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R Recensione

9/10

Led Zeppelin

I

I Led Zeppelin nascono nel 1968 per necessità: Jimmy Page, al tempo chitarrista di buona reputazione e unico membro rimasto dei defunti Yardbirds, decide di rispettare i contratti discografici riguardo a una tournée e cerca musicisti per accompagnarlo. Il bassista-tastierista John Paul Jones gli aveva fatto da arrangiatore un anno prima mentre Robert Plant (voce) e John Bonham (batteria), dopo una consistente gavetta in piccole band, si erano conosciuti nei Band Of Joy. Tutti e tre risposero positivamente all’appello di Page a formare una line-up provvisoriamente nominata New Yardbirds.

Una volta tornati in patria però il nome venne mutato in Led Zeppelin: l’origine del nome sembra nascesse da un’idea di Keith Moon e il suo significato sarebbe dovuto essere “Zeppelin di piombo” (da Lead Zeppelin). Era l’inizio di un sodalizio che sarebbe durato fino al 1980 (anno dello scioglimento in seguito alla morte di Bonham) con una delle carriere più celebrate e mitizzate della storia del rock.

Nel 1969 l’esordio omonimo, con una copertina in bianco e nero raffigurante un dirigibile in volo (uno zeppelin per l’appunto) diventata celeberrima.

In pochi si sono fermati ad analizzare i testi dei Led Zeppelin: in genere erano scritti da Plant, il quale però all’esordio della band è ancora in parte subordinato all’autorità di Page, che di fatto firma la maggior parte delle composizioni. Si parla in particolare di donne (“Dazed And Confused”), difficili rapporti di coppia (“Your Time Is Gonna Come” e “How Many More Time”), amori che finiscono (“Babe I’m Gonna Leave You”) e delusioni sentimentali (“Good Time Bad Time”) e in cui in generale il linguaggio non è sempre propriamente forbito e anzi spesso sessualmente esplicito (“Ohhh suck it! da “Communication Breakdown”). Non testi di elevatissima qualità comunque, più che altro pensati come direttamente funzionali alla musica. Ciononostante, gli argomenti femminili e sessuali perennemente tirati in ballo, conferiscono al disco uno speciale retrogusto sensuale, e questo non può che essere una nota di merito.

Dal punto di vista stilistico-musicale il gruppo riprende un discorso cominciato dagli Yardbirds prima e da Jimi Hendrix e Cream poi, ossia portare avanti l’evoluzione del blues in diverse direzioni attitudinali e ritmiche. Non ci sono pezzi convenzionali in questo mirabile esordio. E soprattutto emerge una grande varietà stilistica nei nove pezzi che compongono l’album.

Good Times Bad Times” è forse il brano più canonico: rock sanguigno ma ancora molto ‘60s, anche se dotato di una originale linea di basso e di un riff molto più potente rispetto alla media. Aldilà del ritornello un po’ banale il punto di forza sta nell’assolo pirotecnico (primo di tanti) di Page.

Communication Breakdown” è una scossa elettrica, un violento graffio che rappresenta la perfetta fusione tra il nuovo suono hard rock e l’attitudine rock’n’roll del decennio precedente.

Ma i Led Zeppelin dimostrano di sapere anche rallentare i toni con brani come “Your Time Is Gonna Come” e “Black Mountain Side”. La prima è dominata da Jones (evento assai raro per un artista spesso soverchiato dai tre mostri sacri che lo accompagnano) che illumina la scena con una tastiera che richiama la “Chester Fever” di The Band, dotata di un’atmosfera onirica, sottolineata dalla chitarra accarezzata da Page. Bonham invece non ce la fa… è più forte di lui… non riesce a non maltrattare violentemente le pelli delle sue drums (e la cosa non sembra darci particolare fastidio).

La seconda vede la presenza alle Tabla di Viram Jasan il quale conferisce un ritmo tribale e mistico a uno splendido strumentale dominato dal carisma di Page: sembra quasi di assistere a un suo semplice esercizio di stile, a un allenamento in cui fa passare per elementare un pezzo che qualunque chitarrista impiegherebbe secoli a imparare correttamente.

E’ con la ballata “Babe I’m Gonna Leave You” che si fa il salto di qualità, con la splendida prova di Plant che domina la scena supportato da una dolce litania fatta di arpeggi quasi folk che si alternano a cambi di ritmo più rock in cui il dolce sussurro diventa un grido stridulo che apre a accelerazioni coinvolgenti, mirabili, sofferte. Il modo straziante in cui Plant annuncia all’amata che deve partire non potrà non procurarvi una fitta al cuore.

