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R Recensione

10/10

Funkadelic

Maggot Brain

Benvenuti nel favoloso e pazzo mondo di George Clinton, l’ideologo del P-Funk, una delle figure più singolari e importanti nella storia della black music. Se James Brown è stato il padrino del soul, colui che ha codificato formalmente il verbo sacro del funk, Clinton è stato,insieme a Sly Stone il primo a farlo copulare con altri generi come il rock e la psichedelia. Riconosciuta è poi la sua influenza presso le successive generazioni: senza di lui non ci sarebbero (o quantomeno non avrebbero la stessa forma) electro, techno (basti ricordare la definizione che ne ha dato Derrick May,”la Techno è come George Clinton e i Kraftwerk bloccati in un ascensore”),crossover (si pensi ad esempio l’enorme influenza che il chitarrista Eddie Hazel ha avuto su Hillel Slovak, il primo chitarrista dei Red Hot Chili Peppers), hip hop (Clinton è uno degli artisti più campionati di sempre, un esempio su tutti la Me Myself & I dei De La Soul costruita su un campione di Not Just Knee Deep).

Dopo gli esordi doo wop con i Parliaments, negli anni cinquanta, la carriera di Clinton si divide fra i Funkadelic e i Parliament (senza la s): come recitano le sacre scritture i primi dediti a un rock a forti tinte psichedeliche, i secondi maggiormente votati al funk e al soul, anche se imbevuto spesso e volentieri di un’improbabile immaginario sci-fi. Maggot Brain, terzo album dei Funkadelic, è una vera e propria mosca bianca (o per meglio dire, nera) nella loro discografia: sin dalla meravigliosa copertina (vera e propria icona della black culture degli anni ’70) messi da parte per una volta la ricerca di good vibrations e gli inni positivisti alla “Free Your Mind And Your Ass Will Follow) i funkadelic escono fuori con il loro disco più aspro, arrabbiato, fratello spirituale dei vari Superfly, There’s a riot Goin’on , quel political funk che sta caratterizzando la black music dei primi anni settanta.

Il cuore nobile del disco è senz’ombra di dubbio caratterizzato dalle due lunghe jam che aprono e chiudono il disco: la title-track e Wars Of Armageddon: introdotta da colpi di mitragliatrice la prima è il capolavoro del genio visionario di Eddie Hazel: sopra una sezione ritmica appena abbozzata, la scena è occupata dalla sei corde del geniale chitarrista newyorkese, un lunghissimo assolo nel quale le note vengono lasciate libere di fluttuare nell’aria, libere,visionarie, struggenti e a tratti mistiche,senza freni in un tripudio di distorsioni, feedback ed effetti spaziali: è la dimostrazione di quanto si possa esprimere tanto senza utilizzare le parole, un autentico flusso di coscienza, che travalica i generi,diventando musica “soul” nel suo significato più alto: musica (che è trasposizione in note) dell’anima, con la chitarra che non è un semplice strumento ma si fonde in un tutt'uno con il corpo, la testa e il cuore del musicista.

Sulla genesi di questo pezzo circolano due versioni: la prima, più che altro una leggenda, narra che l'ispirazione per questo brano venne a George Clinton dopo che scoprì, in un appartamento di Chicago, il cadavere in stato di decomposizione di uno dei suoi fratelli. Una seconda versione, probabilmente più attendibile, afferma invece che Clinton lasciò libero sfogo alla creatività di Eddie Hazel, impartendogli soltanto un'unica istruzione: “Suona come se fosse appena morta tua madre” Per Wars Of Armageddon la definizione migliore è “Apocalypse Funk”, soul da giorno del giudizio, un collage strambo e inquietante. Percussioni orgiastiche, organi deliranti, versi di animali, freakerie assortite, un sabba nel quale si ritrovano a banchettare i Faust, i Red Crayola e i Beatles di Revolution 9 con il loro caos (dis)organizzato.

