V Video

R Recensione

8/10

Radiohead

A Moon Shaped Pool

I'm not living, I'm just killing time

Your tiny hands, your crazy-kitten smile

Partiamo dalla fine, che è come partire dagli inizi.

True Love Waits” chiude i giochi, undicesimo pezzo del nono disco in studio dei Radiohead, eppure brano vecchissimo, del lontano 1995, ed eseguito live più e più volte, malgrado qui si viaggi in altre dimensioni, senza chitarre ma col pianoforte mattatore ed echeggiante, medesima è la malinconia. Ed è significativo, forse, che torni ora: una canzone invero scritta per Rachel, ormai (da poco) ex compagna di Yorke, che sconsolato cantava e canta “just dont’ leave / don’t leave”.

 Partiamo dalla fine, che è come partire dagli inizi. Come anfora capovolta, che sta in piedi lo stesso. E lo facciamo per sabotare le curiose sistemazioni di Yorke e compagni, che dispongono i pezzi in ordine alfabetico e che così un po’ stroncano il concetto di album. Partiamo dalla fine, per dire quanto questo disco annulli gli elementi sovversivi. Che non taglia i fili col passato (ci sono agganci con la trascendenza produttiva di “Amnesiac”, la grazia negli arrangiamenti di “In Rainbows”, il vuoto interiore di “The King of Limbs”, la protesta distopica di “Hail To The Thief”), che ha le stesse sembianze angoscianti, narcotiche, lente, intimiste e disilluse a cui i ragazzi – ora uomini – di Oxford ci avevano abituati. Le stesse sembianze (ché il miagolio di Yorke è sempre lo stesso; che non è voce, il miagolio, ma è suono anche quello, ed è lamento, tra i lamenti delle note), certo: ma con un senso, attorno, nuovo. 

A Moon Shaped Pool” (prodotto, come sempre, dal sesto Radiohead Nigel Godrich) è infatti, per gestalt, un disco esteticamente compiuto, una transizione basata su un processo creativo antico, incastonato in una sensibilità adulta (perché no metafisica, in certi passaggi) che sembra a tratti sprigionarsi, librare verso luoghi celestiali. Un lavoro che distilla, qui e là, dosi d’oppressione e paranoie/denunce sociopolitiche (stay in the shadows / cheer at the gallows / this is a round-up / this is a low-flying panic attack) sul mondo contemporaneo (il motorik brumoso di “Ful Stop”, summa di groove glaciale kidaiano, tensione HTTT e gioco di specchi à la “In Rainbows”; il tema e il crescendo d’archi “Burn The Witch”, la quale come idea risale, non a caso, ai tempi di “Hail To The Thief”), usati come espedienti più che farne temi dominanti. 

Un lavoro che tende ad avvolgere ogni cosa, le textures dei brani e i rintocchi di piano a squarciare le tenebre (“Decks Dark” - Phil Selway grandioso), di magia universale - cascatelle cromatiche, come pioggia terapeutica che lenisce il dolore umano. E se anche c’è tragedia, i suoni la rasserenano (“Desert Island Disk”; la protesta ambientalista di “The Numbers”; “True Love Waits”). Sono tornati, di base, a strutture più tradizionali, i Radiohead: a parlare attraverso una musica che pone al centro l’armonia tra le parti, invece di destrutturare ogni cosa - il glitch totale di “The King of Limbs”, così come tutto il lavoro solista e parallelo di Thom Yorke.

In “A Moon Shaped Pool” l’elettronica non è più padrona assoluta; non si erge portabandiera di rivoluzioni musicali postmoderne (“Kid A”): spesso funge, splendida, da corredo. Un corredo prezioso, che esalta trame (la chitarra spezzettata, i cuori spezzati, il basso/pelli di “Identikit”; il taglio iberico/bossanova di “Present Tense”) di folk intarsiato, abbraccia archi minimali in struggimenti trascendentali (“Glass Eyes”), si fa polvere e tappeto su cui piangere, minimale, estasi e vero amore (“True Love Waits”). La sola “Tinker Tailor Soldier Rich Man Poor Man Beggar Man Thief” (qualcosa a cavallo tra l’estetica “Kid A”, fluttuazioni altezza “Amnesiac” e DIYTomorrow’s Modern Boxes”) può dirsi completamente dipendente dell’elettronica, per scrittura.

