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R Recensione

8,5/10

Franco Battiato

Fetus

Sul primo 45 giri del 1965 appare col nome di Francesco Battiato e per alcuni anni continua ad incidere musica leggera sanremese; poi, la prima di una lunga serie di svolte artistiche: nel 1971 Battiato si dà all’elettronica e pubblica il suo primo LP, “Fetus: ritorno al mondo nuovo”. In una recente intervista ha dichiarato: «Ripensando alla mia carriera ci sono cose che sicuramente cambierei. […] Oggi butterei nel secchio quei due o tre dischi di musica leggera che ho inciso: quando riascolto quelle canzoni, me ne vergogno. Nel ‘69, poi, arrivò lo shock: ero sul palco di Un Disco per l’Estate e sentii una voce dentro me che mi urlò “Buttati sull'elettronica!”». A quel tempo i dischi superavano raramente la mezz’ora di durata poiché i solchi del vinile raggiungevano al massimo i diciotto minuti per facciata e “Fetus”, almeno in questo, non fa eccezione: trenta minuti esatti. Questo lavoro può venir considerato il primo disco di elettronica italiana, il primo lavoro progressive di Battiato o il primo concept-album sulla vita biologica. Ognuno può considerarlo quel che vuole ma sta di fatto che “Fetus” segna l’entrata in scena di uno tra gli artisti italiani più eccezionali (letteralmente nel senso di insolito, speciale, che costituisce un’eccezione) e rappresentativi del genio italico.

Il concetto ispiratore proviene da “Il mondo nuovo” (1932) di Aldous Huxley, un romanzo antiutopico sull’eugenetica, che rubava a piene mani dal marxismo il concetto di produzione seriale e, allargandolo, approdava ad una serrata critica sociologica sul futuro che ci attendeva. Battiato (coadiuvato da Sergio Albergoni e Pino Massara) immagina dunque la nascita di un essere umano in questa società fantascientifica oramai disumanizzata attraverso otto brani di avanguardia prog (il progressive rock esploderà definitivamente nel 1972-73) parlando convintamente di scienza e biologia, senza tralasciare l’aspetto antropologico, dal concepimento fino al parto. Le band che in Italia utilizzavano l’elettronica erano allora assai poche: Balletto di Bronzo, Banco del Mutuo Soccorso, Capsicum Red, Latte e Miele, Le Orme, Premiata Forneria Marconi. Ma Battiato fu certamente il primo ad utilizzare il VCS3 della EMS (in Italia ne erano stati venduti solo due esemplari), un sintetizzatore analogico con una flessibile architettura a voce semi-modulare; l’uso di questo gioiellino elettronico in “Fetus” è praticamente onnipresente.

Nella title-track, primo brano del disco, il ritmo è scandito dal battito del cuore e da poderose infiltrazioni di synth. Il feto appena formato parla della sua venuta al mondo e annuncia da subito l’alienazione nei confronti del concepimento: un atto sessuale avvenuto senza amore. A tal proposito Luciano Bianciardi sosteneva ne “La vita agra” (1962): «Il coito si è ridotto, per la stragrande maggioranza degli utenti, a pura rappresentazione mimica, a ripetizione pedissequa e meccanica di positure, gesti, atti, trabalzamenti, in vista dell’evacuazione seminale, unico fine ormai riconoscibile e legalmente esigibile. […] Questo vuole la classe dirigente, questo vogliono sindaco, vescovo e padrone, questurino, sociologo e onorevole, vogliono non già una vita sessuale vissuta, ma il continuo stimolo del simbolo sessuale che induca a muoversi all’infinito». Capiamo bene che il travisamento generato dall’emancipazione sessuale, che tuonerà disordinatamente nel 1968, era già stato individuato da altri intellettuali.

“Fetus” prosegue, in pieno stile melodic progressive, con “Una cellula”: le molecole si formano, i caratteri genetici si mischiano, le peculiarità cominciano a prender forma all’interno del grembo. Il processo di divisione indiretta della cellula, che avviene dopo complesse modificazioni del nucleo e del citoplasma, mantenendo costante il numero dei cromosomi, avviene in “Cariocinesi”, un pezzo ora dissonante ora folcloristico, tra violini amplificati ed echi vocali. È rinvenibile sin da ora l’inquietudine di Battiato che anni dopo lo porterà alla trascendenza. Nel processo di cariocinesi interviene difatti il caso, una combinazione di fattori imprevedibile e del tutto randomica che segnerà i caratteri fisici, caratteriali e spirituali dell’individuo. I bambini della scuola materna aprono l’amara “Energia”, elettronicissimo brano sul sesso materiale nel quale ascoltiamo: «Ho avuto molte donne in vita mia / e in ogni camera ho lasciato qualche mia energia. / Quanti figli dell’amore ho sprecato io, / racchiusi in quattro mura, ormai saranno spazzatura». Il VCS3 crea la melodia portante del brano, sulla quale vengono ad inserirsi percussioni, chitarre, tamburini e violini.