Ma, sebbene siano queste due jam i veri capolavori del disco, non si pùò fare a meno di citare tutta la tracklist: c’è spazio infatti per una manciata di pezzi che, sebbene non raggiungano il livello dei due brani di cui sopra, sono comunque di alto livello: su tutti l’apoteosi funk-metal di Super Stupid, un brano con il quale Clinton e soci anticipano di tre lustri l’ondata crossover dei vari Red Hot Chili Peppers, Faith No More eccetera, nonchè le future generazioni di rocker neri, dai Living Colour a Lenny Kravitz.

Ci sono poi le atmosfere siderali create dalla batteria iper-satura di You And Your Folks, Me And My Folks, nonché le storte cantilene di Can You Get To That, sorta di folk obliquo con sottofondo di coretti gospel ubriachi, il riff appiccicoso e saltellante di Hit It And Quit It, con tanto di assolo finale di Hazel che insegna due o tre cose a Slovak e Frusciante. In definitiva, questo disco è un must irrinunciabile per ogni appassionato di black music che si rispetti.

V Voti

Voto degli utenti: 8,9/10 in media su 23 voti.
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loson 7,5/10
REBBY 7/10
tecla 9/10
mattia8 10/10
Cas 8/10
D10S 10/10
bart 8,5/10
B-B-B 9,5/10
Lelling 9,5/10

C Commenti

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fabfabfab (ha votato 10 questo disco) alle 9:24 del 10 febbraio 2011 ha scritto:

Che disco, chi non ce l'ha (??) provveda subito. Bravo Giacomo, bella recensione.

Alessandro Pascale (ha votato 9 questo disco) alle 10:32 del 10 febbraio 2011 ha scritto:

spettacolo!

Splendida rece Giacomo!

I 9 minuti abbondanti di Maggot Brain sono forse l'apice della psichedelia guitar che neanche Jimi Hendrix è riuscito a raggiungere. Puro godimento lisergico

NathanAdler77 (ha votato 9 questo disco) alle 17:57 del 10 febbraio 2011 ha scritto:

Back In Our Minds

Album straordinério, sempre sia lodato Giorgione Clinton! E soprattutto applausi a quel pazzesco chitarrista chiamato Eddie Hazel (la title-track spara Hendrix e Sly Stone nella stratosfera). "Super Stupid" è tutto quello che avrebbe voluto essere Lenny Kravitz, "Hit It And Quit It" fondamentale per i Peperoncini Rossi. Pietra miliare del crossover.

FrancescoB (ha votato 8 questo disco) alle 20:48 del 10 febbraio 2011 ha scritto:

Grande disco. "Maggot Brain" è fra i brani più belli di sempre, intensissimo e vibrante, non concede soste. Spargerà semi ovunque: basti pensare al Principe di Purple Rain.

Ah, recensione notevole.

Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 17:24 del 11 febbraio 2011 ha scritto:

Embè!

bart (ha votato 8,5 questo disco) alle 12:53 del 25 febbraio 2011 ha scritto:

Il brano che dà il titolo al disco è davvero fenomenale. Credo che mi procurerò tutto l'album.

ThirdEye (ha votato 9 questo disco) alle 18:26 del primo ottobre 2011 ha scritto:

Madonna che album! A mio avviso i primi tre dei Funkadelic son tutti di altissimo livello, con questo un mezzo gradino sopra. Questi sono i Funkadelic che preferisco, più Hendrixiani e grezzi. Poi, nonostante la qualità sarà ancora alta (One nation under a groove), non mi prendon piu'.

stefabeca666 (ha votato 9 questo disco) alle 22:01 del primo ottobre 2011 ha scritto:

Le influenze che convivono in questo disco non sono assolutamente pari al numero di band/generi influenzati a loro volta da questo disco. E il mio italiano è davvero qualcosa di speciale.

Ugo Giustizieri (ha votato 10 questo disco) alle 13:49 del 31 gennaio 2012 ha scritto:

uno dei dischi più belli della storia...

Utente non più registrato alle 14:36 del 2 marzo 2012 ha scritto:

Che gruppo...e sulla medesima lunghezza d'onda trovo grandissimi anche i Tower Of Power e i Mandrill.

bart (ha votato 8,5 questo disco) alle 18:46 del 6 febbraio 2015 ha scritto:

Avevo detto che la title track era fenomenale. Il resto del disco lo è un pò meno, ma comunque grandioso!