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R Recensione

8/10

Elio E Le Storie Tese

Studentessi

Recensire un disco di Elio E Le Storie Tese è sempre un’impresa titanica.

Mettiamo subito i puntini sulle i: non è del tutto vero, come dicevano preoccupate figure materne all’inizio degli anni ’90, che i cinque, autodefinitesi “cretinetti della musica leggera”, siano un fluire di turpiloqui, sconcezze, volgarità e corollari sessuali vari. Anche, magari, ma quello è solo il contorno. Non tutti sanno, forse, che Stefano Belisari, più conosciuto come il frontman Elio, sarebbe teoricamente un professore di flauto traverso diplomato con lode al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, mentre il bassista Nicola Fasani (Faso) e il batterista Christian Meyer sono riconosciuti ufficialmente come due fra i musicisti più virtuosi della nostra scena musicale da vent’anni a questa parte. Senza dimenticare la guest star Luca Mangoni, coreografo e vera anima della band nei concerti live, architetto di fama nella vita reale.

Se l’aspetto testuale delle Storie Tese è stato, da sempre, sotto i riflettori, grazie alla sua capacità di plasmarsi da assurdo nonsense a triviale impalcatura a micidiale sarcasmo, quello musicale d’altro canto ha sempre rivestito meno importanza di quanto in realtà avrebbe ampiamente meritato. Capaci di spaziare in ogni genere possibile, spesso con una facilità e una tecnica disarmanti, gli Elii basano la loro capacità compositiva sul basso freaky di Faso e sui tempi dispari delle percussioni, con stilemi prog rock che sconfinano fra le influenze più varie, dalla discomusic più becera all’hard rock al cappa e spada, ricolmando il tutto con un’infinita serie di citazioni, più o meno colte, spesso impensabili o comunque difficili da riconoscere (chiedete qualcosa al chitarrista Cesareo). È questa la principale differenza, dunque, che concorre fra loro e altri gruppi di rock demenziale, come ad esempio i precursori Skiantos: musica sì illogica, ma con dietro un ponteggio preciso ed elaborato, a tal punto da renderli, agli occhi della critica, dei “Frank Zappa italiani”.

Dopo cinque anni di silenzio, con quel bel “Cicciput” del 2003 a fare da spartiacque al successo nazionale di “Shpalman®” (pezzo, in realtà, non particolarmente ispirato), arriva il nuovo “Studentessi” – titolo, pare, suggerito da una frase di Cicciolina – che, in questi tempi di crisi discografica, si affida ad un metodo differente da quello canonico per riuscire ad ottenere un risultato significativo sotto il piano delle vendite. Elio E Le Storie Tese, infatti, rompono ogni contatto con la precedente casa discografica (la Aspirine) per autoprodursi attraverso la propria Hukapan e distribuire il lavoro in edicola, oltre che nei negozi di musica, assieme alla Repubblica, a XL e all’Espresso. Il prezzo è, ovviamente, più contenuto: circa sei euro in meno. Per ventidue tracce totali e quasi un’ora e venti minuti di durata complessiva non è assolutamente poco.

Diciamolo subito: se “Cicciput” vi era piaciuto, divorerete letteralmente “Studentessi”. Più tecnica, più varietà, più cabaret, ma anche un livello superiore, qualitativamente e quantitativamente, di analisi critica e satirica vi faranno ascoltare l’opera centinaia e centinaia di volte, senza mai per questo stancarvene. Se, invece, siete i cosiddetti fan di vecchia data, ovvero quelli che seguono le peripezie del gruppo sin dall’esordio “Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu” del 1989 o, addirittura, sin dalla loro formazione (quasi trent’anni fa!), e siete dunque rimasti delusi dal loro nuovo corso, intrapreso dopo la tragica morte del sassofonista Paolo Panigada (Feiez), provate ugualmente a concedere un ascolto a questa nuova uscita. Potreste rimanere sinceramente, piacevolmente sorpresi.

