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R Recensione

7,5/10

Paolo Capodacqua

Ferite&Feritoie

Paolo Capodacqua è stato per oltre vent’anni il chitarrista e uno dei più stretti collaboratori di Claudio Lolli. Non poteva quindi non risuonare l’eco delle canzoni del maestro bolognese in questo disco, perché lavorando per così a lungo a stretto contatto evidentemente i due si sono sempre influenzati a vicenda. Si può dire che questo sia un disco “alla Lolli” tanto quanto i dischi di Lolli erano certamente debitori del tocco di Capodacqua. E, in fondo, le radici dei due cantautori sono comuni: la canzone d’autore francese e la prima generazione dei cantautori italiani.

Nel suo nuovo disco c’è evidentemente un po’ di tutto questo, ma non solo. “Ferite&Feritoie” non guarda solo al passato. Se colpiscono gli arrangiamenti che avvolgono le canzoni (opera del bravo Giuseppe Morgante), ancora di più convince il punto di vista dell’autore sugli eventi e personaggi raccontati, esemplificato nel titolo del disco: non tanto osservare attraverso le feritoie, ma mettersi dall’altra parte, dalla parte di chi ha subito la ferita, per ribaltare il punto di vista. Perché siano quelli senza più voce a raccontarci la loro verità, le loro ferite. Così Capodacqua ci racconta di personaggi importanti e di gente comune.

Tra i primi troviamo “Ernesto «Che» Guevara”, del quale Capodacqua racconta con grazia e delicatezza, in “Gli occhi neri di Julia Cortez”, l’incontro con la maestra di La Higuera che per ultima lo vide, già catturato, e poi pochi istanti prima dell’uccisione. L’altra figura che Capodacqua sceglie di raccontare è quella di Giovanni Falcone, in “Per questo mi chiamo Giovanni”, con Pippo Pollina ospite alla voce. Una canzone che per testo e costruzione non può che richiamare le cose migliori di Claudio Lolli. Per questo brano Capodacqua ha preso spunto dall’omonimo libro di Giovanni Garlando.

È invece il libro Il dolore Perfetto di Ugo Ricciarelli la fonte d'ispirazione per la lenta e poetica “Il mare di Milano”, dove con pochi versi l’autore riesce a far sentire il dolore della guerra e della morte, raccontando di quegli eroi senza voce che rischiano la propria libertà per la libertà degli altri. Eroi loro malgrado, vittime delle grandi tragedie di ieri e di oggi, come l’olocausto e l’emigrazione, raccontati in “I nidi degli uccelli” e “Luomo senza nome”.   

I nidi degli uccelli, un lento toccante in cui spicca il violino di Michele Gazich, racconta la tragedia della deportazione e della Shoah con delicatezza e senza retorica, attraverso gli occhi di una bambina deportata, ed è una denuncia feroce verso chi “osa negare”. “Luomo senza nome” è una ballata bellissima e intensa sul dramma dell’emigrazione, anche qui senza alcuna retorica, raccontato attraverso gli occhi di un migrante scampato al naufragio in mare, e naufragato nelle nostre città. Il brano, esempio eccellente di Canzone dAutore ai massimi livelli, è uno dei vertici del disco, e vede ancora ospite al violino Michele Gazich.

Tra questi racconti in forma di canzone dedicati a persone comuni, troviamo anche “Gli amanti segreti”, un brano venato di sfumature jazz, con una bellissima fisarmonica che contrappunta un testo splendido, e “Il ladro”, dall’andatura swing e dal ritmo sostenuto del piano e della batteria, con un bel solo di sax, dove il ladro potrebbe essere anche qualcosa o qualcuno che conosciamo bene (“Mi esibisco e vi controllo / chiuso nel televisore / entro nelle vostre case  / senza usare il grimaldello”). Chiudono il disco due brani ispirati al libro Il Piccolo Principe, “Canto dellaviatore” e “Rosafiore”, e un omaggio a Francesco Guccini, con la cover di “Lalbero ed io”, che si avvale ancora dello splendido violino di Gazich e della chitarra di Juan Carlos Flaco Biondini.

Paolo Capodacqua con “Ferite&Feritoie” ci regala un’opera in cui poesia e canzone  vanno a braccetto, un disco profondo e toccante ma al contempo leggero, grazie alla sua voce raffinata e a una scrittura che evita ogni retorica, cosa che negli ultimi anni è riuscita a pochi (forse solo a Gianmaria Testa).  

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