È un disco a metà brani già proposti live e b-side ("True Love Waits"), il nuovo Radiohead: la bellissima “Present Tense”, già nell’archivio dal 2009 e suonata dal vivo con la formazione degli Atoms for Peace, tra monumentali incastri di cori e arpeggi. Anche “Identikit”, qualcosa Portishead, è nelle scalette dal 2011 (così come “Ful Stop”): il coro della London Contemporary Orchestra, a metà brano, è tra i momenti più sognanti di tutto l’album. Orchestrazioni che Jonny Greenwood, ormai veterano delle soundtracks (per i film di Paul Thomas Anderson, che firma la regia di “Daydreaming”), mette davvero ovunque. Potenziando il tratto sognante, non epico, del disco; tratto dominante nell’arpeggio per chitarra acustica di “Desert Island Disk” - la quale ricorda il Nick Drake più inquieto.

Daydreaming”, filmica e ipnotica, allegoria della caverna, cuore pulsante del disco, mescola il dramma esterno a quello tutto interiore di Thom, la musica russa alla fine; ed è il classico gioco della voce che è riprodotta al contrario, pare dica Efil ym fo flah, quindi Half of My Life, le ventitré porte che potete contare e attraversare nel video. Con lo spettro di Rachel (the damage is done) che ingombrante torna.

Potrebbe sembrare un disco posticcio, questa prova del nove dei Radiohead, visto quanto materiale appartenga al loro passato e quanti rimasugli accolga. Ma a noi piace pensare che Yorke sia come un poeta che, per scelta, ha scartato nel corso dei lustri alcune liriche. Senza bruciarle, senza dimenticarle, ma solo perché ha ritenuto non fosse quello il loro momento di brillare. È qui, dunque, in “A Moon Shaped Pool”, è nel riflesso della luna sulle acque tremule di una piscina, che i Radiohead hanno ritenuto opportuno divulgare quelle canzoni. E farle bruciare di una nuova e giusta luce.

 

V Voti

Voto degli utenti: 7,4/10 in media su 46 voti.
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Lepo 3,5/10
gesan 8,5/10
belo 9/10
max997 9/10
creep 8/10
Dr.Paul 6,5/10
zebra 8,5/10
Alcini 9,5/10
gramsci 6,5/10
Vatar 7/10
demyan 10/10
ThirdEye 7,5/10
Cas 5,5/10
facco 9/10
babet 9,5/10
luca.r 6,5/10
giosue 7/10
stenfio 7,5/10
K.O.P. 4/10
Dengler 9,5/10
Grind 8/10
Sandro 10/10

C Commenti

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fabfabfab (ha votato 6 questo disco) alle 9:19 del 16 maggio 2016 ha scritto:

Ossantocielo!

zagor alle 13:24 del 16 maggio 2016 ha scritto:

perfidissimo lepo che piazza un 3.5 ammazzamedia lol

Lepo (ha votato 3,5 questo disco) alle 14:50 del 16 maggio 2016 ha scritto:

Ahahahah non l'ho fatto tanto per ammazzare la media, quanto perchè l'album mi ha fatto genuinamente ronfare di brutto. La recensione comunque la voglio leggere per bene.

dario1983 alle 17:59 del 16 maggio 2016 ha scritto:

Bah... Ormai hanno raggiunto l'aura di "gruppo di cui non si butta via niente", di quelli per cui si urla al capolavoro anche per una raccolta di scarti di vecchi dischi come questo loro "nuovo" album.

Ma c'è anche da dire che quest'aura di intoccabilità se la sono guadagnata.

gull alle 18:48 del 16 maggio 2016 ha scritto:

C'è anche da dire che questi "scarti" sono ottimi e molto, ma molto, ben prodotti.

dario1983 alle 18:54 del 16 maggio 2016 ha scritto:

Sì, ma dopo quattro anni di silenzio da una band del genere ci si aspetta qualcosa in più di una rivisitazione di vecchi brani.

Secondo me è sintomo che le idee iniziano a scarseggiare.

Di certo non è il loro nuovo album.

Totalblamblam alle 19:25 del 16 maggio 2016 ha scritto:

se è una raccolta di scarti speriamo che sia dunque il loro the final cut ( album ciofeca sia detto)

Lepo (ha votato 3,5 questo disco) alle 19:49 del 16 maggio 2016 ha scritto:

Ma magari, se lo possono solo sognare un the final cut!