Sotto un profilo meramente tecnico non c’è assolutamente discussione: l’album è semplicemente mostruoso. Varietà di stili e difficoltà di esecuzione sono le parole chiave di “Studentessi” ma, come al solito, il gap che può derivare dallo sforzo nell’eseguire pezzi di tale caratura è assente. Prendete “Plafone”, ad esempio: splendida intro strumentale di due minuti abbondanti, che si rifà alle prime esecuzioni della Premiata Forneria Marconi, ed intervento vocale di Antonella Ruggiero che gorgheggia ad altezze cromatiche letteralmente allucinanti. Canzone che da sola varrebbe tutto il disco.

Per fortuna, è in ottima compagnia.

Partendo pure dal ragga sincopato del gettonatissimo singolo “Parco Sempione”, si può già notare, a livello testuale, una crescita critica esponenziale. Le (dis)avventure di Elio, arrivato nel parco per rilassarsi e trovatosi invece alle prede con un suonatore di bonghi quantomeno molesto ed incapace, confluiscono poi nel violento epiteto inferto al Presidente della Lombardia Roberto Formigoni e alla sua giunta (“questi grandissimi figli di troia”), rei di aver raso al suolo il Bosco di Gioia, nonostante l’opposizione di sedicimila persone, proprio mentre queste erano in vacanza per il ponte. Da vedere assolutamente anche il video, che vede la presenza di personaggi come Maccio Capatonda e Rupert Sciamenna.

Andando oltre, grande rilevanza hanno “Il Congresso Delle Parti Molli”, calembour fra prog e power pop, dalle propaggini strumentali notevoli, che vede gli organi del corpo impegnati in una riunione per decidere il nuovo capo, identificato poi nella figura del “buco del membro” (riguardo al quale, però, Elio esprime le proprie perplessità: “Produce la gente / ma è privo di mente / incarna le peculiarità tipiche del testa di cazzo”): “Heavy Samba”, grande calderone di ritmi latini e improvvise accelerazioni hard rock, che vede la partecipazione di Irene Grandi; “Gargaroz”, già utilizzata, con un testo diverso, come jingle per la pubblicità di un amaro, bella prova di rock cabarettistico; “La Lega Dell’Amore”, conosciuta già da tempo nei tour in coppia con Claudio Bisio, che cita fra gli altri Mina e Adriano Celentano, oltre che la stessa Cicciolina nel titolo (a voi scoprire gli altri!).

Meritano una menzione a parte la bella “Ignudi Fra I Nudisti”, assieme a Giorgia, che musica la tipica indecisione in una coppia sul luogo prescelto per le vacanze estive, il rockabilly caricaturale e sciaradico di “Indiani (A Caval Donando)”, che tratta dei difficili rapporti fra conquistatori americani e tribù pellerossa, ma soprattutto “Suicidio A Sorpresa”, tentativo di suite fra death metal (!) e sinfonie orchestrali in cinque tappe, probabilmente il miglior episodio del disco. In particolare, l’”Andante Con Moto”, vera e propria traccia death che ci spiega come, ascoltando al contrario le canzoni del genere, si formino messaggi subliminali del tipo “mettiti il golfino”, “sei insopportabile”, “chiamami quando arrivi, altrimenti sto in pensiero”, “mi manchi” oppure “sei dolce come il miele”. Esilarante, irriverente, originale, nonsense.

Sia chiaro: non è tutto bello. Pezzi come “La Risposta Dell’Architetto”, rap stantio affidato al solo Mangoni, oppure la vecchia “Single” in coppia con Feiez, sono i classici filler che spezzano il ritmo e deludono le aspettative dell’ascoltatore.

In ogni caso, gran disco, che conferma come l’Italia, in questi primi mesi del 2008, sia musicalmente partita alla grande. E lunga vita a Elio E Le Storie Tese, veri e propri alfieri del Bel Paese! Con buona pace di tutti i pessimi emuli sorti lungo la loro strada artistica e scioltisi in un bicchiere d’acqua dopo poco.

V Voti

Voto degli utenti: 6,5/10 in media su 11 voti.

