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R Recensione

7/10

Tori Amos

Gold Dust

Tori Amos è stata una delle cantautrici più significative e originali degli anni 90. Il suo percorso artistico ha ispirato un'intera generazione di colleghe e imitatrici che hanno visto in lei un vero e proprio modello di donna, capace di sedurre e allo stesso tempo andare fiera delle proprie debolezze, sottilmente femminista ma più per necessità che reale vocazione.

E' fuori discussione che il mondo della musica sia ancora oggi debitore alla rossa pianista del North Carolina, tuttavia è innegabile che alle soglie del nuovo millennio la Nostra abbia dovuto fare i conti con una produzione musicale non sempre alla sua altezza.

Tra eccessi di zelo, concept pretestuosi e produzioni ipertrofiche sia nel minutaggio che negli arrangiamenti, Tori non è riuscita a mettere completamente a fuoco la sua arte subendo un drastico ridimensionamento di quotazioni sia in termini di vendite che di critica.

Così, mentre il mondo musicale metabolizzava la lezione da lei impartita, iniziava un lungo e tortuoso processo di rinnovamento che, tra ostinazione e passi falsi, giungeva al suo culmine con “Night of Hunters”, l'album del 2011 che segnò il passaggio discografico all'etichetta tedesca di musica classica “Deutsche Grammophon” e che vedeva la Amos confrontarsi con un un universo musicale più affine alle proprie attitudini e ambizioni.

Un lavoro ispirato ai grandi temi di musica classica del passato rivisti in chiave moderna e reinventati proprio da chi, durante la propria gioventù, aveva ripudiato gli insegnamenti del conservatorio preferendo un approccio meno tecnico e più emotivo alla musica.

L'album in questione ha segnato così una svolta decisa (e decisiva) nella carriera della cantautrice che è riuscita in questo modo a stemperare il rischio di un precoce quanto inopportuno appiattimento della propria arte.

Da qui la voglia di ricominciare a fare sul serio e riappropriarsi di alcuni degli episodi più significativi del proprio passato a partire da quelli che, secondo le intenzioni della loro autrice, avevano maggiore bisogno di un rinnovamento.

E arriviamo a questo “Gold Dust”. L'album in questione è una raccolta di brani della rossa reinterpretati con l'apporto della Metropole Orchestra, ingaggiata anche per una tournée che sta toccando diversi paesi. La scaletta attinge più o meno da tutto il repertorio fino ad ora proposto e mette in fila una serie di brani tutt'altro che prevedibili o scontati. Stupisce in particolare modo l'inclusione della b-side “Flying Dutchman” o il recupero di pezzi ritenuti minori come “Flavour” (utilizzato addirittura come singolo di lancio) o “Programmable Soda” che vanno così ad amalgamarsi insieme alle irrinunciabili “Silent All These Years”, “Precious Things” e “Winter”.

Nella sua imprevedibilità “Gold Dust” riesce bene nell'impresa di arrivare al cuore dell'arte della Amos, tuttavia presenta dei grossissimi limiti nel volere rinnovare ciò che in precedenza era già stato detto. Di fatti le partiture della Metropole Orchestra non aggiungono quasi nulla rispetto alle incisioni passate che, per ironia della sorte, quasi sempre disponevano già di apporti orchestrali.

Casomai sono le interpretazioni vocali ad aggiungere sporadicamente qualcosa di, se non proprio nuovo, un po' diverso (la title track ad esempio risulta più “morbida”) ma, nel complesso, queste incisioni risultano molto, ma molto simili alle originali. Salvo forse la già citata “Flavour” (ripulita da inutili orpelli elettronici), “Jackie's Strength” (più classicheggiante rispetto alla prima versione) e “Precios Things” (che perde in ritmo mantenendo inalterata la propria drammaticità) ma nel complesso non c'è nulla di “diversamente” fuori posto.

Gold Dust” rimane perciò la preziosa testimonianza di un'artista di nuova padrona di se stessa e pronta a regalarci (si spera) nuove grandi emozioni ma che, allo stesso tempo, farebbe bene a levigare ancora un po' gli eccessi di ambizione a favore “soltanto” della sua, senz'altro splendida, musica.

P.S.

Consiglio l'ascolto dell'album a tutti i fans della prima ora (se mai ce ne fossero) e a chi, come il sottoscritto, non ha particolarmente apprezzato la precedente raccolta “Tales Of A Librarian”.

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bbjmm 7/10
bonnell 4,5/10

C Commenti

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Utente non più registrato alle 15:26 del 22 ottobre 2012 ha scritto:

Little Earthquakes, Under the Pink, Boys for Pele, From the Choirgirl Hotel i miei preferiti.

Steppenwolf84, autore, alle 22:39 del 22 ottobre 2012 ha scritto:

Concordo, e aggiungerei anche il live di TO VENUS AND BACK.

Devastante.

ROX alle 11:50 del 2 giugno 2014 ha scritto:

Concordo sui 4 più belli