Totalblamblam alle 19:54 del 16 maggio 2016 ha scritto:

se vabbé un disco di scarti anche quello e pure mediocre

Lepo (ha votato 3,5 questo disco) alle 21:07 del 16 maggio 2016 ha scritto:

Ma anche no LOL. Disco emozionante, con parecchi ottimi pezzi (3-4 capolavori proprio), grandi arrangiamenti ed interpretazioni. Bisognerebbe iniziare a rivalutarlo, altroché!

Totalblamblam alle 21:11 del 16 maggio 2016 ha scritto:

quindi messa così meglio di the wall LOL ma dai disco stracciapalle di waters

Lepo (ha votato 3,5 questo disco) alle 23:07 del 16 maggio 2016 ha scritto:

Ahah no, meglio di The Wall no, ha più difetti, però sicuramente trovo molto ma molto più stracciapalle i tanto blasonati dark side o ummagumma. Comunque ora mi taccio, sono ultra off-topic, asd.

belo (ha votato 9 questo disco) alle 22:46 del 16 maggio 2016 ha scritto:

1) The Final Cut è un grandissimo disco, ma visto il vostro " livello" è inutile anche discuterne.

2) Con quale coraggio dite che l'album è composto da scarti, quando tutte le 11 tracce sono inediti, tranne True love, ma è apparsa in una raccolta live quindi neanche "vale".

Ma prima di commentare accendete il cervello?

zagor alle 22:50 del 16 maggio 2016 ha scritto:

beh almeno la recensione ti è piaciuta? benvenuto comunque

belo (ha votato 9 questo disco) alle 23:02 del 16 maggio 2016 ha scritto:

La recensione non è niente male, anzi, una delle migliori che abbia letto riguardo il disco. Non concordo però sul fatto che vengano chiamate "b-side".

Lepo (ha votato 3,5 questo disco) alle 23:10 del 16 maggio 2016 ha scritto:

belo belittimo, io non ho fatto alcun riferimento a questo disco dei Radiohead come a un disco di scarti, lo so bene che solo True Love è apparsa precedentemente, rispondevo a Lazarus soltanto in merito al 'disco mediocre' con cui ha bollato Final Cut! Legga meglio!

belo (ha votato 9 questo disco) alle 23:14 del 16 maggio 2016 ha scritto:

Mi riferisco a Dario e Lazarus...però pure lei che mi da 3,5 al disco perchè " mi ha fatto ronfare" non è meglio.

Lepo (ha votato 3,5 questo disco) alle 23:51 del 16 maggio 2016 ha scritto:

Ah ok, chiedo venia, avevo inteso male! Comunque su questo dei Radiohead, boh... L'ho trovato proprio monotono, sensa sussulti.. Bel lavoro sulle textures, ma canzoni molto deboli e Yorke ormai divenuto un cantante noiosissimo

belo (ha votato 9 questo disco) alle 23:57 del 16 maggio 2016 ha scritto:

allibito.

Lepo (ha votato 3,5 questo disco) alle 11:17 del 17 maggio 2016 ha scritto:

Desolato :/

woodjack (ha votato 8 questo disco) alle 19:10 del 16 maggio 2016 ha scritto:

io invece sono d'accordo con questa riflessione: "Potrebbe sembrare un disco posticcio, questa prova del nove dei Radiohead, visto quanto materiale appartenga al loro passato e quanti rimasugli accolga. Ma a noi piace pensare che Yorke sia come un poeta che, per scelta, ha scartato nel corso dei lustri alcune liriche."

Credo sia stato più o meno il modus operandi dal 2000 in giù (cos'è Amnesiac, tecnicamente, se non un disco di "scarti"?). Si stronca appunto il concetto di album (come osservato), che diventa raccolta/laboratorio/fucina, persino cantina. Il risultato è che i Radiohead si aggiornano sempre rimanendo sempre fuori dal tempo, in un eterno work in progress (da qui il senso di incompiutezza di molti loro dischi). Eppure alla fine della fiera riescono a dare una coerenza interna al loro discorso in virtù di una capacità di "rileggersi" ogni volta in maniera diversa, specchiandosi nella contemporaneità. E soprattutto imprimono ancora una cifra stilistica così forte da esser capace di sommuovere amori e idiosincrasie un po' come i gruppi di 30 e passa anni fa... e trovatemi oggi un gruppo che ci riesce! Ben vengano quindi i 3 come gli 8.

