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R Recensione

6/10

Richard Moult

Yclypt

Yclypt è un termine che, in inglese arcaico, definiva l’atto di abbracciare. La parola rappresenta perfettamente il delicato movimento che la musica del pittore / compositore / poeta Richard Moult sembra compiere nel suo dipartire dagli strumenti che le danno alito di vita. Questo breve album (33 minuti), composto fra le colline del Cotswolds (nel  sudovest dell’Inghilterra), le campagne del Sussex dell’Est e le Ebridi, ha il sapore di una vertigine sensoriale che, attraverso la descrizione di un paesaggio nel quale la natura e gli eventi atmosferici si uniscono in una danza drammatica e seducente (un abbraccio appunto), si evolve nella forma di una musica per archi, antica e contemporanea allo stesso tempo. Un panorama apparentemente tranquillo eppure non immune all’inquietudine che accompagna l’alternanza dei cicli delle stagioni e i mutamenti umorali del tempo. L’ipotesi sonora concepita da Mould pare volersi proporre come musica per  lenti viandanti, infaticabili camminatori di quei territori ma anche per coloro che nel sogno o in una fantasia ad occhi aperti, si distaccano dal loro peregrinare urbano per ricercare un posto dell’anima, reale o immaginario, conosciuto o ignoto. Una musica che trae ispirazione da quei luoghi speciali della campagna inglese (di cui Moult è profondamente innamorato), nei quali sopravvivono i riti che mescolano elementi della tradizione del cristianesimo delle origini ed elementi della primordiale religione naturale.

 

I brani si succedono, indugiando molto sulle note, senza fretta, senza virtuosismi, dando vita ad una geografia sonora di grande suggestione ambientale, confondendo epoche ancestrali e tempo presente: l’uniformità viene prediletta a scapito di una emotività più marcata. La musica viene sussurrata e si mostra capace di acquisire potenza più in virtù dei riverberi che la circondano che non per il vigore dell’esecuzione: questo viene completamente assoggettato alla necessità di dipingere una sorta di smarrimento sentimentale. Stratificata e reiterata, la ricerca sonora di “Yclypt” sembra voler comunicare una triste sensazione di nostalgia per una condizione umana smarrita e ripercorribile solo in una condizione onirica o nella riscoperta di antichi sentieri che collegano dimensioni metafisiche dell’esistenza.

La nuova release dell’etichetta Second Language (guidata e curata da Glen Johnson  dei Piano Magic), è un nuovo tassello di quel mosaico sentimentale e musicale che i suoi artisti, pur attraverso sensibilità differenti, stanno da qualche anno cercando di definire, come se lo scopo della label non fosse solo quello di fondare un corpus sonoro coerente, ma anche quello di elaborare un nuovo – e contemporaneamente fuori dal tempo – canone sinestetico, nel quale varie arti vengono a fondersi per raccontare storie e paesaggi.

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