Animation
Machine Language
Allinizio cè il sogno di un bambino. Il sogno di un mondo in cui il bambino è lunico abitante, e per lenire la solitudine si affida ai giocattoli. La successiva evoluzione dei giocattoli prende il nome di computers o macchine.
Il testamento artistico di Bob Belden, sassofonista e compositore statunitense scomparso lo scorso maggio a 58 anni, è un affascinante opera cyberpunk che unisce la sociofantascienza di Philip Dick alla musica del periodo elettrico di Miles Davis, affrontando il rapporto fra uomo e macchina con una narrazione letteraria affidata alla profonda voce del cantante jazz Kurt Elling, ambientata in territori musicali dark e futuristici, con il basso di Bill Laswell che illumina il percorso in unoscurità squassata da incessanti ritmiche.
I brevi interludi narrati su sfondi musicali ambient, tracciano le coordinate di un ciclo storico che vede gradualmente le macchine (pure machines) assimilarsi alluomo (human machines) per imporre quindi la propria supremazia fino alla totale scomparsa della specie umana. Ma il tentativo di ricostruzione di un mondo privo delle emozioni negative che caratterizzano lessere umano, si scontra con la difficoltà di elaborare nuovi modelli comportamentali, e conduce le macchine ad una replica dellumanità, aprendo il campo a nuovi interrogativi. Può una macchina avere immaginazione ? Può essere ispirata da un modello umano e sognare, come un bambino, di creare una nuova macchina umana?
Una tesi suggestiva, sottolineata da un clima musicale claustrofobico, dominato dal basso di Laswell e dalla ritmica di Matt Young, che declinano in chiave drum'nbass i quesiti socio tecnologici alla base della narrazione concepita da Belden, aggiornando allattualità le invenzioni jazz rock elettriche di Miles Davis dei primi anni 70, da In a Silent Way a Bitches Brew.
Il tessuto ritmico molto articolato e la complessa tessitura armonica richiedono più ascolti per essere pienamente assimilate, ma, una volta entrati nello spirito dellopera le emozioni non mancano, ed è esaltante seguire levoluzione della storia, attraverso passaggi musicali che ne rappresentano gli sviluppi cruciali.
Machine Language, la creazione del lessico dei nuovi esseri, è una lunga eterea cavalcata del basso di Laswell contornata dai fondali elettronici delle tastiere di Roberto Verastegui, Consistent Imperfection, la presa datto dei limiti della macchina umana, è uno degli episodi più davisiani, con le lunghe note della tromba di Clagett a contrastare una struttura di base frastagliata fra gli spigoli della batteria e il pulsare del basso ed il piano elettrico. Genesis code, corsa a perdifiato fra i viali del tecnofuturo, è condotta dal solo della tromba seguita da uno struggente intervento di Belden al sax sulla pirotecnica ritmica elettroacustica di Matt Young, vera human drum machine. The Evolution of the Machine Culture traccia il tentativo di superare le debolezze umane con un percorso da jam session elettrica e lesplorazione della Dark Matter, è ancora affidata ad un potente drum'nbass con la tromba sordinata di Clagett ed il sax di Belden in primo piano. E se allinizio cera il sogno di un bambino, lepilogo, in chiave interrogativa, è affidato al (possibile) sogno della macchina.
Machine Language, tanto avvincente da ascoltare quanto inquietante da leggere, ci trascina a contatto con il nostro possibile futuro per lasciarci una manciata di domande sulle quali riflettere.
Quasi un testamento aperto che Bob Belden ha voluto immortalare nel suo linguaggio, quello della musica, per i tempi a venire.
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