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R Recensione

8/10

Dutch Uncles

Out of Touch in the Wild

Al primo ascolto di “Out of touch in the wild” ci si trova davanti ad un’opera piacevole, fruibile ed adatta ad ogni tipo di appassionato di musica. Dentro questo lavoro ci sono una quantità di influenze, generi, elementi, linguaggi musicali che sarebbe troppo lungo e difficile elencare. Cerchiamo una scorciatoia allora: questo lavoro dei Dutch Uncles è una specie di camaleonte musicale, frutto di musicisti che hanno fatto propria, direttamente o indirettamente, volontariamente o involontariamente, la musica degli ultimi 30 anni.

 “Pondage” è l’introduzione di “Bellio” ma già dall’inizio si può capire che non si tratta della solita solfa, del solito cd indie-pop-rock ma di qualcosa di più raffinato, più complicato e anche migliore. La chitarra si inserisce sul pianoforte e lo xilophono creando il primo stacco, il primo cambio di linguaggio. La voce di Duncan Wallis fa da collante come per tutto l’album. Non è una voce particolare, brillante o suadente ma è una voce che calza alla perfezione con la musica dei Dutch Uncles. Il secondo brano è pieno di sample, synth e cambi di tempo improvvisi e mai scontati. Ricorda lontanamente i Talking Heads.

 “Goodboy” sembra essere la sintesi dell’estetica della band. L’intro tipicamente indie si trasforma in musica da camera con archi e violini, cambi di tempo, suoni campionati ,qualche piccolo effetto elettronico e una voce pulita (che qui richiama alla mente un Jonsi dei Sigur Ros ma meno arzigogolata anche se qualche oooh-oohh è presente).

 Il singolo “Flexxin” sembra la classica canzoncina pop da  tre minuti ma riascoltandola attentamente rapisce l’ascoltatore per semplicità, raffinatezza e bellezza. Gli archi giocano ancora una volta un ruolo importante portando il brano ad un livello superiore, mentre la batteria ed il basso danno profondità e carattere. Il risultato è che non si riesce a star fermi mentre si ascolta.

 Chiude “Brio” nel quale la chitarra elettrica, il piano e la batteria si intrecciano agli archi creando una sorta di alchimia tra musica da camera e rock. Ancora una volta gli arrangiamenti e le melodie sono imprevedibili e fuori dal comune.

 I Dutch Uncles insieme agli Everything Everything, gli Egyptian Hip Hop, i Field Music, gli Alt-J sembrano essere le nuove leve della musica inglese, delle band partite in sordina ma che dopo i loro più recenti lavori si candidano ad essere le giovani speranze in cui riporre le aspettative dei prossimi anni. E dopo aver ascoltato questo album non si può negare che forse esiste ancora una via e che non tutta la musica è stata già scritta e suonata ed esiste ancora spazio per la creatività.

 

 

V Voti

Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 4 voti.
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hiperwlt 6,5/10
Cas 7/10
loson 7/10
salvatore 6,5/10

C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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Cas (ha votato 7 questo disco) alle 17:51 del 12 marzo 2013 ha scritto:

molto interessante l'intreccio tra i patterns minimalisti a funzione ritmico-accordale (esempio massimo: Zug Zwang) e le aperture melodiche che fanno incetta di elementi cameristici e "arty". brani complessi e stratificati, ottimamente arrangiati. forse però queste strutture altamente ricercate pesano un pò troppo sul libero flluire dei brani, appesantendo il tutto. siamo comunque su ottimi livelli.

Utente non più registrato alle 20:58 del 8 marzo 2017 ha scritto:

Gruppo godibilissimo in cui s'intravedono varie influenze: dai Gentle Giant e King Crimson, ai Talking Heads, Kate Bush, S. Reich e Roxy Music.

Una vocalità diversa avrebbe giovato.