Boston
Third Stage
L’animo umano è inesplicabile; la sua ricerca della felicità che è poi ricerca di equilibri, significati, valori, legami, interessi, passioni, ideali, morali, trasgressioni, sicurezze, si traduce per alcuni in tristissime rese e decisioni fatali, ed è evidente come venga puntualmente smentita la superficiale tesi secondo la quale soldi fama e successo possano per certo escludere tali sciagurate evenienze.
È il caso di Brad Delp il cantante dei Boston, un gruppo che avrà venduto ad oggi qualcosa come cinquanta milioni di dischi. Soldi fama e successo quindi non gli sono mancati, giusto premio al suo talento costituito da una voce altissima e melodiosa, capace di penetrare attraverso il grosso strato di chitarre peculiare del gruppo e imporsi, altrettanto peculiare, squillante e argentina come la campana di una chiesa nel traffico dell’ora di punta.
Ebbene Delp si è suicidato due settimane fa, avvelenandosi col gas di scarico e lasciando scritto in un foglietto che si sentiva solo (“a lonely soul…”).
I Boston erano due persone, le altre non contano: il leader-compositore-chitarrista-organista-produttore-ingegnere del suono e chi più ne ha più ne metta Tom Scholz, e poi lui, Brad, a cantare tutto, parti soliste e cori, almeno nei primi tre album. Celebriamo il suo ricordo riascoltando la sua grande voce in questo terzo episodio della stiticissima discografia Boston (cinque album di studio in trentun anni, nessun disco dal vivo ufficiale, nessun Dvd).
È talmente bella “Amanda” che è giustamente messa in apertura, pur essendo l’episodio più tranquillo del disco: le pettinatissime dodici corde di Scholz aprono la strada alla dolce voce del nostro, che si sublima moltiplicandosi ed armonizzandosi nel mirabile ritornello, ruffianissimo e inebriante. È per certo il secondo pezzo più conosciuto del gruppo, dopo l’inarrivabile “More Than A Feeling” apertura del loro primo album ed evergreen tuttora ascoltabile in qualsiasi radio.
Ancora una intro tranquilla per “We’re Ready” con subito il soave ululato in falsetto di Delp ad abbellire l’indovinato giro di chitarra, poi l’attesa esplosione dei chitarroni spessi e sonorissimi di Scholz, sui quali il cantante deve tirar fuori la grinta e salire di un’ottava per imporsi.
“The Launch”, che segue, è proprio la simulazione del lancio di un razzo, vero saggio della bravura soprattutto “fonica” di Sholtz che con chitarre filtrate lui solo sa come ed un organo bestiale crea quattro minuti perfetti di NASA a Cape Kennedy. In quest’episodio, di Brad ovviamente nessuna traccia.
“Cool The Engines” è rocchetto assai insignificante, scontato, non succede nulla di memorabile. I Boston hanno questa caratteristica: melodie ed armonie sono assai scontate, semplici e ripetitive come del resto i testi, la chiave per giudicarli dei grandissimi sta nei suoni fantastici, sempre, e nell’architettura degli arrangiamenti, (quasi sempre) un vero trattato di come si fa del rock-pop perfetto, trascinante e ruffiano, buono per le massaie e per i musicisti, per chi vuol distrarsi e per chi vuole imparare come si fa a suonare e cantar bene.
“My Destination” inizia come una ripresa di “Amanda”, in chiave e arrangiamento diversi. Il break di batteria poi lancia un solo devastante di Scholz, chitarre grosse da morire di una potenza e liricità ineguagliabili. Quando il cantante torna per l’ultima strofa la sua voce è al piano di sopra, forte e pura a chiudere il pezzo. Brrrr!
Gli episodi che seguono sono di nuovo meno interessanti, l’opera si riprende proprio sul finale con la superba “Holyann”, introdotta da un imperiale arpeggio di dodici corde. Lo schema si ripete, la canzone cresce d’intensità e raggiunge l’acme con una sventagliata paurosa di chitarre bombastiche e sciabordanti, tanto rotonde e melodiche quanto sonore e turgide, che scorrazzano per il panorama sonoro per poi sparire di botto (ma con dolcezza, per un miracolo di mixaggio del solito ingegner Scholz) e dare aria al timbro celestiale di Delp che canta gli ultimi clichès d’amore e chiude l’album.
Non eri solo Mister Brad Delp, eravamo in molti a tenere a te. La vita è fatta di qualche grande cosa e di moltissime piccole cose e il tuo canto era, è e sarà per me una di queste.
Tweet