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R Recensione

8/10

Motorpsycho

Phanerothyme

Ed ecco che, un bel giorno, tre baldi ragazzi di Trondheim (Norvegia) decidono di entrare in studio, abbassare leggermente i distorsori e calare il sipario sul suono lo-fi che hanno caratterizzato il loro marcio di fabbrica fino a quel momento (8 dischi tiratissimi in 10 anni) e dare la luce ad un disco che è un vero miracolo di equilibrismo fra ritornelli e melodie "spacca testa" ed un flusso continuo di particolarità ed elevata qualità. Tutto questo prende il nome di Phanerothyme.

L'avvio di "Bedroom Eyes" è come l'ingresso nel salotto buono di casa Motorpsycho (rigorosamente in legno, puro stile nordico), con un camino nell'angolo ed una tavola intimamente imbandita al centro: chitarre e archi che ti fanno sentire subito parte di un tutto, ti mettono a tuo agio e ti preparano per ciò che seguirà. "For Free" è messa lì per far capire all'ascoltatore che i padroni di casa non sono improvvisamente diventati folli: il tiro e l'attacco aggressivo sono sempre lì, intatti, ma stavolta diventano la colonna sonora per una corsa inarrestabile col cuore che batte all'impazzata. Il riff killer entra rapidamente nelle orecchie, pronto a tormentarti ad occhi aperti quando meno te lo aspetti.

"B.S.", terza gemma del disco, è una porta che improvvisamente si apre e sbatte su visi esterefatti una folata di luminosità, facendoti quasi sentire il fresco della neve fra le mani e lo stranimento che quella luce, riflessa sul manto bianco, provoca per un attimo ai sensi; l'impeto psichedelico (che più avanti diventerà manifesto) inizia a farsi strada sottoforma di bridge ricolmo di ritmica e flauti. E' solo un assaggio però, e ci se ne accorge quando è una chitarra surf ad irrompere, riportandoti a ciò di cui si tratta nel brano: gioia!

Il primo passaggio in leggero calo è rappresentato da "Landslide" (nomen omen), glaciale e caracollante ma comunque impregnata di un dolce spirito di calore e delicatezza. Ben altro livello si tocca quando il lettore CD inizia a visualizzare il numero 5: "Go To California" ha in comune con l'omonima opera LedZeppeliniana soltanto il nome, la sostanza parla di psichedelia, sole caldo e sogni ad occhi aperti, di vita da vivere nel presente e consegnandosi al mondo per quello che si è. Suono pulitissimo, cori di animo BeachBoysesco (manco a dirlo, siamo in California) e un intermezzo di Doorsiana memoria a centro brano che niente ha da invidiare ai gloriosi precursori del genere; c'è molto "Riders on the Storm" in quel solo di organo e chitarra.

Ed è azzeccatissima l'atmosfera che segue, quella rarefatta come poche altre di "Painting The Night Unreal", talmente sospesa ed eterea da lasciare tutto lo spazio necessario per riempirla con le proprie emozioni, rielaborate dopo aver fatto entrare dentro sé la delicatezza dei fiati e della voce che irrompono dopo un'adeguata preparazione. E come nel più sexy degli incontri amorosi, il manto accattivante si trasforma di colpo in esplosione di sensazioni, urlata e portata all'attenzione del mondo così da suggellarla a futura memoria; immaginate questo brano in una notte di sesso come in un tranquillo pomeriggio a leggere in poltrona, sarà comunque risuonante in entrambi i casi e nelle sfumature relative.

Anche in un disco come questo doveva arrivare il momento del singolo "come mamma l'ha fatto", e l'appuntamento scatta con "The Slow Phaseout", dove il giro melodico e l ritornello ammiccante arrivano alla loro massima espressione, talmente alta da guadagnarsi all'epoca numerosi passaggi su MTV e affini (come i Judas Priest che passano su Radio Vaticana). Il DNA del pezzo è perfettamente in linea col resto dell'album, ma in questo caso nella stanza è stata aperta la classica "finestra per cambiare aria", il tutto è accessibile e gioiosamente perfetto nella sua particolarità.

"Blindfolded" è l'ideale sorella di "Landslide", le atmosfere cullate da archi, fiati e piano si rincorrono e si intracciano molto piacevolmente, e rappresentano i due episodi più "scandinavi" del disco. Anche "B.S." è inclusa nel discorso dei richiami, ma è logico immaginare che, quando si affondano le mani nella qualità, è lecito anche il ripetersi un po'. Minuti che comunque continuano a scorrere via piacevoli, e senza accorgersene siamo già al capitolo conclusivo di questo piccolo laboratorio del piacere musicale. "When You're Dead" è come la mamma che ti fa accomodare sotto le coperte e te le rimbocca, cantandoti quella melodia che tanto ti piace e ti concilia il sonno... a discapito del funereo titolo, è una ballad sottoforma di ninna nanna in "Tim Burton Style", che presumibilmente prelude ad uno dei tanti riascolti che questo disco sicuramente merita.

Ultima menzione d'obbligo per la grafica, estremamente fredda e basilare eppure quanto mai adatta ad attirare l'attenzione sullo sguardo enigmatico del soggetto; E se questa copertina non vi piace, nessun problema: nel booklet ce ne sono altre 5 da scegliere, così da non permettere mai ai vostri occhi di annoiarsi.

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Voto degli utenti: 8,3/10 in media su 6 voti.
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Teo 8/10
motek 10/10

C Commenti

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ozzy(d) alle 15:24 del 5 gennaio 2010 ha scritto:

l'unico problema coi motorpsycho è sempre stato stare dietro alla loro sterminata discografia, questo infatti mi manca lol bella rece

amnesia99, autore, alle 12:01 del 7 gennaio 2010 ha scritto:

Ehehe in effetti sono iper produttivi i ragazzi! Comunque questo disco merita davvero, è di quelli che restano al proprio fianco nel tempo...

Ivor the engine driver (ha votato 8 questo disco) alle 12:36 del 7 gennaio 2010 ha scritto:

l'ultimo psycho degno del nome. Dopo gran mestiere ma a parte rari spunti, dischi per aficionados (come me). Secondo me un pelo meno bello di Let Them Eat Cake.