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R Recensione

6/10

Sun Araw

Ancient Romans

Sempre più liquefatto, Cameron Stallones torna con una lezioncina sugli antichi romani stordente assai, non troppo distante dagli sbrodolamenti tropicali di “On Patrol” (2010), ma con qualche succosa novità e qualche noiosa digressione.

La base, soprattutto nel primo dei due Lp di “Ancient Romans”, è la solita psichedelia dub protratta in jam limacciose mediamente eterne (si arriva ai 15 minuti) ma sempre incantatrici. Sun Araw classical style per davvero, soprattutto nei pasticci orientali di chitarra con vocalismi sfatti e sgorbiature elettroniche di “Crown Shell” e nella sua prosecuzione (più lavorata ritmicamente) di “Crete”. Granuli grossissimi di basso e fanghiglie di organo, sopra, colano una glassa crostosa da equatore per junkies (“Lucretius”).

Nel secondo Lp, spazio alle divagazioni. Non tutte a fuoco, per la verità. Gli 11 minuti di bordoni in tensione di “At Delphi”, noise junglesco da isola pacifica piuttosto che da oracolo greco, sono un invito allo skip da urlo. Molto meglio, a ‘sto punto, gli urli di Stallones in “Fit for Caesar”, la cui intro in stile hypna-ambient, tra percussioni scheletriche e synth flautistico, resta tra i momenti più alti del disco, in decadenza atroce; roba da convivi sfatti e frutta marcia sui triclini. Tre minuti e mezzo eccellenti. Meno eccitante il seguito, del tipo no wave in salsa exotica (spunta anche un sax).

Top del disco, comunque, è “Impluvium”, un quarto d’ora su beat da dancefloor, con virate trance inedite per Sun Araw e uno sviluppo maestoso quando entrano i consueti ricami tropical. Se la formula dei dischi precedenti mostra un po’ la corda, bene che Stallones abbia già individuato una possibile via di fuga, in un album che resta, nel complesso, di (necessaria) transizione.

V Voti

Voto degli utenti: 4/10 in media su 1 voto.
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ciccio 4/10

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