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Neu! (ha votato 5 questo disco) alle 10:36 del 11 marzo 2008 ha scritto:

possibile che fra tutti i dischi recensiti in prima pagina il voto più basso è 7? poi è ovvio che si mettono otto come se fossero 5. un utente medio di storia della musica mette a un disco: 5 se lo reputa orrendo, 6 se non gli piace ma "c'è di peggio", 7 se non sa che pensare, 8 se gli piace, 9 o 10 se gli piace molto. è ovvio che poi la media dei voti dellarecensioni si aggira intorno al 7,5/8. seriamente ma avete visto che voti?

Elio E Le Storie Tese 8

Meshuggah 9

Cristina Donà 8

paolo benvegnù 8

mavis Staples 8

Stephen Malkmus and the Jicks 7

Settlefish 7

Christian Prommer 7

John Zorn 9

The Mae Shi 9

per me non è normale. se una persona dovesse comprere tutti i dischi che vengono consigliati da storia della musica (quindi che prendono da 7 in su) arriverebbe a comprare 30/40 dischi al mese. il 99% di questi dischi, anzi il 99% dei dischi che prendono 9 tra uno /due anni (non venti) verranno dimenticati. personalmente gli 8 e i 9 me li tengo per quei dischi che considero tra i 50/60 di sempre. non so neanche se uscirà un solo disco nel 2008 degno di questi voti.io la penso così: se tutti i dischi sono dei capolavori, non lo è nessuno. fatemi sapere che ne pensate

doopcircus alle 13:12 del 11 marzo 2008 ha scritto:

RE:

Per Neu! Storia lascia libertà di commento e di voto a tutti, perchè è e deve rimanere un laboratorio aperto di critica e discussione. Potrei entrare nel merito delle tue continue (e un pò ossessive a dirla tutta) contestazioni sui voti ma non mi interessa farlo, almeno non in questa sede.

Solo una nota: copiare 9 volte (!) lo stesso commento su tutte le ultime recensioni non è commentare. E' SPAM. Sei pregato di rispettare le regole (implicite e legate al puro buon senso) del sito e non abusarne in questo modo. Grazie.

Marco_Biasio, autore, alle 20:19 del 11 marzo 2008 ha scritto:

RE:

Ringrazio anzitutto i commentatori che hanno voluto perdere un po' di tempo con questo mio inutile, lunghissimo scritto: quindi, in ordine, l'ottima Lizzie, il mastodontico Simone e il gentilissimo Carlo, nonchè quella buon anima del nostro personalissimo boss. Ora ti rispondo brevemente, Neu!: posto che, in ogni caso, i voti sono sempre soggettivi, e quindi variabili di rendimento, e premesso che spesso anch'io sono molto di manica larga verso alcuni lavori che, col senno di poi, non mi sembrano più così entusiasmanti come all'inizio, ti espongo la mia idea. Prima di recensire un disco mi metto sempre nei panni di chi ha realizzato l'opera, e mi chiedo: quanto lavoro c'è dietro questo disco? quanti giorni passati a registrare, incidere, jammare? quante idee cestinate e quanti lampi di ispirazione? e soprattutto, quanta fatica? Se il disco merita in generale si vede, aldilà dei gusti soggettivi o dei giudizi vari, dalla ricchezza di contenuto (anche se magari non distribuito alla perfezione) e soprattutto dalla fiorenza di idee. Che soddisfazione potrà ricavarne l'artista, dunque? Sono questi i criteri con i quali mi avvicino ad un'opera: in generale, cerco di essere più indulgente possibile, ma se vedo che la materia è scarsa, allora preferisco lasciare perdere oppure manifestare la mia delusione nella recensione. In questo caso non è stato così, come hai potuto leggere: tenendo conto che considero mediocri appena due pezzi su ventidue, e meravigliandomi per la continua crescita strumentale e critica di una band attiva da trent'anni, mi sono sentito in grado, senza troppi rimorsi, di concedere le quattro stelline. Su Ondarock hanno messo 6, ok, ma io non sono Ondarock, sono Marco Biasio. E metto 8. Perdonami l'osservazione, Neu!, ma non ti pare di vivere e di osservare la musica in uno schema un po' troppo rigido ed imbellettato? Cerchi sempre lo spunto originale, e mi può andare bene, ma perchè tutta questa severità nei giudizi? Perchè dare 10 solo ai grandi capolavori della musica? Quelli sono giudizi pressochè ovvi! Ma per me 10 se lo meritano anche i dischi che mi hanno fatto crescere musicalmente a grandissimo livello, e parlo quindi di Toxicity dei System Of A Down, mio primo grande amore che non rinnego tutt'ora, Lateralus dei Tool, The Fat Of The Land dei Prodigy, Pura Lana Vergine dei Fluxus, e via dicendo. Io vivo la musica più a livello emozionale, non importa se una cosa è derivativa: se mi emoziona, se riesce a colpirmi, se mi strega, se mi ammalia, se riconosco dietro una vena artistica valida e non campata in aria, allora cerco di premiarla con i mezzi che mi sono più consoni, come la recensione, in questo caso. Mi pare lapalissiano (o quasi) dire che Velvet Underground & Nico, The Piper At The Gates Of Dawn, The Doors, The Parable Of Arable Land, Rock Bottom, In The Court Of The Crimson King e compagnia varia meritino il massimo dei voti, ma poi? Se tutti dessimo il massimo dei voti solo a questi dischi, senza poi aggiungerci un'esperienza di crescita personale dietro, a "tappe", con ulteriori lavori magari non riconosciuti ufficialmente nel "giro" ma per noi ugualmente meritevoli, saremmo un po' tutti come automi, non credi? Spero di essermi spiegato a sufficienza. Neu!, ti do un ultimo consiglio da amico prima che da recensore, e poi chiudo: lascia perdere Scaruffi, quell'uomo è una bufala. Ciao a tutti e grazie mille ancora!

