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R Recensione

7,5/10

Olden

Prima che sia tardi

Il quinto disco di Olden nasce da un breve romanzo dello stesso autore, il cui tema è la nascita, lo svilupparsi, e la successiva caduta di una dittatura, in una società che potrebbe essere la nostra. Da questo breve racconto è nato un concept album composto da dieci canzoni, dieci momenti della storia, alla cui stesura il cantautore umbro si è dedicato per circa un anno, delegando la produzione a Flavio Ferri. Un lavoro importante e impegnativo, il cui esito è senza dubbio il miglior disco della produzione di Olden. La storia è vista con gli occhi di una protagonista principale, Zahira, figlia di emigranti, che vive in prima persona l’instaurarsi di una dittatura razzista e populista, raffigurata qui nell’allegoria dell’Oca Nera che campeggia anche in copertina.  

Il racconto inizia con la title track “Prima che sia tardi. Prologo”, una rock ballad intensa in cui la splendida voce di Olden prende subito il volo. Il brano è un vero e proprio grido di allarme, che ci invita a non sottovalutare i tanti segnali che anticipano le svolte autoritarie, prima, appunto, che sia troppo tardi per reagire, prima che arrivi quello che qui viene presentato ne “Il giorno della gloria”, il raduno di piazza populista in cui il futuro dittatore arringa una folla esaltata, incitando a mettere al bando “chiunque sia di un altro colore”. Un rock teso e dai toni scuri, con un testo splendido che tocca temi importanti come emigrazione, razzismo e discriminazioni verso ogni tipo di diversità. È qui che incontriamo Zahira, figlia di immigrati, impaurita tra la folla inneggiante al dittatore.

Ma se il dittatore e la piazza vogliono instaurare una dittatura, c’è già chi prova a resistere: la seguente “Aquilone” è un bellissimo canto di libertà, dalla costruzione quasi gaberiana. Olden utilizza la metafora dell’aquilone per rappresentare la libertà dell’amore, contro “chi all’amore vuol dare un nome”, contro tutti i razzismi e le discriminazioni. Un vero gioiello, uno dei vertici del disco, che in un crescendo emozionale porta l’ascoltatore all’incontro con “L'oca nera”, il protagonista negativo della storia, la rappresentazione del dittatore. Queste prime quattro canzoni sono un inizio folgorante. Capita raramente di imbattersi in un disco che si apre con questa forza, e che riesce a mantenere così alta la tensione per tutta la sua prima parte.

La seguente “La nostra idea” è un lento che smorza la tensione, una ballad intensa che introduce la seconda parte del racconto, con il nascere di un rapporto (forse d’amore, sicuramente di complicità) tra due protagonisti, e il formarsi di una resistenza alla dittatura. Dai toni cupi e scuri dell’inizio si vira verso sonorità più solari che lasciano intravvedere una speranza nel futuro. Così è per “Mare tranquillo”, una dolce canzone di speranza per Zahira che lascia il paese, e per “Non tu, noi”, una vera e propria dichiarazione d’amore, fino a “Cuore mio”, dove chi è rimasto per combattere contro la dittatura invita Zahira a “tenere acceso il fuoco”, preparandosi alla spallata finale contro il regime. E la rivoluzione infine arriva, il dittatore scopre il suo vero volto, quello de “Il clown, rivelandosi per quello che era, un povero pagliaccio. È, questo, un altro dei vertici del disco, che ci porta all’epilogo finale; il canto liberatorio di “Puntuale. Epilogo” ha il sapore della quiete dopo la tempesta, della ritrovata serenità dopo la dittatura.

Un disco costruito con metrica precisione, studiato in ogni dettaglio, che si scopre brano dopo brano con un crescendo emotivo che coinvolge l’ascoltatore rendendolo partecipe della vicenda. Con “Prima che sia tardi” il cantautore perugino Olden dimostra una capacità di scrittura in netta ed evidente evoluzione, passando dal disco di cover dello scorso anno, del quale qui troviamo come bonus track la bella “Fiume Amaro” cantata in coppia con Umberto Maria Giardini, ad un concept album notevole e senza sbavature, che, grazie anche all’eccellente lavoro di produzione di Flavio Ferri, è senza dubbio uno dei dischi di italiani più importanti di questo inizio 2020.

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theRaven alle 11:39 del 26 marzo 2020 ha scritto:

Aggiungerei "Vive", l'esordio di Annie Barbazza

van zandt, autore, alle 10:51 del 29 marzo 2020 ha scritto:

Si, indubbiamente un disco molto interessante