Quanto al disco, sembra che vogliano rifare In Rainbows con più mezzi e consapevolezza: laddove il primo suonava un po' di maniera, quando il sinfonismo rappresentava un colore (o un condimento se vi piace di più), qui diventa elemento centrale a tal punto che, come ho letto anche altrove, in molti pezzi l'aspetto melodico (e il ruolo della voce in generale) passano in secondo piano, diventano UNO degli elementi della struttura, fondamentalmente - come dicevo nel commento su Blake - di stampo post-minimalista (Adams, l'ultimo Glass, Part, Gorecki e compagnia bella non saranno stati certo degli estranei per i nostri). In fondo il pezzo d'origine, ripescato che sia o no, è quasi solo un pretesto, la base di un trattamento (avrebbero anche potuto fare un disco di cover, per paradosso), è la musica che c'è intorno il vero centro, imho, e questo è un punto di forza e non di debolezza (gli ultimi lavori di Lamar proclamano, con un linguaggio diverso, la stessa filosofia). Abbandonare le destrutturazioni significa strutturare, il che non vuol dire necessariamente abbracciare il concetto di forma-canzone, nel 2016 ancor più che un tempo solo una delle opzioni possibili. Gli inserti corali, per fare esempi, mi ricordano un disco dei Wildbirds & Peacedrums, il malcagato Rivers di qualche anno fa ma pure, senza andare lontano, la prova di Matana Roberts dello scorso anno (in un contesto assai diverso), certi pattern minimali che si aprono imprevedibilmente rimandano all'ultima prova della Newsom. Per dire che suonano tutto fuorchè fermi a 15 anni fa, eppure, come hanno fatto i due bravissimi recensori - il cui scritto mi trova concorde pure sulla punteggiatura - si possono trovare mille riferimenti al loro passato, come a dire che in fondo le intuizioni primigenie, talvolta saccheggiate in maniera scoperta e superficiale da epigoni di seconda categoria, talaltre in maniera più sottile da artisti di alta caratura, erano ancora le loro.

gull alle 19:29 del 16 maggio 2016 ha scritto:

bravissimo, concordo

Dr.Paul (ha votato 6,5 questo disco) alle 19:59 del 16 maggio 2016 ha scritto:

Li chiameremo i radiootto, sotto l'otto non vanno mai. questi seppelliscono beatles, dylan e bowie .... in men che non si dica...

zagor alle 21:03 del 16 maggio 2016 ha scritto:

beh su rate your music hanno due dischi tra i primi 5 overall....sono già i piu' grandi di sempre LOL

Totalblamblam alle 21:14 del 16 maggio 2016 ha scritto:

che aspetti a votarlo zagor? io non l'ho sentito a parte questi due video: il secondo sembra un pattern di steve reich, il primo siamo al messianesimo con yorke che ha finalmente raggiunto suo luccichio ptosico

woodjack (ha votato 8 questo disco) alle 23:14 del 16 maggio 2016 ha scritto:

ahahahah ti aspettavo al varco! ma tu non li hai mai sopportati, non vale! (e mi sa che non sei il solo a quanto leggo, ma va benone, come dicevo vuol dire che è uno dei pochi gruppi che ancora muove emozioni di pancia, in un mondo musicale fatto ormai di ascolti veloci, voraci e spesso cerebrali)... per me sicuramente non sono andati mai sotto il 6,5... che non è poco lo stesso! e poi tutte le volte a scomodare i santi... allora mettiamo 5 politico a tutti, tanto un altro Revolver non lo scriverà nessuno PS: Final Cut sì che era una trombonata alla Waters e nulla più, non ha nè la ricerca nè la cultura di un disco del genere. Se poi parliamo di emozioni, ognuno si emoziona come vuole, chiaro.

woodjack (ha votato 8 questo disco) alle 23:33 del 16 maggio 2016 ha scritto:

