R Recensione

7/10

Dirty Sanchez

Subtitles For The Blind

Subtitles For The Blind è il disco d’esordio di una giovane band proveniente dalla provincia di Como dal monicker un po’ irriverente e fuorviante. La musica dei Dirty Sanchez  ha infatti ben poco di “canagliesco” e triviale, come suggerirebbe il  loro osceno nome. Trattasi invece di un raffinato impasto di slow core, doporock con la testa nelle nuvole, psichedelia mai troppo acida ma ugualmente "rincoglionente", fino all’aggiunta qua e là di farciture di noise e di sludge/stoner, il tutto amalgamato in una maniera personalissima e mai forzata. Nel disco troviamo una cerebralità in qualche modo riconducibile al progressive così come una naiveté e una istintività tipiche di certo indie rock pregno di irresistibili sghembaggini.

Il violino tesse melodie degne dei sogni epici dei Dirty Three, prende ad affrescare tramonti d’Oriente, si tuffa in limpide acque balsamiche di dolcezza adolescenziale oppure comincia a rantolare seguendo il nervoso incedere di certi sfoghi elettrici presenti nei brani. Il pianoforte spesso ha il compito di fare da asse portante dei pezzi, mentre il basso è imponente e nervoso e la batteria è pestona, asciutta ma sempre dotata di una certa eleganza.

Wouldn’t It Be Hilarious? (con il piano e il violino protagonisti, struggenti amanti  tenuti insieme dall’abbraccio armonico della chitarra) e Better Take Cover (dolci scambi armonici tra chitarra e basso e intensi crescendo che riconducono a certi parti dei Motorpsycho) hanno un’indole apparentemente introversa e sognante ma tradiscono sempre una certa irruenza, anche se sempre tenuta a bada, mentre invece la prettamente pianistica …Fragment (part 2) è introspezione pura dall'inizio alla fine..impalpabile, sospesa, tenerissima.

Chocolate Bass Player è probabilmente il pezzo più rappresentativo del Dirty Sanchez sound, quello che racchiude sia il lato “furente” della band, sia quello più soave. Si alternano così atmosfere vaporose alla Jeniferever a eruzioni stoner (più godibili le prime, un po’ più tediose le seconde), in un impressionante gioco di contrasti tra morbidezze e asprezze, tra tremolanti superfici traslucenti e muraglie di granito. Il pezzo però su cui mi è capito di riflettere più approfonditamente è How You Want, piccolo, complesso capolavoro che partito da atmosfere acquatiche, va a utilizzare arrangiamenti degni dei Verdena più calmi, trascende in inarrestabili crescendo orchestrali dopodiché, nella parte finale, va a bussare alla porta dei Codeine (vedi i vuoti colmi di suspense, gli arpeggi svagati, le esplosioni controllatissime ma lo stesso devastanti) per trarre ispirazione.

Originali, fantasiosi, visionari, già abbastanza maturi i Dirty Sanchez hanno sfornato davvero un buon lavoro al di sopra della media dei prodotti indie italioti e dal forte impatto emotivo , denso di stupore giovanile e di rabbia mai “stupida”. Denso di rara purezza.

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