R Recensione

9/10

The Sound

Jeopardy

Storia bella ma sfortunata quella dei Sound : bella perchè si tratta di una delle band più importanti del panorama post-punk britannico; sfortunata perchè mai riusciranno a raggiungere il successo, che sarebbe stato più che meritato. Rimarrà infatti purtroppo la classica band con recensioni a cinque stelle, ma ingiustamente sottovalutata dal grande pubblico, per essere poi parzialmente riscoperta vent’anni dopo (vero Killers e White Lies?).

Formatisi a fine anni Settanta, i Sound si inseriscono a pieno diritto nella scena new wave di Liverpool, che grazie a formazioni come Echo & The Bunnymen, Teardrop Explodes e Wah!, farà rivivere alla città sulle sponde del fiume Mersey un ruolo di primo piano dopo i fasti dell’era Beatlesiana. Il leader indiscusso della band è ovviamente il cantante Andrew Borland, artista dotato di una sensibilità e un carisma non minore a quello di Ian Curtis, e come quest’ultimo anch’egli destinato,ahilui,ad una tragica fine (si suiciderà infatti nel ’90).A completare la formazione ci sono Graham Green (basso), Mike Dudley (batteria), Bi Marshall (tastiere) e Max Mayers (anch’egli alle tastiere).

L’esordio avviene nel 1980 appunto con Jeopardy ed è un capolavoro assoluto: per urgenza espressiva, per capacità compositve, per le atmosfere cupe ma allo stesso tempo romantiche, capace di essere scarno ma allo stesso tempo viscerale, nonchè di racchiudere in sè influenze che fanno sì da non classificare questo disco semplicemente come dark-wave.

L’uno-due che apre il disco è da mozzare il fiato: l’opener I can’t escape myself, che con le sue folate sintetiche e la progressione ritimica reminescente del motorik beat dei Neu! di Hallogallo, richiama alla mente certo krautrock germanico di primi ’70. Magistrale poi l’interpretazione di Adrian Borland che conferisce al pezzo quella sensazione di rabbia inesplosa, di incapacità,che ben raffigura l’impossibilità di fuggire da se stessi, narrata dal testo. E poi Heartland, l’archetipo della canzone new wave, con quelle tre note di synth, la sezione ritmica costantemente in primo piano,le chitarre nevrotiche e le aperture melodiche che caratterizzano il refrain.

Dicevamo che uno dei maggiori pregi del disco (che poi è il pregio che tutti i grandi capolavori possiedono) risiede nella sua capacità di alternare influenze ed atmosfere varie, pur non perdento in compattezza ed omogeneità: ecco quindi convivere vere e proprie sfuriate punk come Heyday a gioiellini a tinte pop che farebbero la fortuna di tanti gruppi odierni come la title-track Jeopardy (la più melodica del disco), passando per infuocati boogie dalle atmosfere ai limiti del glam di World Fail Me, con quelle spruzzate di sax che ricordano tanto gruppi coevi come Psychedelic Furs e Only Ones.

Ma a dominare il disco sono sicuramente quei pezzi dal mood più introspettivo come la rabbiosa invettiva antiguerra di Missiles, con la voce di Borland che cerca disperatamente di farsi strada fra selve di synth e chitarre che gridano vendetta, o le atmosfere plumbee di Hour Of Need, che suona come farebbero Doors e Neu! se si fossero incontrati al Cavern nei primi anni ’80. Ma due sono i pezzi più affascinanti di tutto il disco: il primo è Night Versus Day, allucinato,cupo e con un Borland in versione Iggy Pop di The Passenger, ma se possibile ancora più drogata e sconvolta, drumming metronomico e basso martellante,chitarre e synth impegnati a disegnare spirali ossessive: Funk come lo si suonerebbe in Purgatorio. Il secondo pezzo, posto a degna conclusione del disco, è Desire,song scarna e minimale,caratterizzata dall’inquietante sibilare dei synth, e dalla solita maestosa performance di Mr Borland, un crescendo di passionalità e disperato romanticismo, sciamanico come un novello Jim Morrison nella Gran Bretagna della generazione Post-Punk; forse la più Joy Division del lotto.

Dopo questo splendido esordio, osannato dalle principali riviste britanniche come Sound e Melody Maker,ma sfortunato commercialmente parlando, i Sound daranno alle stampe altri lavori, alcuni anche di ottimo livello come il successivo From The Lions Mouth, ma nessuno di questi saprà più ripetere la magia dell’esordio.

V Voti

Voto degli utenti: 8,1/10 in media su 14 voti.
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target 9/10
REBBY 8/10
Cas 8,5/10

C Commenti

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target (ha votato 9 questo disco) alle 9:48 del 23 marzo 2009 ha scritto:

Discone. E "I can't escape myself" è una canzone da tatuarsi addosso.

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 11:04 del 23 marzo 2009 ha scritto:

troppa grazia

musicalmente troppo derivativi e liriche infantili pacchiane che curtis si rivolta nella tomba

disco discreto ma diventato capolavoro leggendario in italia

target (ha votato 9 questo disco) alle 11:52 del 23 marzo 2009 ha scritto:

Sì, della loro derivatività se ne era già parlato in calce a "from the lions mouth", ma sui testi pacchiano/infantili non sono d'accordo.

