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R Recensione

6,5/10

Weird.

Desert Love for Lonely Graves.

Il progetto Weird. nasce a Roma nel 2011 per mano di Marco Barzetti (chitarra e voce), a cui si aggiungono successivamente Matteo D’Argenio al basso (sostituito oggi da Giovanni Romano) e Massimiliano Pecci alla batteria. Per descriversi, la band utilizza l’immaginario di Eugenio Montale, forse il più grande poeta italiano del Novecento. È infatti ai suoi paesaggi brulli che i Weird. pensano mentre registrano questo disco di amore desertico per tombe solitarie: morte, solitudine, asperità, dolore, arsura, raccapriccio. “Desert love for lonely graves.” contiene sette tracce e ci porge una visione dell’amore tutt’altro che celestiale. Quello che i Weird. tentano di capire è se ci sia un qualche punto d’incontro tra gli amori perfetti – talmente perfetti da essere impossibili, quindi desertici – e gli individui più sensibili della Terra – persone così pure da non meritare delusioni, illusioni, disillusioni, persone così sole da non poter aspirare ad altro che ad una morte senza rumore. Il sound scelto è consapevolmente un crossover di post-rock e shoegaze, con sostanziali concessioni wave.

Dark was the sky, cold was the rain” ci porta subito in un ambiente cupo, umido e freddo, in cui il disagio è il sentimento preponderante. Molto buona la parte vocale, che viene ad inserirsi nella parte strumentale rimanendo distante, quasi fosse una folata di vento del nord. Così è pure per “Echo & the lullaby” e “Sundive”, mentre col singolo “A new beginning” i Weird. provano a rendere più melodica la loro miscela: obiettivo raggiunto. “Desert love” e “The moan” fanno un po’ il riassunto dell’intero disco, tra un cantato sempre lontano e una batteria intermittente, linee di basso accattivanti e schitarrate che ricordano i migliori Giardini Di Mirò. Alla fine di “Desert love for lonely graves.” facciamo la conoscenza di “Druggirl”, un componimento lungo e lacrimogeno che termina con un infuocato fraseggio di corde impazzite. Dopo aver ascoltato l’intero album, si fa necessaria una risposta all’interrogativo iniziale sulla possibilità di unire un amore desertico ad una tomba solitaria, ma pare che i tre Weird. non forniscano soluzioni precise, e di certo non stanno qui a porgerci le loro spalle per piangerci su. Semplicemente ci lasciano un disco molto bello da sentire e troppo crudo da digerire.

Molti giornalisti recensiscono dischi utilizzando ossessivamente generi, sottogeneri e filoni musicali, oppure citando pedissequamente somiglianze, influenze e derive. Sono pochi quelli che descrivono un disco per come si offre realmente, ovvero per la vita che riesce a ricreare nel nostro hi-fi. Il disco dei Weird. è un po’ così: difficile da catalogare, facile da cogliere. Unica pecca: il mix definitivo doveva essere forse effettuato ad un volume maggiore.

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Voto degli utenti: 6,5/10 in media su 1 voto.
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