a proposito di "scarti", mi pare un discorso un po' ozioso... anche Abbey Road dei Beatles (visto che son venuti fuori) era un disco di scarti, tutte canzoni tagliate fuori dalle sessioni di Get Back (poi Let it Be) e White Album, oppure conservate nel cassetto di Harrison (nella migliore delle ipotesi), cui la premiata ditta McCartney-Martin ridette vita grazie ad una produzione scintillante e innovativa. Questa è storia nota a tutti e documentata nei libri e nei bootlegs. Nel lato b di quel disco poi gli scarti erano talmente da fondo del barile che, essendo incompiuti e - a quello stadio di scazzo della band - incompletabili, si optò per l'opzione Frankstein, ossia il medley/copiaincolla di cui il Macca diverrà negli anni a venire uno specialista (un modo facile e veloce per impiegare gli avanzi del frigo). Caso emblematico di un disco le cui canzoni (almeno quelle di Lennon-McCartney) considerate singolarmente non arrivano alla magnificenza dei pezzi contenuti nei dischi precedenti, detto da uno che le suona tutte a memoria. Eppure, l'album di scarti oggi ce lo ricordiamo come il testamento della più grande band pop di questo pianeta. Non per paragonare Beatles e Radiohead, sia chiaro, ma per dire che la tesi "album di scarti", quand'anche fosse vera, non è utile di per sè alla formulazione di un giudizio.

belo (ha votato 9 questo disco) alle 23:35 del 16 maggio 2016 ha scritto:

quoto.

Dr.Paul (ha votato 6,5 questo disco) alle 0:14 del 17 maggio 2016 ha scritto:

però non erano tutti "scarti" su abbey road... e quelli che lo erano risalivano solo a pochi mesi prima, non avevano lo status di paccottiglia da smistare a tuttii costi! anche perchè i pezzi incompiuti alla vigilia sono risultati essere i migliori, credo.... insomma panorami differenti, no?!

luin alle 13:16 del 17 maggio 2016 ha scritto:

Concordo anche perchè, al di là dei precedenti noti, chissà quanti gruppi hanno usato negli anni vecchie idee e scarti senza che noi ne sappiamo niente. In questo caso la "colpa" di Yorke & co. è stata quella di aver proposto i pezzi in sede live eccetera, altrimenti chi ascoltando Burn the witch avrebbe mai detto "Orrore! Questa è chiaramente una canzone di 15 anni fa"? ;D

Utente non più registrato alle 11:01 del 17 maggio 2016 ha scritto:

8...è il minimo...

Utente non più registrato alle 13:21 del 17 maggio 2016 ha scritto:

...non ci vedo niente di strano nel riappropriarsi di materiale proprio che non ha trovato posto in precedenti lavori...

belo (ha votato 9 questo disco) alle 13:35 del 17 maggio 2016 ha scritto:

esattamente. Inoltre nulla era stato mai pubblicato in un disco prima, quindi si può parlare di veri e prori inediti. ( tranne true love ma è un caso a parte)

Giuseppe Ienopoli alle 12:51 del 17 maggio 2016 ha scritto:

... solo per considerare che nello specifico di Abbey Road più che di "scarti" si sarà trattato di "ottime provviste"

per l' inverno che puntualmente arrivò ... vero è che gli invitati che attraversarono le strisce pedonali ( e continuano a farlo ...) poterono gustare 17 fab_olose portate ... dall' antipasto di Come Together all' ammazzacaffè di Her Majesty.

Please non confondiamo l' aglio con loglio!

Truffautwins alle 2:07 del 18 maggio 2016 ha scritto:

Per quanto mi riguarda i lavori migliori dei Radiohead sono The Bends e Ok Computer, due album fantastici, li ho consumati. Gli altri a seguire li trovo tutti molto sopravvalutati. Anche Kid A ed Amnesiac, contengono un paio di capolavori, avranno anche inventato o rinvigorito un genere musicale ma sono tanto noiosi e non mi capacito di come li si possa ascoltare per intero magari anche a ripetizione. Questo l'ho ascoltato un paio di volte, non mi esprimo ancora.

REBBY alle 4:03 del 18 maggio 2016 ha scritto:

Non ri capaciti, non ti capaciti... ti sarai "rincoglionito" (cit. Te stesso) eheh

Ti conviene aspettare più di un anno prima di votarlo, visto che dopo un anno giudicavi In rainbows un capolavoro, mentre oggi lo ritieni sopravalutato lol

Truffautwins alle 15:03 del 18 maggio 2016 ha scritto:

Può essere

Truffautwins alle 15:09 del 18 maggio 2016 ha scritto:

Ho controllato, vicino a 'capolavoro' c'era un punto interrogativo..rincoglionito ma non completamente. Il voto era 9, forse anch'io li ho sopravvalutati. Comunque si può cambiare idea giusto? Il gusto è in evoluzione. Sto ascoltando ora il dischetto nuovo. Non è che sia brutto.