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 11:59 del 23 marzo 2009 ha scritto:

pacchiana

Missiles by The Sound

Deep in the country

The factories hide

Where they make the missiles

That run our lives.

Who the hell makes those missiles?(3x)

When they know what they can do?

They've got the money.

They've got the know-how.

It's all above our heads;

It's coming down now.

Missiles cause damage

And make an eerie sound.

Missiles leave carnage

Where there once was a town.

Who the hell makes them?

Who the hell makes them?

Who the hell makes those missiles?

When they know what they can do?

Missiles cause damage

pure LOL

quelle poi sul versante esistenziale stendiamo un velo pietoso

target (ha votato 9 questo disco) alle 12:07 del 23 marzo 2009 ha scritto:

Liberamente: "Nelle campagne profonde si nascondo le fabbriche dove costruiscono i missili che ci guidano in vita". Non capisco dove stia la pacchianeria. Ma d'altronde è questione di gusti, sensibilità, predisposizioni umorali. Ci sono molti che sboccano sopra i testi di Vasco Brondi, per me sono letteratura. Potremmo continuare all'infinito.

Mr. Wave (ha votato 8 questo disco) alle 19:32 del 23 marzo 2009 ha scritto:

Una delle opere più significative ed ingiustamente sottovalutate della new wave inglese. Bella rece- Giacomo, complimenti [voto: 8.5]

benoitbrisefer (ha votato 9 questo disco) alle 22:24 del 23 marzo 2009 ha scritto:

Altra pietra miliare del post punk e, pur nella diversità dei suoni, l'altro capolavoro dei Sound insieme a From The Lions Mouth. Sulla questione testi non dimentichiamoci che pochissimi sono i musicisti in grado di essere contemporaneamente e, a prescindere, poeti... per lo più un testo "normale" può fare più o meno buona figura in base al contesto musicale, alla carica emotiva trasmessa che può suscitare nell'ascolatatore una impressione decisamente migliore che non sia quella di una fredda lettura delle parole (facciamo un esempio per restare nell'antimilitarismo: Walked In Line dei Joy Division, ridotto alla sola espressione verbale, è piuttosto ingenuo; tutto cambia se lo mettiamo in relazione con la carica di rabbia emotiva, con l'ipnotico ripetersi dei versi accompagnato dal martellante incedere di basso e batteria. Non è più lo stesso testo che abbiamo letto avulso dal suo contesto sonoro...).

Bene la recensione e concordanza sul voto. Tuttavia Borland è morto nel '99.

Infine consiglio di visitare l'ottimo sito dedicato a Borland e ai Sound: www.brittleheaven.com

ozzy(d) (ha votato 6 questo disco) alle 19:49 del 25 marzo 2009 ha scritto:

mah, solo in italia questo album e' considerato questo grande capolavoro...proprio perche' da noi, soprattutto inambito webzinaro eheh, la parola "onda" qualsiasi cosa contenga e' considerata capolavoro o quasi....non a caso nel famoso libro di reynolds sul post punk questi non vengono cagati manco di striscio ( se non ricordo male, altrimenti fatemi pure fustigare da stokerilla ghghghgh....)

Dr.Paul alle 20:52 del 25 marzo 2009 ha scritto:

in italia l'effetto domino è assicurato! ) il disco è carino, ma come ho detto nell'altra rece c'erano una dozzina di band piu brave di loro!

fabio.minotti82 (ha votato 8 questo disco) alle 11:57 del 19 aprile 2009 ha scritto:

polemiche inutili. Jeopardy è un bel disco. Certo i testi non sono quelli di Ian Curtis. Ma questo non vuol dire. Non conoscerlo sarebbe comunque un peccato.

zuzzurellone (ha votato 9 questo disco) alle 18:39 del 17 agosto 2010 ha scritto:

Spezzo 2-3 lance in favore degli amici Sound

Missiles ha un testo semplice che si interroga sull'assurdità delle armi di distruzione di massa, è stata scritta quando si era in piena guerra fredda e l'incubo nucleare era ancora più forte di oggi, quindi si può dire di tutto ma non che sia pacchiana; l'interpretazione drammatica di Borland poi la rende una canzone da brivido.

Il fatto che Reynolds li abbia snobbati vuol dire poco, Rip It Up and Start Again è un bel libro ma non la Bibbia, ci sono diversi gruppi fondamentali manco nominati o liquidati in poche righe mentre pipponi tipo Frankie Goes To Hollywood sembrano imprescindibili.

Questo è davvero un bel disco sia per il songwriting che per l'espressività e originalità delle tastiere e del cantato (probabilmente Bono ha preso appunti).

benoitbrisefer (ha votato 9 questo disco) alle 22:59 del 18 agosto 2010 ha scritto:

e bravo zuzzurellone

Io di lance per i Sound ne spezzerei anche cento, ma sono troppo di parte. Per quanto riguarda poi il buon Reynolds, fra l'altro, ha totalmente dimenticato (altro che snobbare!) un altro gruppo fondamentale del post punk come gli Psychedelic Furs i cui due primi dischi sono veri capolavori.... mah!!!!... E poi giù paginate sugli Scritti Politti (doppio mah!!)

shadowplay72 alle 0:50 del 27 novembre 2017 ha scritto:

Grande disco post punk!