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R Recensione

6,5/10

Sharron Kraus

Pilgrim Chants & Pastoral Trails

Raramente ho rinvenuto, all'interno di una medesima label, una così evidente comunione di ideali come quella esistente fra i musicisti le cui opere vedono la luce del giorno attraverso l'inglese Second Language. Una condivisione di vedute artistiche che prescinde ogni accordo contrattuale e che origina nel bisogno di frugalità e di integrità sonora che orienta le scelte di chi della Second Language è il fondatore e l'ispiratore: Glen Johnson, vate e guida dei Piano Magic. Ma ben al di là di ogni ipotesi di egocentrismo nella visione di un musicista amante di contesti ormai distanti dall'indie-rock, sussiste la coesione, il reciproco rispetto e la mutua ispirazione di un manipolo di autori che si influenzano e si supportano l'un l'altro in una sorta di virtuoso circolo culturale che ha tra i principali obiettivi il recupero dell'essenzialità, l'ascolto della natura, il richiamarsi alla tradizione, la reinvenzione del concetto di folk. 

Sharron Kraus , con il suo quarto album, non tradisce il manifesto programmatico della Second Language e interpreta nel suo linguaggio musicale, procedendo in quel limbo nel quale istinto e intelletto dialogano fra loro, argomenti sonori come le field recordings, la propensione per affreschi ambientali poveri di colori ma ricchi di dettagli, la fascinazione di una poesia pastorale legata a doppio filo con la spiritualità naturale e con la memoria. Basterebbe osservare il fluire del fiume ritratto in copertina e lasciarsi scorrere nelle orecchie il sussurrato madrigale di Cadair Idris per cogliere il fremito delle composizioni della songwriter inglese. Particolarmente inquietante, nella sua spettrale e diafana dimensione onirica, il ghost-folk di Dark Pool, nel quale l'intangibile si fa tangibile, e la sempre evanescente voce della Kraus si aliena fra arpeggi ipnotici e disturbi elettronici che sulle prime potrebbero apparire fuori luogo: in questa magnetica composizione invece si rivela l'arte di una viaggiatrice che anziché catturare lo spirito dei luoghi con una macchina fotografica, ne coglie la sostanza primigenia in soundscapes che non vogliono risolversi nella valenza di colonne sonore dall'afflato ambient. C'é molto di più in questi brani. Qualcosa di più, che non necessita di essere espresso attraverso la parola cantata: la parola - la sua voce - torna alla sua vera natura di strumento a fiato che nasce dal cuore e che può divenire - come in Farewell - un duetto dall'elevato impatto emozionale quando s'incontra con il "verso" del flauto dolce, mentre tutt'intorno un coro di uccelli migratori si libra nell'aria. In Hiraeth la prosa frutto di questo sincretismo musicale raggiunge forse il suo vertice. Tutto si fa altro da sé: le corde divengono ritmo, i flauti voci narranti, le liriche epifanie di paesaggi. La fonte d'ispirazione per "Pilgrim Chants & Pastoral Trails" risiede nei panorami montani del Galles centrale: nel suo lungo girovagare con un minidisc recorder e un taccuino nello zaino,  Sharron Kraus ha sostanzialmente preso nota di stati d'animo, di esperienze che molto hanno a che fare con la ricerca interiore. Mirabilmente il suo diario di viaggio si è poi tradotto, al rientro a casa, in una rievocazione di quanto visto e provato, cercando - allo stesso tempo - fedeltà e reinterpretazione di quello che, a tutti gli effetti, è stato un pellegrinaggio. Un pellegrinaggio che ha avuto come sua meta non un tempio costruito da uomo, ma uno scenario nel quale pietre, fantasmi, racconti, suggestioni, realtà e fantasia si mescolano fra loro in un continuum sensoriale.

Nella consueta politica dell'etichetta di riservare un trattamento d'onore a chi acquista on-line le sue produzioni, anche stavolta si riceverà un bonus disc - intitolato "Night Mare" - che contiene musiche attigue a quanto ascoltato in "Pilgrim Chants...",  ma capace di stupire per le elettrificate soluzioni di An Army Of Woes.

Ridurre alla definizione di "evocative" le partiture di quest'album, equivale a fargli un torto sminuendo la sua capacità di trascendere i soggetti osservati.

Sharron Kraus ha uno sguardo "altro" e, di conseguenza, il suo racconto musicale ha una trama "altra".

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target alle 12:41 del 6 settembre 2013 ha scritto:

Bella "Dark pool" (anche un po' Grouper?). Il resto, al primo ascolto, mi sembra un po' troppo pastorale (appunto) per i miei gusti.

salvatore alle 20:39 del 6 settembre 2013 ha scritto:

Della Kraus trattengo un bel ricordo di "Songs of Love and Loss" del 2004 che conteneva, tra le altre, "Angelica Caraway" e "The Frozen Lake" e un ricordo discreto di "The Fox's Wedding" del 2008 e della malinconicissima "In the middle of the summer". I suoi album, presi per intero, però, li ho sempre trovati un po' pesantucci...