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R Recensione

7,5/10

Gaudi

Magnetic

Immaginate un banchetto allestito con abbondanza di pietanze provenienti da ogni parte del mondo e, davanti, unico partecipante, un buongustaio che non vede l’ora di allietare il palato in quel paradiso di profumi, aromi e sapori. Ora, uscendo dalla metafora gastronomica, sostituite le portate con l’ormai copioso catalogo di pubblicazioni a sigla RareNoise, e attribuite al fortunato oste sembianze e dreadlocks di Gaudi, musicista e produttore bolognese trapiantato a Londra, con una carriera avviata in Italia e sviluppata nel Regno Unito attraverso diverse opere a proprio nome ed ancor più lavori di produzione in campo pop, reggae, elettronica e world, con una traiettoria che comprende nel suo arco Irene Grandi ed Ornella Vanoni, come Leftfield, Pete Namlock ed Almanegretta.

Per “Magnetic”, Gaudi ha attinto da lavori ed artisti RareNoise temi, suoni e ritmi per ricomporli, arricchendo il puzzle con i propri synths analogici, in un lavoro completamente nuovo che ha per tema dominante il dub e le frequenze basse. Ben sei gli autorevoli bassisti che contribuiscono tramite i propri grooves alle composizioni del lavoro: da “sua bassità” Bill Laswell all’ex Porcupine Tree Colin Edwin, da Shanir Ezra Blumenkranz a Tony Levin, da Lorenzo Feliciati fino ad un inedito Jamie Saft che abbandona il pianoforte per le quattro corde. Il risultato assomiglia molto ad una sorta di greatest hits dell’etichetta, con pezzi rimodellati da una virtuale "all star band" impegnata a fornire molteplici declinazioni in dub del catalogo, da quella crepuscolare dell’iniziale “30hz Dub – Prelude” che utilizza il trombone di Brian Allen dei Brainkiller e la chitarra di Eraldo Bernocchi, al roots di “Memories in My Pentagram” con samples di Merzbow, l’armonica di Cyro Baptista ed il rhodes di Michele Cavallari di Chat Noir, fino alla avvolgente variante elettronica di “Modular Rondo” dove i suoni di Jan Peter Schwalm e la batteria di Nicolay Bjerre (dai Lamb) con il basso di Levin e la chitarra di Pippo De Palma richiamano moduli tipici degli Ozric Tentacles. Altrove spuntano i trascorsi e le passioni dell’autore per il periodo new wave ed i suoi protagonisti, e allora le cadenze del basso si fanno più concitate e scure come accade in “Opus 12 no.7”, con Blumenkranz che richiama gli abissi dei Joy Division, oppure frenetiche e danzerecce, con “Die ballade vom frosh” che si avvale del drumming metronomico di Pat Mastellotto. La maestria architettonica e la raffinata creatività di Gaudi appaiono evidenti confrontando “Sub-All” uno dei motivi più belli del pianista Mark Aanderud dei Mole, già ascoltato nel loro secondo album, con la rielaborazione proposta in “Nocturnal Sonata”, che immerge in atmosfera futurista ed arricchita di screzi ritmici la melodia del pianoforte. O ascoltando le sincopi pianistiche a là Satie di “Electronic Impromptu in E-flat Minor”, alla quale contribuiscono fra gli altri, le tastiere di Alessandro Gwis (Aires Tango) e la batteria dell’ex Japan Steve Jansen.

L’epilogo è affidato ad uno dei pezzi migliori del lotto, appunto “Epilogue Leitmotiv”, andamento lento dettato dal basso di Laswell che poi si duplica anche in veste armonica, il pianoforte di Roger Eno a distillare gocce di assorta melodia ed un’elettronica discreta che accompagna, fra echi e rifrazioni, lo sviluppo della musica come un’assorta ed interminabile processione. Atto d’amore nei confronti dei generi da sempre frequentati dall’autore, ed opera che travalica i confini del remix per diventare musica totalmente nuova, “Magnetic” richiama ripetute frequentazioni. Proprio come i migliori ristoranti.

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