V Video

R Recensione

7/10

Sdang!

Il Paese Dei Camini Spenti

V’è un’essenziale e pervicace irriducibilità ad unum di fondo che impedisce, con tutta la buona volontà di questa terra, di collocare gli Sdang! nel pur affollato calderone di duo strumentali (in varie manifestazioni: chitarra-batteria, basso-batteria, sax-batteria…) discograficamente attivi nello Stivale. Non perché il progetto di Alessandro Pedretti e Nicola Panteghini dica qualcosa di radicalmente nuovo o diverso rispetto ai propri concorrenti, anzi: si tratta, piuttosto, della difficoltà di associare in relazione biunivoca i quadri strumentali dei due bresciani con una fonte di ispirazione, una maggiore influenza. In barba al minimalismo strutturale, la scrittura degli Sdang! è, oggi come mai prima d’ora, puntinistica: una narrazione all’apparenza condotta in maniera sobria ed essenziale, che ad un secondo livello di articolazione si scopre invece lussureggiante e persino sfrontata nella caccia al dettaglio.

Vale la pena far seguire alla disquisizione teorica l’ascolto empirico, che nel terzo “Il Paese Dei Camini Spenti” – ad appena due anni dal buon “La Malinconia Delle Fate” – si arricchisce di ulteriori rifrazioni, di carattere sia musicale (il parco ospiti è tale da non poter essere ignorato) che metamusicale (agli interessati il compito di accompagnare l’ascolto con le brevi descrizioni verbali suggerite dalla band stessa). Da subito interessante l’avvio, con le ovattate curvature ambientali della title track ad incendiarsi nell’adrenalinico math-funk de “Il Campanile Oltre La Nebbia”, issato su una solidissima cassa in 4/4 che, all’occorrenza, si snoda a sostenere le flangerate divagazioni melodiche di Panteghini (un gusto, nei colori armonici, che mette assieme slacker novantiano e tech metal). Le medesime traiettorie verranno recuperate anche nella successiva, minore, “Estate – Cartolina”: ma è un’eccezione, un peccato di ipercorrettivismo tutto sommato marginale nel paradigma. Suggestiona, a tratti in misura notevole, l’esposizione viva degli Sdang!, che solo di rado cede il passo al virtuosismo autoreferenziale (ne “Il Meccanismo Dell’Orologio” non basta l’aggiunta di una cigar box per allontanare i sospetti di preziosismo estetico): questo sia nei passaggi più delicati ed esplicitamente lirici (la tromba di Francesco Venturini che disegna soundscapes davisiani sull’acustica di “Ruggine Sul Mulino Ad Acqua”) che in quelli più intenzionalmente abrasivi (il boogie ritmato di “La Festa Di San Sebastiano”, certe dense e vagamente atonali sezioni di arpeggi che – inconsapevolmente o meno – in “Tre Vecchie Streghe” richiamano alla memoria addirittura certo melodic death scandinavo).

Quest’ampiezza e ricchezza di rimandi, a tratti persino destabilizzante, fa davvero a pugni con l’idea prototipica dell’asset a due. Non a caso, in almeno un paio di occasioni, le sperimentazioni stilistiche di Panteghini e Pedretti sembrano strizzare l’occhio al formato ensemble: dapprima le oniriche saturazioni post rock di “Forse Dopo Cena Verrà La Neve”, poi la trascinante chiusura di “Teleferica Al Chiaro Di Luna” (Fidel Fogaroli a Korg Sigma, Rhodes e Siel Orchestra 2). Fossero proprio questi i primi segnali di una ventura evoluzione in tale direzione, chissà che qualcuno ci suggerisca dove firmare... 

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.