Prince
1999
Folletto è uno di quei diabolici sostantivi letali per la mia gastrite, specie se loggetto della discussione non sono le saghe celtiche e Frodo Baggins. Nel caso dellesplosivo metro e 57 di Prince Rogers Nelson sembra un giustificato déjà-vu, tutto sommato meno fastidioso dei sorrisi nazi di Belpietro: la venerabile cricca degli scribacchini rnr, che spesso ignora tra i suoi optional preferiti lo Zanichelli, almeno per questa volta è assolta. Erano invece ottusi come un editoriale minzoliniano i fessi maghi Otelma che negli anni Ottanta etichettavano il Principe un cialtrone da furbesca muzak, che osava (sacrilegio!) fare linsaziabile sporcaccione con orge soniche di soul, disco, funk, Jimi Hendrix e tanto, tanto sesso. Il trasgressivo folletto di Minneapolis, nato il 7 giugno 1958 dal pianista jazz John L. Nelson e Mattie Shaw, aveva già lavorato ai fianchi il muffoso conformismo musicale dellepoca con il capolavoro soft-porno Dirty Mind, svelto tour-de-force dove lomino fetish sfogava senza ipocrisie le sue fantasie sessuali ( i pensieri porcelli sulla sorella in Sister) e magnificava la nobile arte della fellatio (Head). E giusto per non sminuire la sua esigente verve pruriginosa era solito presentarsi sul palco con un impermeabile sospetto che celava slippino, reggicalze nero e tacchi a spillo. Un maniaco, insomma, una prostituta tout-court in vendita allaudience rock che nei tour amava circondarsi di accompagnatrici mozzafiato degne del paginone centrale su Playboy.
Voi prendereste sul serio un tipo del genere? Io si, e forse riuscirebbe anche a vendermi unauto usata (figurarsi una piccola Chevy Corvette rossa del 56). Non la pensavano così i fans inferociti dei Rolling Stones che lo riempirono con ortaggi, uova e polli fritti, nella tournée americana da supporter dellottantuno, convinti che quel Little Richard sadomaso volesse prenderli per il culo. Ma arriveranno giorni migliori, arriverà la gloria anticipata del nuovo millennio. Nel booklet interno del cruciale 1999 una fulminante immagine spiega lessenza dellartista Prince meglio di tante parole o frasi a effetto: nella foschia notturna di una camera da letto illuminata da luci al neon e laser pacchiani emerge la sagoma nuda come un verme del cantante, una controversa e sensuale creatura coperta solo dal velo violaceo della coperta sul fondoschiena, in un'incredibile posa plastica che ricorda lultima Marilyn. Piccolo e non trascurabile particolare parliamo di un maschio afroamericano, dalle ultra-kitsch dimensioni tascabili e sessualmente ambiguo, una vera bomba ad orologeria per i bigotti benpensanti degli States. Penso che basti a spiegare follia e genialità dellartista comunemente conosciuto come Prince.
Don't worry, i won't hurt u. I only want u 2 have some fun. I was dreamin' when I wrote this Forgive me if it goes astray, but when i woke up this mornin' coulda sworn it was judgment day
Una potente estetica sexy e peccaminosa, sempre sullorlo del sublime falsetto orgasmico a base di sventole chiamate Apollonia, Vanity, Wendy & Lisa, Sheena Easton, Sheila E. ( il suo harem di musicistecoristeamanti trentanni prima dei bunga-bunga ad Arcore), che copulava compiaciuta con il groove di zio George Clinton, lacido assolo del funkadelico Eddie Hazel e le movenze arrapate di un Mick Jagger in overdose anfetaminica. La maionese impazzita dancepoprock del Principe fu lalba di un crossover concettualmente blasfemo, quando il rock e il funky erano perlopiù ghetti musicali ancora autistici, e fece di Mr. Nelson un fuoriclasse in grado di annientare qualsiasi concorrenza, nonostante il volenteroso contraltare angelico (angelico?) Michael Jackson, comunque più occupato a entrare nella pop-culture con vendite mostruose, moonwalk e videoclip-kolossal. Benissimo farà la Warner a fiutare subito il talento inusuale del Genio di Minneapolis, ingaggiandolo appena maggiorenne con un fluviale contratto, studi di registrazione high-tech e fior di musicisti a disposizione, che serviranno però ben poco allambizione smisurata del giovane multistrumentista, animato da un folle stakanovismo zappiano e capace di scrivere, suonare, arrangiare e produrre in completa solitudine un disco allanno dal fatidico 1978. Dopo un ventennio finirà a pesci in faccia, demenziali cambi di nome e proclami di emancipazione dal sistema major, ma questo è un altro (divertente) capitolo del nostro eroe.