Neu! (ha votato 5 questo disco) alle 10:37 del 11 marzo 2008 ha scritto:

comunque il disco in questione è mediocre

Lezabeth Scott (ha votato 6 questo disco) alle 11:12 del 11 marzo 2008 ha scritto:

Intratenimento virtuosistico...male non fa, ma neanche tanto bene.

TheManMachine (ha votato 7 questo disco) alle 11:23 del 11 marzo 2008 ha scritto:

Imbarazzo

Elio e le Storie Tese non sono una rock band. Sono un gruppo di cabarettisti particolarmente talentuosi che, per un fortunata coincidenza, sanno anche suonare, comporre musica e canzoni a livelli di eccellenza. Invece di portare i loro spettacoli nei teatri come solitamente fanno i cabarettisti comici, hanno scelto di veicolare il proprio messaggio attraverso la musica registrata in studio ovvero eseguita nei concerti live. Da qui nasce il dilemma che da sempre li accompagna: come considerarli? rock band o cabarettisti? Le cose con quest'ultimo album non sono cambiate (mi veniva da dire: migliorate). Nulla di veramente nuovo (EELST fanno forse la musica più conservativa in assoluto in Italia). Ascolto un pezzo con un'intro accattivante, begli arrangiamenti, ritmi coinvolgenti, ma poi il testo demenziale (volevo usare un altro termine, ma al momento non mi viene di meglio) mi dice che non devo concentrare la mia attenzione sulla piacevolezza della musica, ma piuttosto ridere degli irriverenti sberleffi ai benpensanti, se ancora si può usare questo termine, che Elio e le Storie disseminano nei loro testi. Poi vien fuori la voce di Carla Fracci o di un simil-Celentano alla fine o all'inizio di un brano, e il quadro si completa: le braccia mi cadono definitavamente. Insomma, non si sa proprio come prenderli, gli Elii: né musica, né cabaret, ma una forma di espressione che sta nel mezzo tra l'una e l'altro, indefinitamente. Per questo quasi mai ho ascoltato interamente un disco di Elio più di una volta. Il mio voto va in modo praticamente esclusivo alla parte prettamente musicale dell'album e alla qualità davvero elevata degli arrangiamenti (ma, anche qui, niente di nuovo...). Recensione appassionata e ricca di informazioni e dettagli. Complimenti!