Ma l’anima del disco è essenzialmente blues e ne sono la dimostrazione i due pezzi tratti dal repertorio di Dixon: “You Shook Me” e “I Can’t Quit Me Baby”sono blues fino al midollo ma il corpo è un suono più distorto, acido, lisergico, poco distante dalle composizioni rock blues dei Cream. Nella prima interviene anche Jones alle tastiere confermando le sue qualità mentre continua imperterrito il pesante battito di Bonham dietro le pelli. All’interno di un ritmo modulato e costante si staglia uno splendido duetto tra Plant e Page che dialogano l’uno cantando a voce, l’altro facendo esplodere la propria chitarra con note imperiose e strazianti.

Questa “evoluzione” del formato canzone blues viene portato alle estreme conseguenze in modo mirabile nei due capolavori del disco: “Dazed And Confused” e “How Many More Times”.

La prima è una cover degli Yardbirds, i quali a loro volta avevano riadattato un motivo di Jack Holmes. Nonostante una struttura sostanzialmente simile i Led conferiscono al pezzo una furia distruttiva sconosciuta al precedente gruppo inglese. Lo stesso Page mostra ulteriori, straordinari progressi, e in generale emerge la capacità del gruppo di partire da una struttura tutto sommato tradizionale per distanziarsi progressivamente verso sonorità sconosciute.

L’inizio è un’atmosfera rock blues, ma stavolta più psichedelica, lisergica e anche molto “noir”. Nonostante un’ottima prestazione sia Plant che Jones passano quasi in secondo piano sovrastati dal trionfo di Bonham e Page: il primo picchia come un ossesso per oltre sei minuti con una velocità e una potenza inenarrabili affermandosi tra i migliori del mestiere (perlomeno in ambito rock). Il secondo rende epico il pezzo con riff stratosferici, assoli supersonici e distorsioni ossessive che lo incoronano il miglior chitarrista di tutti i tempi (assieme a Jimi Hendrix): capace di attraversare i generi (rock, blues, folk, hard rock, psichedelia) e di creare qualsiasi tipo di sensazione, atmosfera, suono riesce a diventare tutt’uno con il proprio strumento in una simbiosi che assume aspetti quasi sacrali. Storico il momento centrale del brano in cui Page utilizza un archetto da violino sulla propria chitarra, un’azione che diventerà tra le più celebri delle loro prestazioni live.

Anche in “How Many More Times”, un tema blues (di Howlin’ Wolf) viene stravolto in una dimensione lisergica in cui ad accompagnare il canto astrale di Plant è un assolo metafisico che sconfina al di là della realtà, oltrepassa territori sconosciuti e diventa un qualcosa da idolatrare. Al termine della magia di Page rimane un vuoto cosmico oscuro e si galleggia in un’atmosfera inquietantemente psichedelica. Poi il ritorno a uno smargiasso sound pienamente hard rock e la degna chiusura orgiastica.

L’esordio dei Led Zeppelin ebbe un enorme successo fin dall’inizio: rimase per oltre cinquanta settimane in classifica raggiungendo il sesto posto in Gran Bretagna e il decimo negli USA e ottenendo anche il riconoscimento di un disco d’oro. Aldilà del successo commerciale il grosso merito dell’album fu di istituzionalizzare quell’hard rock, in precedenza già esplorato da Blue Cheer, Who, Cream,ma che qui diviene bandiera identificante del groppo, oltre che degli altri due gruppi totem di queste sonorità: Black Sabbath e i Deep Purple.

C Commenti

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PierPaolo (ha votato 9 questo disco) alle 15:58 del 2 aprile 2007 ha scritto:

Il dirigibile in fiamme

Dici bene tutto quello che dici Peasy, e anche Gulliver ha in fondo ragione sugli Yardbirds vera fucina del passaggio dal pop al rock di fine sassanta. Ma Page ebbe grande intuito/fortuna a barattare la psichedelia ed il beat dei suoi vecchi compagni con l'attacco micidiale di Bonham e la carica drammatica e trasgressiva di Plant.

Alessandro Pascale, autore, alle 14:20 del 14 aprile 2007 ha scritto:

C'è però una bella differenza

E non poca tra gli Yardbirds e i Led: molto più psichedelici "tradizionali" e soft i primi, molto più "pesanti" e a loro modo anarchici i secondi. E se uno ha la volontà di cercare su youtube le due versioni di dazed and confused si renderà conto della sostanziale differenza. Grande merito cmq agli Yardbirds per il loro essere così seminali ma credo proprio che i Led siano stati un salto di qualità

Vikk (ha votato 9 questo disco) alle 1:00 del 29 maggio 2007 ha scritto:

il primo vagito dell'hard rock

thin man (ha votato 9 questo disco) alle 19:07 del 22 luglio 2007 ha scritto:

Questa è storia

Disco ancora devoto a stilemi del passato ma fondamentale in ogni sua sfaccettatura, anche se non è il loro migliore

Giuseppe Pontoriere (ha votato 9 questo disco) alle 14:41 del 29 luglio 2007 ha scritto:

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Posso prendere lezioni di chitarra da Jimmy Page?

