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R Recensione

7/10

Nylon

Quasi fosse una tempesta

Dopo una lunga gavetta nell’underground, i pavesi Nylon approdano al disco d’esordio sull’onda della vittoria al prestigioso contest Rock Targato Italia 2018. Un disco importante, che raccoglie nove canzoni cresciute col tempo, nei tanti live che la band ha portato in giro per la penisola in questi anni.

I Nylon si presentano in una formazione acustica, un trio che sa stare in equilibrio tra canzone d’autore, pop e rock, con echi classicheggianti portati dal violoncello di Adriano Cancro, la cui impronta troviamo subito in apertura in Tre colpi, un brano dalle sonorità quasi progressive rock, aperto da un bell’intro strumentale. Violoncello che troviamo anche nell’inciso della più frizzante Niente da aggiungere, un brano dall’anima pop. Ottima anche la prova del chitarrista Davide Montenovi (anche autore di alcuni brani del disco) nella veloce e rockeggiante Fotogenia, dove l’originalità della musica si sposa ad un testo altrettanto indovinato.

Se le sonorità del disco hanno un indubbio tocco di originalità, anche i testi colpiscono per la leggerezza con cui trattano argomenti profondi. Tra questi, i più riusciti sono il primo singolo L’Indecente, con il suo intro recitato, un brano dall’andatura rock, uno dei migliori del disco (sai che impudenza, la pretesa di cantare una canzone originale), il lento Carne e febbre, un testo che racconta di nu incontro fatto di amore, passione e sesso (quelle mani incontentabili di passioni inconfessabili, urlate dentro la notte e carne e febbre lei, il desiderio che non puoi fermare di quella carne che non può aspettare), dove la voce è sostenuta dal violoncello e da una batteria discreta, o ancora Le Confessioni dell'arcangelo Gabriele, una ballad dal testo lirico e musica classicheggiante, che racconta un dialogo tra un ex militare di carriera e un musicista di strada che ascolta le sue confessioni.

Molto poetica La dama del fiume azzurro, un canto d’amore per la propria città, Pavia, che viene trasfigurata in una figura femminile, e in cui molti ascoltatori potranno riconoscere il rapporto con la propria città. In Irene, ballad acustica aperta dal violoncello, il cantante Filippo Milani fa un doppio salto mortale, mettendosi nei panni di una ragazza adolescente, per raccontarne i dubbi, i desideri, le paure. Altra figura femminile, è quella raccontata in un altro dei momenti più riusciti del disco, la waitsiana Guendaline, rivisitazione di un brano del cantautore svedese Richard Lindgren. Una prova d’esordio sicuramente superata quella dei Nylon, che tra suoni rock e folk riescono a proporre una versione personale e originale della canzone d’autore.

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