simone coacci alle 11:36 del 11 marzo 2008 ha scritto:

In teoria avresti anche la mia approvazione Neu!, il problema è che questo non è il sito di Scaruffi e neanche Ondarock o che so io, qui la scala di valutazione è un po' diversa: 6 è un disco modesto, quindi deludente ma tenuto in piedi da qualcosa, sette è discreto, cioè onesto, di buona fattura, ma poco originale o ripetitivo, 8 è buono, ovvero, un disco ben fatto e con delle idee commendevoli ed originali(personalmente il massimo a cui può aspirare un disco nuovo, salvo eccezioni), 9 è un disco eccellente ovvero miracoloso ma la cui importanza / influenza è da valutare in prospettiva, col senno del poi (personalmente quindi l'ho dato sopratutto ai classici "recenti") e 10 il capolavoro di comprovato e sedimentato valore storico (e qui ce ne saranno, non so, 3 o 4 per decade, se va bene, forse un po' di più nel passato). Io, in genere mi attengo a questa legenda, poi ognuno ragiona da par suo e premia chi vuole. Anche in modo superficiale, certe volte (io compreso, per carità). Si può discutere sulla mancanza dei punti intermedi (i 6/7 o i 6,5), che consentirebbero di limare gli estremi e puntualizzare certe sfumature, ma a mio avviso dare i 7 e gli 8 ad un disco nuovo, secondo questa scala di giudizio, non è una bestemmia, purchè siano ponderati e motivati. Certo meglio "deficiere quam abudndare" nella maggior parte dei casi. Su questo sono d'accordo con te.

P.S: Non ho ascoltato Zorn e Mae Shi, quindi non so che dirti, al riguardo. I Meshuggah è il solito discorso dei metallari che sbavano per la tecnica, credo, ma non mi sento di criticare nessuno. Vanitas vanitatum, siamo esseri fragili e fallaci. Quindi sbagliamo in continuazione (io per primo). Per fortuna parliamo solo di musica e non c'è in gioco la vita di nessun utente.

Au revoir

simone coacci alle 11:51 del 11 marzo 2008 ha scritto:

Ah sorry, per quanto riguarda Benvegnù, visto che mi hai chiamato (più o meno direttamente) in causa: ti posso assicurare che dopo averlo ascoltato per un numero di volte che oltrepassa abbondantemente la doppia cifra, lo ritengo sinceramente un disco buono (come sopra piuttosto originale e suonato benissimo) d'altro canto, come puoi constatare, alcuni utenti la pensano differentemente (infatti il voto è sceso sul 6/7), da altre parti magari invece la pensano più o meno come me. è una plurivocità del senso dalla quale scaturisce un sano dibattito che contribuisce ad inquadrare un disco in prospettiva. Posto che certe volte un giudizio posato e definitivo lo si raggiunge solo a distanza di anni. Spero di essere stato chiaro, non di averti convinto, ci mancherebbe, solo di aver espresso debitamente il mio punto di vista.

Un saluto!

TheManMachine (ha votato 7 questo disco) alle 12:11 del 11 marzo 2008 ha scritto:

Voti a opere recensite

Neu!, io la penso così: esistono i voti dati dai recensori e i voti dati dagli utenti nei commenti. Per quanto riguarda i primi, credo che il recensore dovrebbe sforzarsi di dare un voto non dettato dall'emotività e dai gusti personali, ma ispirato a criteri di obiettività: un'opera può non piacere, ma in sede critica dobbiamo riconoscerne i meriti oggettivi. Al contrario, un'opera può incontrare il gusto personale del recensore, che però, per lo stesso motivo di cui sopra, deve riuscire a mantenere l'opportuna distanza critica. Voti dati dagli utenti: qui credo si possa sentirsi un po' più liberi di esprimere la propria opinione. In generale, non dobbiamo formalizzarci, e qui sono d'accordo con Simone Coacci: un voto non è un giudizio finale. Penso che a tutti sia capitato di dare un voto a un disco, e poi, tornandoci sopra dopo un po' di tempo, ci si accorge di essere stati o troppo avari, o troppo generosi. Le recensioni di Storia hanno il pregio di essere piuttosto approfondite. Leggendole abbiamo quasi sempre modo di farci un'idea se il disco recensito vale secondo noi la pena di essere ascoltato/acquistato, oppure no. Per concludere: il voto all'opera recensita è comunque indicativo e opinabile.

