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R Recensione

7/10

David Byrne & Fatboy Slim

Here Lies Love

David Byrne ci ha abituati da tempo a quelle follie e colpi di genio (dalle avventure sonore dei Talking Heads alla diffusione in occidente della musica etnica, o “world music”, quando ancora non si chiamava così) che distinguono un bravo musicista da un artista. Ma “Here Lies Love” ha davvero sorpreso tutti. Intanto perché da Byrne non ci si aspettava una “opera rock” con tutti i crismi. Poi per il soggetto stesso dell'opera, Imelda Marcos, moglie del dittatore delle Filippine. Infine per il compagno scelto per questo lavoro a quattro mani, quel Fatboy Slim che partito da un a semplice ma bravissima pop band, si è trasformato in uno dei più geniali produttori sulla scena internazionale, artefice di suoni innovativi tanto quanto lo furono quelli dei Talking Heads ad inizio carriera.

Ecco come Byrne ha spiegato la scelta del soggetto di questo lavoro: “per me Imelda Marcos è un simbolo. Nella sua vita è diventata molto potente, ha fatto cose terribili. Rappresenta la politica guidata da bisogni psicologici, Il potere che può portare alla follia”.

Byrne ha studiato per cinque anni la vita di Imelda Marcos, e da questo studio intenso è nato un lavoro profondo e completo, che con due cd e un libro di 144 pagine (e un DVD con la registrazione di sei brani live) passa in rassegna tutte le fasi salienti della vita della moglie di un dittatore, amante dei party e del jet – set, e che riuscita a conoscere praticamente tutti gli uomini di potere del suo tempo, da Kissinger a Warhol, da Ronald Reagan a Fidel Castro, da Mao a Giovanni Paolo II (impressionante la carrellata di foto del libro, che la vede ritratta con tutti loro).

I testi, quasi tutti scritti basandosi sulle parole e dichiarazioni degli stessi protagonisti, Imelda Marcos compresa, non danno giudizi di valore o etici, si limitano a raccontare i fatti, fatti che però “parlano” da soli.

Musicalmente il lavoro a quattro mani, con uno scambio preliminare di file e in seguito insieme in sala di registrazione, ha portato ad un disco abbastanza uniforme, la cui caratteristica è data dall'alternarsi delle voci dei protagonisti, interpretate da un cast stellare di ospiti (da citare senza dubbio Cyndi Lauper, Kate Pierson, Steve Earle, Natalie Merchant, Tori Amos).

Molti i brani in classico “Byrne style”, dall'omonima “Here Lies Love”, esempio di tropical lounge con fiati e archi, a “How Are You?”, dai Talking Heads in minore di “Pretty Face” ai ritmi spezzati di “The Whole Man” e “Please Don't”, ai sapori di Caraibi e tropici che ritornano in “Never So Big”.

Molto interessanti “Why Don't You Love Me?” con uno splendido duetto Cyndi Lauper / Tori Amos, per rappresentare la caduta del regime, e “Order 1081” dove una convincente Natalie Merchant interpreta Estrella (la tata di Imelda) in un testo ironico e amaro sulla legge marziale.

Byrne si tiene per sé due brani: “Seven Years”, in duetto con Shara Worden (My Brightest Diamond), e soprattutto la zampata graffiante di “American Troglodyte”, un testo molto esplicito sulla “way of life” americana vista del Centro America.

Tra pop raffinato e di classe e funky, tra soul e disco anni '70, tra riminiscenze Talking Heads e canzone rock d'autore, Byrne mette in mostra tutte le sue doti di grande autore e compositore, per un opera che ora aspetta solo di essere portata in giro nei teatri, essendo quella alla fine la sua sede naturale.

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krikka 7/10

C Commenti

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REBBY alle 8:52 del 3 agosto 2010 ha scritto:

Le mie aspettative forse erano troppo alte...

Sull'aspetto testuale non metto becco, ma per

quanto riguarda quello musicale, per me questo

disco rappresenta, al momento, la più grossa

delusione dell'anno.

REBBY alle 9:05 del 3 agosto 2010 ha scritto:

Ah, dimenticavo, giusto per chi non l'ha ancora

ascoltato (sicuramente Giorgio lo sa), alla track

list mancano 10 brani (totale 22). Magari non ci stavano tutti...

TexasGin_82 (ha votato 4 questo disco) alle 11:24 del 3 agosto 2010 ha scritto:

Che bruttino...

Visti i personaggi coinvolti, anch'io speravo in qualcosa di più.

van zandt, autore, alle 18:25 del 9 agosto 2010 ha scritto:

Sostanzialmente concordo, non è certo uno dei dischi più importanti di Byrne, ma viste le vette in cui è arrivato nella sua carriera, credo sia difficile che possa ancora superarsi. E' un buon lavoro, insolito, coraggioso (anche economicamente), e credo che il giudizio finale lo si possa dare solo dopo averlo visto in scena, essendo un'opera teatrale. Meglio provare strade nuove che riciclare la stessa canzone per 30 anni. Per la tracklist chiedere all'amministratore del sito.