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R Recensione

6/10

Public Service Broadcasting

Inform - Educate - Entertain

Lo ricordo benissimo quel momento. Ero (stranamente) seduto nel vagone della metropolitana che da poco aveva lasciato la stazione di Garbatella in direzione Termini. Ero profondamente intento nello stabilire se quell'olezzo di ascella da gibbone al bioparco provenisse dalla cicciona tedesca insaccata nei suoi tiratissimi bermuda o dalla suora filippina dallo sguardo pietrificato sul cartellone delle fermate quando ecco che, “ma certo, cavolo”, dopo un mese di ascolti, piu' o meno intensi, di quest'album, realizzo che “e' un album musicale”, senza cantante/cantato originale. Di loro non sapevo nulla, dell'album pure. Me l'avevano consigliato, semplicemente.

 Poco dopo cerco il loro sito e leggo che:

 Public Service Broadcasting is the corduroy-clad brainchild of London-based J. Willgoose, Esq. who, along with his drumming companion, Wrigglesworth, will be touring the length and breadth of the UK in 2013 on a quest to Inform - Educate and, most importantly – Entertain

Succede così che se nessuno ti avverte prima, un po’ come è successo a me, si corre il rischio di farsi trascinare da questa curiosa ricetta sonora fino al punto di arrivare con abbondante ritardo a coglierne le reali coordinate. Public Service Broadcasting e' l' elettropop applicato alla metafisica dell'informazione di servizio di regime. Un duo composto da J. Willgoose, Esq e Wrigglesworth che fa della buona musica miscelando furbescamente elettronica dozzinale a strumenti classici, perlopiù di matrice rock (ma c’è anche del folk, sebbene limitato ad estemporanee apparizioni di banjo), sposa la fisica alla metafisica del suono, appiccicandoci di volta in volta sopra dei sample di voci originali del passato prese da campagne pubblicitarie, informazioni di servizio, documentari, realizzati a loro tempo per, neanche a dirlo, informare, educare e divertire

La musica e' quasi sempre efficace per quanto in varie vicende tocchi vette di suoni faciloni e forse anche volgari, come dire, tamarri. L'elettronica smodata delle nuove generazioni di producer smanettoni abbinata a chitarroni incandescenti e potenti linee di basso dal sapore dark  che non credo mi rapirà (or)mai più (The Now Generation, Spitfire, Signal 30).  In altri momenti invece c’è una maggiore intensità e ricerca di suoni più levigati e meno strabordanti (Night Mail ad esempio, quello che ritengo essere il pezzo più valido, Lit Up, Late Night Final o la stessa title track, a dire il vero intensamente Chemical Brothers). Ci sono poi pure momenti puramente in stile soundtrack (Qomolangma) e altri dal forte e ricercato gusto elettro- retrò (Everest).

Alla fine però quello che dovrebbe risultare un’esperimento originale e accattivante risulta spesso stucchevole e ripetitivo, una ricetta che ribadisce per tutto il disco gli stessi ingredienti che sono si buoni di per se (quanto sono affascinanti le voci filtrate dai megafoni nei documentari storici? quanto ci si diverte ad ascoltare i !!!?) ma ripetuti all’inverosimile senza variazioni significative e senza strabilianti momenti sopra la media, portano a ridimensionare l’iniziale giudizio, che pure era, in verità, da parte mia molto entusiasta.

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