R Recensione

8/10

Dalek

Gutter Tactics

“È puramente hip-hop nel senso più puro del termine. (…) Se Afrika Bambaataa non fosse stato influenzato dai Kraftwerk, oggi non avremmo Planet Rock. Così, in un certo senso, quello che facciamo è strettamente hip-hop. (…) Se esiste una differenza, sta nel fatto che la tavolozza di suoni su cui lavoriamo è più varia rispetto a ciò che negli ultimi dieci anni è stato definito hip-hop.”

Così Mc Dalek ha cercato, invano, di sciogliere il nodo gordiano legato allo stile del gruppo. Uno stile fatto di “stereotipi atipici” (o di tipi da stereo un po’ atipici), potremmo dire, citando il pezzo di chiusura del nuovo album, che è stato negli anni oggetto di accostamenti e definizioni tanto fantasiose quanto insoddisfacenti (si va dalle mezze crasi tipo glitch-hop ad arzigogolati convogli di etichette come metal-shoegaze-hip-hop).

Tutti ad affannarsi a cercare qualcosa di strano e d’insano laddove, di fatto, non c’è mai stato. Fra gli esponenti rap d’avanguardia emersi a cavallo dei millenni i Dalek sono quelli che hanno conservato nel modo più indelebile le stimmate riconducibili alle radici della musica nera. Sia a livello formale, nello scandaglio ostinato e intermittente di cassa e rullante in 4/4 o nelle soluzioni offerte di volta in volta dai tradizionali turntables, che concettuale, nel progressivo riemergere dalla bruma di campionamenti dronici, industriali, noise ed elettro-psichedelici, di istanze e proclami che rimandano alla schiatta più politicizzata dei Grandmaster Flash, dei Public Enemy e dei Krs One.

I Dalek (Mc Dalek e il dj Oktopus) sono argonauti della discontinuità ambientale che non hanno mai perso di vista il continente della forma canzone e di album in album la loro rotta lambisce sempre più la terra ferma senza però mai toccarla. Una musica ipnotica come una spirale freudiana, aggressiva come una cellula delle Pantere rimasta isolata per trent’anni nel suo bunker metropolitano a covare armi di liberazione di massa, raffinata come una galleria di Post-Graffiti.

E le canzoni-morlock di Gutter Tactics, quando risalgono i condotti del vostro stereo, non fanno prigionieri.

Lo si capisce già dall’agit-prop dell’intro Blessed Are They Who Bash Your Children Rock Against A Rock, sentite qua: “what Malcolm X said when he was silenced by Elijah Mohammad was in fact true, he said Americas chickens, are coming home to roost/ We took this country by terror away from the Sioux, the Apache, Arikara, the Comanche, the Arapaho, the Navajo. Terrorism/ We took Africans away from their country to build our way of ease and kept them enslaved and living in fear. Terrorism/ We bombed Grenada and killed innocent civilians, babies, non-military personnel/We bombed the black civilian community of Panama with stealth bombers and killed unarmed teenage and toddlers, pregnant mothers and hard working fathers/ We bombed Gheddafi’s home, and killed his child. Blessed are they who bash your children’s head against the rock”.

Armed With Krylon, marziale e industriale, suona come una sirena d’allarme pre-bombing, un attacco chimico di spray nero con cui sfregiare le certezze dei quartieri alti; Who Medgar Evers Was… scolpisce l’effigie di un attivista dell’ NAACP, ammazzato come un cane dal Ku-Klux-Klan poche ore dopo che John Kennedy aveva finito di pronunciare il suo discorso sull’integrazione razziale, in una lenta colata solforosa di otto minuti e passa, una tempesta psico-materica composta di rumorismo shoegaze e anthem martellanti senza soluzione di continuità; Street Diction è l’hardcore-rap come potrebbero suonarlo i Velvet Underground di “All Tomorrow’s Parties”, neo-gotico e sinistro come un palazzaccio del Bronx in una notte senza luna, scortato da glitch cacciabombardieri volanti non identificati, brine di piano e violini assiderati, della serie: passa la tua zona e diventerai un bersaglio; Los Macheteros/ Spear Of A Nation tuona un comizio industriale e terzomondista; We Lost Sight si rifugia in una psichedelica dolce e krauta, melodica e dissonante, è la “25ma Ora” dell’America: “Fanculo al mondo? No fanculo a te” - direbbe Edward Norton - “potevi avere tutto e l’hai gettato al vento”; Gutter Tactics comincia con una sorta di ouverture e poi spiana un crossover tra i fuzz della chitarra elettrica, i noise elettronici, i blast beat e i singhiozzi dello scratch; 2012 (The Pillage) è science fiction dark e distopica; Atypical Stereotype uno shoegaze che incede con la corazza e il passo fragoroso d’un rinoceronte.

Chi semina vento, raccoglierà tempesta: questo è il solo hip-hop che ci si può aspettare da gente come loro.

V Voti

Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 16 voti.

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Dr.Paul (ha votato 7 questo disco) alle 14:05 del 9 febbraio 2009 ha scritto:

carino!

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 14:49 del 9 febbraio 2009 ha scritto:

io direi un po' più di carino dai dr. paul sforzati un filino

molto buono

l'ho sentito dal loro sito su myspace e devo dire

i due hanno delle basi noise/kraut solide e si sente

forse quello che manca alla lunga è un po' di variazione in più nei singoli brani ma il sound è davvero molto bello teso vibrante pieno di gravitas

questi lavori bisogna testarli alla distanza che sull'immediato funzionano molto bene

vedremo...

Dr.Paul (ha votato 7 questo disco) alle 14:57 del 9 febbraio 2009 ha scritto:

sisi, vabbe tu sei piu cool di me, diccciamocccelo!

Totalblamblam (ha votato 8 questo disco) alle 16:00 del 9 febbraio 2009 ha scritto:

ma no anzi tu ascolti più roba nuova di me! ma se per questo lavoro dici solo "carino" il resto in giro è tutta mannozza eh

carino mi pare che sminuisca molto questo lavoro che credo meriti di più

carino lo dicevamo anche per i dischi dei duran duran dai è proprio brutto come aggettivo

simone coacci, autore, alle 16:10 del 9 febbraio 2009 ha scritto:

Bravi Paul e Stoky. Temevo non se lo filasse niuno: invece è un disco che merita.

fabfabfab (ha votato 8 questo disco) alle 13:47 del 12 febbraio 2009 ha scritto:

Scuro, denso e intensissimo. Insieme a quello pubblicato dalla (defunta?) Anticon Records, il miglior hip hop che io abbia mai ascoltato.

otherdaysothereyes (ha votato 7 questo disco) alle 22:42 del 12 febbraio 2009 ha scritto:

Questo disco è per molti versi notevole e mi piacciono molto le basi sonore di drone-noise, usate peraltro con molta intelligenza, ma l' hip hop non mi va proprio giù: più di 6,5 non posso mettere, abbiate pazienza...

Mr. Wave (ha votato 7 questo disco) alle 18:12 del 11 marzo 2009 ha scritto:

Uno stile peculiare, tipico, e personalissimo di fondere hip hop e generi diametralmente distanti (noise corrosivo, laceranti passaggi shoegaze e sferragliate industrial) in un'amalgama stilistica più unica che rara. L'ultima opera, è l'ennesima prova convincente, di questo validissimo duo. E’ per questo che la strettissima e soffocante etichetta; “hip hop” finisce per lasciare il tempo che trova. Ottima rece- Simone. Album più che convincente [voto: 7.5]