REBBY alle 16:17 del 18 maggio 2016 ha scritto:

Certamente, può anche succedere di cambiare idea ed il gusto è personale e talvolta mutevole (ed anche il "gusto" dei musicisti stessi può evolversi). Ognuno può ritenere un disco sopravalutato o sottovalutato dalla storiografia musicale. Ma proprio per questo non dovresti sorprenderti che altri, come me ad esempio, non trovino noioso Amnesiac e lo ascoltino per intero e talvolta in loop come tu hai fatto (e magari ancora fai, non so) con The bends.

Questo disco (a parte i due pezzi sopra proposti) non l'ho ancora ascoltato. Lo ascolterò sul mio hi-fi non appena mi sarò procurato il supporto fisico (cd o vinile?), tanto mi fido più dei recensori (ah splendido lavoro di coppia), che di Lepo eheh

Lepo (ha votato 3,5 questo disco) alle 21:22 del 18 maggio 2016 ha scritto:

Male, Rebby, ti pentirai di non avermi dato retta! LOL

REBBY alle 21:44 del 18 maggio 2016 ha scritto:

StraLOL eheheheh

Sarà, ma nelle due canzoni allegate nella rece non mi pare che la voce di Yorke sia così diversa da quella di Kid A!

E poi, spero che non mi legga ghgh, ho venduto da poco il vinile di The final cut, dote di mia moglie....

Lepo (ha votato 3,5 questo disco) alle 23:05 del 18 maggio 2016 ha scritto:

In effetti la voce non è eccessivamente diversa, ma per me nella sostanza musicale tra i due dischi c'è un abisso eheheh

Colpo al cuore la vendita di final cut

Totalblamblam alle 12:01 del 19 maggio 2016 ha scritto:

stupendo LOL dai lepo il titolo provvisorio era anche the final shit

Alcini (ha votato 9,5 questo disco) alle 21:53 del 27 maggio 2016 ha scritto:

Molto emozionante. Grande musica.

Vatar (ha votato 7 questo disco) alle 16:21 del 28 maggio 2016 ha scritto:

Da un gruppo come i Radiohead mi aspetto ben altro, a parte 3/4 pezzi molto interessanti il resto mi dice veramente poco.

Voto 7 per la stima nei loro confronti...

robi alle 19:41 del 30 maggio 2016 ha scritto:

salve

innanzi tutto il disco è omogeneo nel suo contesto

mi piacerebbe vedere se dal vivo lo propongono per intero. sarebbe interessante perchè questa è una "sleeping" musica e penso che a parte quelli che uscirebbero gli altri si addormenterebbero

il disco è bello ,fatto molto bene (sempre se uno riesce ad non addormentarsi)

comunque ci vuole classe e talento per fare un disco così....dopo se la reazione è dormire

tanto di cappello ..perchè almeno qualcosa son riusciti a trasmettere

condor1972 alle 9:43 del 31 maggio 2016 ha scritto:

scarti o non scarti a parer mio questo album è magico, ipnotico e molto ben arrangiato.

Cas (ha votato 5,5 questo disco) alle 20:38 del 31 maggio 2016 ha scritto:

mmm ho vinto la pigrizia e l'ho ascoltato diverse volte... ricavandone un gran sonno eheheh.

a parte gli scherzi, ho l'impressione che i Radiohead si siano adagiati (almeno da The King of Limbs") su un loro personale "standard". uno standard che riesce anche a risultare fascinoso (penso a "Desert Island Disk" o "Ful Stop", non certo ai singoli) ma che complessivamente mi suona privo di pathos, in una parola: vuoto. ok, la padronanza del mezzo c'è, ma i pezzi? boh, sarò io duro di orecchi ma ci sento poco in "A Moon Shaped Pool".

woodjack (ha votato 8 questo disco) alle 9:08 del 26 giugno 2016 ha scritto:

"ma i pezzi?" >> interessante questa domanda ricorrente, che mi spinge a considerare che l'unico difetto dell'album sia la PRESENZA della voce, non la voce in sè e come è modulata, ma il fatto che entri ancora in gioco, seppure come residuo (o miagolìo come osserva qualcuno). Se fosse un disco strumentale lo ascolteremmo con le orecchie con cui ascolitamo Colleen, i Balmohera piuttosto che Arvo Part. E non ci chiederemmo dove sono i pezzi, come non ce lo chiediamo quando mettiamo su Part. Di Limbs potrebbe dirsi la stessa cosa, in un ottica elettronica. Chissà se prima o poi avranno le palle di fare un disco strumentale o completamente free-form, senza più compromessi con l'idea di canzone. Atteso che un altro Ok Computer non lo faranno mai più, un altro disco di canzoni leccatino, ben confezionato e "coi pezzi" (perchè lì c'erano) come In Rainbows sarebbe l'ultima cosa di cui hanno bisogno, e rappresenterebbe la loro vera capitolazione. Mio punto di vista, si capisce.