Giungiamo così alla “Fenomenologia”, dove l’elica del DNA si fa talmente precisa che Battiato decide di cantarne la formula matematica: x1 = a(sin ωt); x2 = a(sin ωt + γ). Seppur in presenza di avanguardia, sperimentalismo e progressive, è apprezzabile la scelta di utilizzare il linguaggio matematico come testo di una canzone. Lo stile musicale di questi brani del 1971, che precorrerà la pomposità di “Pollution”, è qui ingenuo e minimale ma sprizza talento da tutti i pori ed annuncia che la carriera di Battiato non sarà per nulla scontata. Giunge dapprima grande dissonanza con “Meccanica”, sorta di rivisitazione del Frankenstein di Mary Shelley, poi il melodismo all’italiana prende il sopravvento e anche questo pezzo diventa gioviale e godibilissimo, per terminare nello spazio interstallare grazie ai campionamenti delle voci degli astronauti dell’Apollo 11 col sottofondo bachiano della “Suite n° 3 in re maggiore BWV 1068”.

La terza fase della mitosi cellulare, quella in cui i cromatidi fratelli si separano per migrare verso i due centrosomi ai poli opposti della cellula (ottenendo così il ripristino, per ogni polo, del numero originario di cromosomi), arriva con “Anafase” e tutta la complessa avventura del nascituro si conclude nell’interrogativa “Mutazione”. Dolcissimi accordi di chitarra, cori in stile sixties, Battiato che canta in crescendo, percussioni ed effetti elettronici mimano i primi vagiti, l’apertura degli occhi, il primo pianto. Ma, leggendo il testo, ci rendiamo conto che l’esistenzialismo del nostro, nell’anno del Signore 1971, scalpita già: «Millenni di sonno mi hanno cullato / ed ora ritorno. Qualcosa è cambiato, / non scorgo segnale che annunci la vita / eppure l’avverto, ci son vibrazioni. / Che cosa vedranno tra poco i miei occhi? / Magari saranno dei corpi di pietra, / li sento arrivare, li sento arrivare». Un nuovo uomo è venuto al mondo, un altro infelice, l’ennesimo adorabile risultato del sovrano caos.

“Fetus” è sicuramente un’opera prima piuttosto pretenziosa con un Battiato fanciullino intento a sondare le potenzialità della prima elettronica pop, quella che farà la fortuna dei Kraftwerk in Germania, di Jean Michel Jarre in Francia, di Mike Oldfield in Regno Unito e di Vangelis negli Stati Uniti. Si può dunque accusare “Fetus” di essere acerbo, arrogante, immaturo e superficiale. Ma alla luce dei risultati ottenuti e dei dischi pubblicati nella sua variegata carriera chi siamo noi per giudicare Franco Battiato?

V Voti

Voto degli utenti: 7,8/10 in media su 17 voti.
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Lepo 8/10
Suicida 10/10
zagor 7,5/10
B-B-B 8,5/10
Lelling 8,5/10
ThirdEye 8,5/10
Vatar 8,5/10
Vito 7,5/10

C Commenti

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AndreaKant (ha votato 9 questo disco) alle 18:55 del 3 febbraio 2014 ha scritto:

Imprescindibile

Lepo (ha votato 8 questo disco) alle 13:58 del 4 febbraio 2014 ha scritto:

Album tanto acerbo quanto geniale. L'inizio di una carriera, per almeno una decina d'anni, folgorante. Bella recensione.

zagor (ha votato 7,5 questo disco) alle 10:47 del 9 febbraio 2014 ha scritto:

anche più di una decina d'anni dai, negli anni 90 ha fatto un paio di disconi, francuzzo nostro!!!

Lepo (ha votato 8 questo disco) alle 11:10 del 9 febbraio 2014 ha scritto:

Sì disconi, ma non direi folgoranti, tolto cafè de la paix

zagor (ha votato 7,5 questo disco) alle 13:45 del 9 febbraio 2014 ha scritto:

caffè de la paix che è appunto un disco da 10/10, ma anche gommalacca è geniale.

Lepo (ha votato 8 questo disco) alle 9:05 del 10 febbraio 2014 ha scritto:

Gommalacca è senz'altro notevole, ma anche più altalenante. Comunque non è che sto dicendo che la carriera di battiato finisca nell'81, ci sono spunti notevoli anche in tutti gli altri dischi degli anni '80 e in molte cose dei '90 (e anche in X stratagemmi, a mio parere), semplicemente che tra il '71 e l'81 ha fatto 7 album epocali, sebbene alternati a 3 quantomeno un pò autoreferenziali (mi riferisco a quei mattoni per solo piano tra il '75 e il '7, mentre successivamente non ha più infilato tanta qualità in simili lassi di tempo, tutto qui

mendustry, autore, alle 19:20 del 12 febbraio 2014 ha scritto:

"Caffé de la Paix" ok, ma tutti sottovalutano "L'ombrello e la macchina da cucire" che io considero un capolavoro assoluto...

Utente non più registrat (ha votato 6 questo disco) alle 1:00 del 11 maggio 2019 ha scritto:

Avrei anche potuto dare un 6.5 per l'originalità, e per il coraggio (musicale e figurativo), ma la musica è troppo spesso caotica, frammentata, debole. Se questi sono capolavori del rock italiano, poveri noi!

Vito (ha votato 7,5 questo disco) alle 22:30 del 16 febbraio 2020 ha scritto:

Con nel cuore aldous huxley e nella mente cage e Stockhausen, l'atto di nascita del più rivoluzionario musicista pop italiano di sempre (assieme a Battisti e Claudio rocchi). Un film di fantascienza in musica in cui c'è anche spazio per aria sulla quarta corda di bach.come si fa a non voler bene a uno così?