tralasciato un'uscita minore (e mi riferisco solo al minutaggio)!

Ben ritrovati! Però, uffa, l'estate è finita...

Cas (ha votato 7 questo disco) alle 21:35 del 8 maggio 2013 ha scritto:

cresciutissimo nel tempo: Drift Drive, bellissima, ma specialmente la splendida Endless Ladder, qualcosa di magico. il modo in cui cresce piano, la capacità di creare questo climax diffuso struggente e travolgente, mantenendo comunque una consistenza eterea... un vero colpo da maestro.