Cas (ha votato 5,5 questo disco) alle 11:57 del 27 giugno 2016 ha scritto:

no, non è la presenza della voce a contrariarmi (anzi, ho sempre trovato affascinanti i "miagolii" di Yorke. mi pare che l'intento rimanga quello di fare un album di canzoni, non di pura soundtrack music (e, se anche fosse, rimarrebbe il problema nudo e crudo per cui questo album non mi convince: le trame sonore sono asciutte, giocano su un effetto "abbagliamento" -il frammento melodico, il luccichio elettronico, i giochi vocali, l'innesto- che dura il tempo di un ascolto.

Cas (ha votato 5,5 questo disco) alle 11:59 del 27 giugno 2016 ha scritto:

*mi si perdoni la mancata chiusura delle parentesi aperte... scaramanzia? ghghg

ThirdEye (ha votato 7,5 questo disco) alle 20:39 del primo giugno 2016 ha scritto:

Mi sta piacendo. Dopo quella (a parere mio) fetecchia di 'King of Limbs'. E non ci speravo neanche un po.

Gio Crown alle 17:16 del 8 giugno 2016 ha scritto:

Oltre modo lagnoso!

Va bene le atmosfere un po' sognanti, ma alla fine ci si addormenta proprio!

Peccato, mi piacevano così tanto...anche la voce sottile di Thom Yorke, che qui diventa un miagolio da gattino appena nato!

FrancescoB (ha votato 6,5 questo disco) alle 13:29 del 25 giugno 2016 ha scritto:

Recuperato! Prime impressioni positive, dopo le ultime prove un pochino fiacche. Yorke e soci hanno ritrovato un po' di ispirazione, sebbene - come accade a mio avviso in quasi tutti i dischi dei Radiohead - la produzione e l'impasto sonoro (sempre curatissimo) siano migliori del songwriting. Non si tratta di un difetto, in ogni caso, ma proprio di scelte stilistiche.

tramblogy alle 21:05 del 6 luglio 2016 ha scritto:

credo che yorke sia l'unico a sopravvivere a se stesso, mi domando quando compone se non si annoi, se lotta o si arrende alla propria boriosità..che non le venga in mente di fare un salto quantico su composizioni più allegre, sarà il termine giusto?invece ad ascoltare sto disco così logorroico e noioso ti porta all'esaurimento nervoso. Poi ammetto che sono uno di quelli che prende ogni ascolto di ogni loro disco a pezzi, oggi le prime quattro, stasera altre tre, domani le ultime 3.....ma questo proprio...e dire che non ha nulla a che fare con pezzi lenti e suggestivi, io perfume genius , il primo, per esempio, lo ascolto tutto di un fiato e mi fa divertire, e nello stesso tempo rilassare...mha!?non riesco...è troppo duro.

AndreaKant (ha votato 4,5 questo disco) alle 21:06 del 8 luglio 2016 ha scritto:

Anch'io sto nel partito dei dormienti ahah...non ci sono i pezzi, una palla allucinante ben prodotta ed effettata. Un ascolto faticosissimo

Vatar (ha votato 7 questo disco) alle 11:19 del 24 luglio 2016 ha scritto:

In questi giorni mi sono reso conto che questo disco è uno di quelli che sto ascoltando maggiormente quest'anno, a parte Desert Island Disk che proprio non riesco a farmela piacere probabilmente perchè nella mia vita ho ascoltato molto Nick Drake...piano piano a piccole dosi ho iniziato ad apprezzare i brani lenti che inizialmente facevano dormire anche me.

Non so ancora se lo voterò come disco dell'anno ma sicuramente il brano l'ho già scelto: Ful Stop.