'Cuz they say two thousand zero zero party over, oops out of time. So tonight i'm gonna party like it's 1999
Una voce filtrata dautoma del terzo millennio e il battito sincopato di un funk sintetico annunciano un nuovo suono black antropomorfo e unico (capito cari Beck, Outkast e Neptunes?), parte la filastrocca anti-nucleare dellhit 1999, un classicone destinato allimmortalità dei futuri concerti. A seguire la title-track, se non si fossero capite le intenzioni del Nostro, altri due singoli da urlo: le note spazzolate e tastiere vischiose che inquietano di nubi digitali la stupenda Little Red Corvette (con il solo chitarristico e i cori di Dez Dickerson) e lassurdo cabaret synth-pop di Delirious, tra Kid Creole, i Devo e il manicomio. 1999 è un pachiderma-Frankenstein di settanta minuti che irride e celebra i maestri James Brown, Sly Stone e Funkadelic in uno sfrenato baccanale electrofunksoul, osservato attraverso una lente dingrandimento new-wave che fa locchiolino a Bowie, Talking Heads e Kraftwerk, e lingordigia pantagruelica di un John Holmes in jam session con Moana e Ilona ( il sintetizzatore marziale della maliziosa Lets Pretend Were Married, che chiarisce bene quali siano i principali doveri coniugali di una brava mogliettina secondo Prince).
Mommy, why does everybody have a bomb?
Il piccolo grande Principe vuole strabiliare con effetti speciali sul dancefloor degli studi Sunset Sound di Minneapolis e un camaleontismo timbrico da post-moderno Zelig rock, a spasso tra un potente e passionale vibrato soul, calde profondità blues e lesibizionismo sfrontato dei falsetti puttaneschi (gli oltre otto minuti di roboante party cibernetico pre-Daft Punk in D.M.S.R., laltrettanto lunga Automatic, odissea electronica con una coda di algida psichedelia da standing-ovation, e il nevrotico Brian Eno sotto i fumi dellalcol krauto di Something In The Water). Lelectro-funk tentacolare di 1999 non concede tregua fino al pianoforte retoricamente commosso della ballata pacifista Free, che incrocia passo delloca, Beatles e Queen a dieta da baracconate pomp, e agli sguardi voyeur dallo specchietto retrovisore mentre una batteria scalpitante e il basso sinuoso sagitano fra gli erotici mugolii di signorine in calore nel nome del padrino James Brown (scopriremo alla fine del torrenziale funk-rock Lady Cab Driver cosa ci faceva Prince nel taxi). Chiude lestenuante amplesso del signor Nelson il Curtis Mayfield solennemente eccitato nellorgoglioso e languido manifesto artistico di International Lover. Verranno poi i milioni di copie bagnate dalla pioggia porpora, i giri intorno al mondo di un giorno, le riflessioni sociali nel segno dei tempi e (inevitabile) lamoresesso supremo però il folletto, pardon, geniale Prince scrive punto e a capo sulla sua arte tra questi solchi. Il 1999 era già arrivato il 27 ottobre 1982.
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