R Recensione

8/10

Mashrooms

S/t

I Mashrooms sono una splendida orchestra composta da violino, violoncello e pianoforte. Ma accanto a questi strumenti classici si diffonde la violenza di una chitarra elettrica, basso e batteria. Quel che ne viene fuori è “s/t”: un album in cui questi strumenti tanto differenti tra loro riescono a costruire un mix musicale perfetto. L’alternanza di momenti di calma sono costantemente attraversati da una strisciante impressione di inquietudine, come se da un istante all’altro ogni cosa dovesse esplodere. Questa sensazione unica si percepisce già nel primo brano, “Uragano”: violoncello e chitarra dilatano il suono creando un’atmosfera ovattata nella quale però basso e batteria si insinuano a dettare un ritmo ansioso, come ci si trovasse nella falsa quiete dell’occhio del ciclone. Anche nella seguente “Freedom flotilla” ritorna inarrestabile questa stessa impressione, ma stavolta il basso e la batteria si rivelano in una serrata cavalcata sopra la quale violino e chitarra danzano cercando di distendere gli animi angosciati da un attacco che sembra essere imminente.

Con “Playground” il ritmo si fa frenetico e per la prima volta un canto si fa spazio nella musica, ma appartiene ad una voce disgustata, violenta, sprezzante, dichiaratamente punk. Meravigliosamente opposta è invece “Tiranno”: la voce profonda di una donna recita la prosa di un testo francese e la calma di un arpeggio di chitarra si distende coinvolgendo nella sua dilatazione il violoncello, ma lentamente i piatti della batteria aumentano l’intensità dei loro colpi e con essi il basso infierisce sempre più violentemente sulle proprie corde in uno spettacolare crescendo che esplode sotto la voce femminile, mentre essa, mantenendo lo stesso tono profondo, cerca strenuamente di non lasciarsi travolgere dal frastuono che la circonda. “Cello #2” è una divagazione costruita sul vellutato suono del violoncello che si distorce fino ad abbandonarsi al giro ossessivo di una chitarra elettrica e della batteria, per liberarsi da essi solo attraverso brevi e malinconiche fughe.

Potrait of a woman” è ancora un intreccio di linee sonore di chitarra e violino perfettamente intrecciate grazie all’aiuto della batteria, che detta un ritmo lieve ma incedente, nascondendosi ogni volta che la voce maschile francese racconta il volto della donna del titolo. “Black widow” è invece un epilettico gemito congestionato dalla batteria sotto la quale grida la voce enfatica di Martin Luther King: poi una voce calma sembra ricordare col suo breve canto l’omicidio dell’attivista in un lento scemare della musica, fino a quello che sembra il doppio colpo di una pistola sparato dal basso e dalla batteria, ma ad esso segue ancora la voce di King che saluta, come fosse ancora vivo: “Good evening!”. Splendido l’intreccio che apre “Szela”, dove le risate umane si moltiplicano per rilegarsi l’una all’altra e infine alla chitarra: qui una chitarra elettrica secca e non amplificata ripete ossessiva un solo accordo attorno al quale si costruisce ancora una volta il gioco simbiotico tra basso, batteria e violoncello. Il brano di chiusura, “Damn Right”, alterna scossoni post-punk, modulati soprattutto dalla voce, a divagazioni lo-fi dettate da un pianoforte poco nitido.

L’intensità di questo album è devastante: lascia costantemente l’ascoltatore in bilico tra le lacrime della malinconia e la rabbia dell’insofferenza. Ma nessuna delle due sensazioni è mai libera dall’altra, in un equilibrio miracoloso che si traduce musicalmente in un post-rock d’autore. Questa band siciliana, al suo secondo album, si impone nello scenario italiano riprendendo un discorso già intrapreso da gruppi come i Giardini di Mirò, ai quali, davvero, i Mashrooms non sembrano dover invidiare nulla.

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 1 voto.
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