REBBY (ha votato 4 questo disco) alle 7:23 del 17 marzo 2008 ha scritto:

L'ho ascoltato dal mio amico con cui condivido da

decenni la passione per la musica, skippando senza

pace da una canzone all'altra. Si sente che i

musicisti sono tecnicamente bravi, ma a me non sono mai piaciuti e questo album non cambia la

mia opinione. Il mio amico, che pure li ha

apprezzati in passato, non mi pare pure lui

entusiasta.

swansong alle 11:17 del 19 marzo 2008 ha scritto:

Sprecati...

Questo album, a parte il singolo che gira parecchio, non l'ho ascoltato, ma vorrei dire un pò la mia. Ho sempre pensato che gli Elio fossero straordinari musicisti, molto talentuosi, ma inspiegabilmente tolti a progetti più ambiziosi. Mi spiego: va bene il fulminante esordio, veramente azzeccato l'abbinamento musica di classe, ottimamente suonata e prodotta con testi, al tempo stesso, goliardici e di denuncia, ma passato l'effetto sorpresa stancano un pò e perdono di identità sia nella musica che nei testi. Ormai si sono adagiati su di un clichè che rende, ma non me li fà apprezzare come un tempo. Il cabaret lo facciano in TV o alla radio, ma quando suonano, per favore, dimostrino più coraggio: straccino le vesti di cabarettisti e giullari e si trasformino in musicisti che pensano solo a suonare seriamente (senza pipperi o merdamen) per la gioia delle nostre orecchie. Venderanno un decimo, ma (ri)acquisteranno la stima mia (per quel poco che può valere) e credo quella di molti altri che la pensano come me. In ogni caso "(ri)acquisteranno" i miei soldini, visto che ritornerei a comprare i loro dischi.

carlo nalli (ha votato 7 questo disco) alle 11:24 del 19 marzo 2008 ha scritto:

Bravo Marco!

Dopo aver (stoicamente) letto l'intervento di Marco, devo dire di essere d'accordo sul suo metodo di giudizio. Per quanto riguarda "Studentessi", è un disco ben strano nella discografia degli Elii (che credo di conoscere bene): non ti acchiappa al primo ascolto come poteva succedere per gli altri ed è un disco che, se teniamo conto degli altri lavori, potrebbe essere definito quasi di un'ironia amara, più che dissacrante. Musicalmente è ineccepibile e sono d'accordo con Marco quando parla dei filler, ma questa è una caratteristica costante nei dischi di quei musicisti che hanno tanta tecnica e tante idee (secondo me Frank Zappa ha fatto molti album inutili). Certo, i tempi di "Elio Samaga..." e "Rum Casusu..." sono un'altra cosa, ma dopo anni e anni di carriera bisogna dare atto agli Elii di aver fatto un disco "alla Elio", ma con la consapevolezza di essere diventati adulti già da un po'.

TomooTaniguchi (ha votato 6 questo disco) alle 3:05 del 9 dicembre 2009 ha scritto:

Provaci ancora, Elio!

Stimo gli Elii da sempre, ma questo disco mi sembra un'opera minore. "Parco Sempione" è terribilmente sopravvalutata (video a parte). "Tristezza", come dal titolo, è una tristezza (a parte il verso dei litri). Gli episodi che prediligo sono "Plafone", "Heavy Samba" e il "Suicidio A Sorpresa".

bart alle 23:37 del 20 dicembre 2013 ha scritto:

L'unica canzone che conosco di quest'album è Parco Sempione. Una delle mie preferite!

bart alle 23:37 del 20 dicembre 2013 ha scritto:

L'unica canzone che conosco di quest'album è Parco Sempione. Una delle mie preferite!