A questo punto sono costretto a cambiare il mio voto finale, giudizio:8

baronedeki (ha votato 7 questo disco) alle 15:45 del 28 luglio 2016 ha scritto:

I radiohead come la juve o si amano o si odiano capisco ripetere album come bends ok computer kid a e amnesiac non e' facile loro e svoto album 7

baronedeki (ha votato 7 questo disco) alle 15:52 del 28 luglio 2016 ha scritto:

Forse non avere una casa discografica che mette loro pressione invece di essere un bene forse e stato un male perche da allora non riescono a ripetersi in ottimi album

fabfabfab (ha votato 6 questo disco) alle 17:15 del 26 agosto 2016 ha scritto:

Mah, ragazzi. Veramente. Non è che sia brutto eh, però DUE COGLIONI.

baronedeki (ha votato 7 questo disco) alle 2:48 del 30 agosto 2016 ha scritto:

Sono daccordo album veramente anonimo e noioso . Da pablo ad amnesiac i loro album crescevano ascolto dopo ascolto. Speriamo che in futuro ai Radiohead torni la voglia di stupire di rischiare . Ful stop e decks dark uniche canzoni da Radiohead troppo poco

Robinist (ha votato 6 questo disco) alle 21:41 del 11 settembre 2016 ha scritto:

Qualitativamente nulla da ridire, sempre bravi! Ma che noia!! 0 sussulti emotivi, sempre sullo stesso livello. Arrivano alla sufficienza, ma per mancanza di cuore non la superano.

ThirdEye (ha votato 7,5 questo disco) alle 21:49 del 29 ottobre 2016 ha scritto:

Avevo già commentato...Purtroppo, dopo un po di ascolti mi è crollato inesorabilmente ed ora piglia già polvere.

Robinist (ha votato 6 questo disco) alle 2:23 del 30 ottobre 2016 ha scritto:

Se lo si vuole prendere come un album rilassante, di sottofondo, mi sembra più che adatto. Magari troverai il momento per rispolverarlo Quali canzoni ti hanno fatto cambiare idea?

woodjack (ha votato 8 questo disco) alle 20:27 del 30 ottobre 2016 ha scritto:

è vero, anche io ho ridimensionato l'entusiasmo con gli ascolti, nel mio caso si aggiunge il fatto che io i Radiohead (anche quelli di Ok Computer o Amnesiac) non li ascolto regolarmente da almeno 10 anni, mi dedico alle loro nuove uscite perchè è un gruppo importante che ho amato ma, in fondo, sono usciti dalla mia sensibilità. Detto ciò, credo che il difetto non sia nella monotonia, che è data dalla scarsità di contrasti e da una melodizzazione piuttosto orizzontalizzata, non dall'assenza della scrittura, secondo me molto ricca (è un disco severo che richiede attenzione, il sonno è un problema dell'ascoltatore), quanto nella lunghezza e nell'organizzazione del materiale, detto in altre parole c'è qualcosa che puzza di compromesso, non un compromesso sfacciato come quello di In Rainbows (praticamente un disco fatto con la testa dei Queen), piuttosto un compromesso inutile, controproducente, che infatti ha scontentato molti. Io certi spunti non li avrei neanche offerti, ne avrei fatto un disco non lento, lentissimo, intransigente, a metà tra l'idea di un folk meditabondo e un minimalismo ampio, avrei tolto Burn the witch, Full stop e Identikit, e limitato gli interventi vocali a beneficio degli intarsi della scrittura strumentale, in tutto e per tutto "modern classical", come oggi si chiama la musica classica mainstream. Avrebbe ricevuto stroncature più feroci ma mi sarebbe piaciuto di più. Paradossalmente, dal punto di vista "critico" (o cerebrale per capirci) è un disco che è cresciuto ancora di più: ad ogni ascolto si è svelata la mano dotta degli autori, che con estrema (si dirà eccessiva, ma programmatica) sobrietà hanno riempito la partitura di contrappunti, poliritmi, dissonanze, modulazioni non preparate ecc. in maniera tutt'altro che casuale. Una prova di grande maturità musicale.

woodjack (ha votato 8 questo disco) alle 20:45 del 30 ottobre 2016 ha scritto:

PS: scherzavo su Identikit, la sto riascoltando ora, traccia troppo ricca e raffinata per essere soppressa...

baronedeki (ha votato 7 questo disco) alle 22:40 del 30 ottobre 2016 ha scritto:

Oltre ful stop togli anche decks dark e la facciamo completa (in negativo) . I loro album avevano il pregio di aumentare di gradimento ascolto dopo ascolto . Adesso e tutto l'opposto .