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R Recensione

7,5/10

Stefania Patanè

New Focus

Il nuovo lavoro di Stefania Patanè, suo primo disco da cantautrice, racchiude in se gli amori e le passioni musicali della musicista siciliana: la musica jazz e la canzone d'autore, le radici della sua terra e la world music. Il jazz è presente in maniera evidente in molti brani del disco, a partire da quello d'apertura, “Combimbi”, un ricordo d'infanzia in cui l'autrice parla alla se stessa bambina in un percorso a ritroso che parte dall'inglese, passa per l'italiano, e arriva al siciliano. Un brano molto riuscito, dove la cantante catanese mette in luce la sua splendida voce. Una voce usata per raccontare, ma anche come strumento, come in “Stiddaluci”, in cui ricorre a questa tecnica tipica del jazz, circondata da splendidi musicisti: dall'ottimo piano di Seby Burgio alla splendida chitarra di Enrico Bracco. È un jazz d'atmosfera invece quello proposto in “Grace And Light”, un brano cantato in inglese che nel finale si colora con il dialetto siciliano, suoni popolari e ritmi mediterranei. Ancora il jazz e il dialetto siciliano contraddistinguono la serenata “Nicuzza Duci” (testo e musica sono di Franco Finistrella), in cui spicca il solo di sax del prezioso ospite Javier Girotto. Molto bella anche la jazzata Vai Via” cantata in italiano, con la voce e il pianoforte che si rincorrono fino a una vera e propria esplosione di suoni, con gli assoli del pianoforte e della chitarra, e una batteria che non si limita a tenere il ritmo.

La band che accompagna Stefania Patanè in questo disco (Seby Burgio a pianoforte, basso, synth, tastiere e Francesco De Rubeis alla batteria, oltre agli ospiti Kyungmi Lee al violoncello, Enrico Bracco alle chitarre e Javier Girotto ai sax e flauti andini) è senza dubbio una delle sue carte vincenti, come è evidente anche in “Chiddu Ca Nun Viri”: un brano dal testo bellissimo, ispirato al libro Fai bei sogni di Massimo Gramellini, dove, oltre al bel solo di Girotto al sax, troviamo una band che gira perfetta a sostegno di una voce splendida.

Se il jazz è la base musicale da cui parte Stefania Patanè, quella culturale è senza dubbio rappresentata dalle sue radici siciliane. Radici profonde e ben presenti in ogni brano, e protagoniste in “Cuntala”, un lento e d'atmosfera in cui rievoca il racconto della nonna sulla tragica scomparsa della figlia piccola e del dolore con cui quella madre ha convissuto per tutta la vita, e in “Mamma Lucia”, un adattamento di un testo di anonimo siciliano, su musica di Pippo Caruso. Un brano splendido, che racchiude tutto lo spirito e l'anima del disco: le radici popolari, la canzone d'autore e il jazz, tutto riletto attraverso la sua personale interpretazione e la sua splendida voce.

Quello di Stefania Patanè è un jazz che non rifiuta le contaminazioni con le musiche del mondo, come emerge in “Mission”, un brano veloce e scatenato dove la sua voce diventa strumento, e accompagnata da una band perfetta (ospite anche qui il bravissimo Javier Girotto) ci porta in quello che lei stessa ha definito un vero e proprio giro del mondo in partenza dall'Africa, passando per il Brasile, quindi i mondi contemporanei della fusion newyorkese. In questo percorso s'inserisce “What I Feel” con quei tamburi dal ritmo travolgente che irrompono a metà del brano e su cui recita in siciliano, per poi riprendere con un piano jazz scatenato e il canto in inglese, per una splendida chiusura del disco e di questo bellissimo viaggio nei suoni del mondo.

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