Mr. Wave (ha votato 8 questo disco) alle 17:31 del 28 novembre 2008 ha scritto:

Affascinato dalle sonorità ''heavy-blues'' del primo cd dell'amico Jeff Beck, ''Truth'', Page decise di creare un album che si muoveva su coordinate simili, anche se vengono ulteriormente accentuate la pesantezza e la ricerca dell'improvvisazione. Quest'album, a mio parere, è un grande album composto in maggioranza di cover blues stravolte in chiave heavy metal e psichedelica. Bella rece, complimenti Alessandro

fredneil alle 14:34 del 29 dicembre 2008 ha scritto:

belli ma non troppo

Premesso che i Led e questo disco mi piacciono molto,non concordo col recensore (peraltro attento e capace)sulla linea di sviluppo Hendrix-Cream-Led Zeppelin.Questi ultimi non avevano un grande senso del blues: Page che, in "Dazed and confused", dopo i "melodrammi" plantiani, a un certo punto, non si sa bene perchè, parte a razzo con un un assolo a cento a l'ora, bè, col blues non ci sta proprio in sintonìa, col "fracassone" Bonham che rimbomba in sottofondo.Secondo la mia modesta opinione, i Led il meglio lo hanno dato nella costruzione dei pezzi su "riff" ripetuti e contratti ("Whole Lotta love", Immigrant song")proto hard, e sulle magiche contaminazioni folk, rock, raga acide di Page in chiave acustica (vedi Led Zeppelin 3). I blues melodrammatici di questo Led Zeppelin 1 sono tirati per i capelli,sono, appunto, "drammatizzati" in modo un pò falso e volgare, anche se capisco il fascino che possono esercitare.Quanto agli Yardbirds (di Jeff Beck soprattutto), parliamo della prima grande band inglese in anticipo sui tempi, geniali e tecnicamente superiori (alla "media" del beat e blues, e si ascolti "I'm a man" sia nella versione proto che in quella con Page), carenti soltanto nella scarsa voce del pretenzioso Keith Reif (la "Dazed and confused" cantata da lui tutta "di naso" è penosa)

dario1983 alle 5:09 del 30 dicembre 2008 ha scritto:

voi state scherzando con la storia

claudiap. alle 18:24 del 26 marzo 2009 ha scritto:

stupendo!!!!

REBBY (ha votato 9 questo disco) alle 18:40 del 26 marzo 2009 ha scritto:

Truth e Beck-ola di J. Beck e questo sono i tre

dischi di hard rock cui sono più affezionato.

galassiagon (ha votato 9 questo disco) alle 14:23 del 5 aprile 2010 ha scritto:

RE:

PetoMan 2.0 evolution (ha votato 10 questo disco) alle 22:43 del 23 novembre 2009 ha scritto:

il mio preferito del Dirigibile

Disco per me immenso e perfetto. Forte e sicuro dalla prima all'ultima nota. Capolavoro.

icominto (ha votato 10 questo disco) alle 14:26 del 11 gennaio 2010 ha scritto:

CONCORDO! disco perfetto, equilibrio impeccabile tra blues e rock, non mi stancherò mai di ascoltarlo!Il ruggito primordiale di Robert Plant non sara' piu' cosi' spontaneo e non c' e' Moby Dick che tenga al lavoro che fa "bonzo" Bonham su questo disco!MEMORABILE!!!

ff1975 (ha votato 10 questo disco) alle 17:00 del 31 gennaio 2010 ha scritto:

Quante emozioni!

Il primo album dei Led è il più intenso, il più spontaneo, il più magico.

Semplicemente il più bello.

Tutti gli altri (compresi il supercelebrato IV) un gradino sotto.

Ciao Fabio

bart (ha votato 9 questo disco) alle 0:27 del 15 aprile 2010 ha scritto:

Il "Dirigibile" vola alto già dall'esordio. Una sola caduta di tono: Your Time Is Gonna Come. Il resto è da incorniciare.

synth_charmer (ha votato 8 questo disco) alle 11:43 del 28 aprile 2010 ha scritto:

medaglia d'argento della loro discografia. Ci sono diversi pezzi davvero indimenticabili (Dazed And Confused, Baby I'm Gonna Leave You). Per certi versi il più classico degli album dei Led Zeppelin. Voto: 8.5

bart (ha votato 9 questo disco) alle 12:47 del 28 aprile 2010 ha scritto:

RE:

Sono indeciso su quale sia il migliore, se questo o il IV. Vabbè, per ora dico medaglia d'oro a pari merito.

dalvans (ha votato 10 questo disco) alle 14:43 del 23 settembre 2011 ha scritto:

Incredibile

Il primo capolavoro dei Led Zeppelin

David alle 16:58 del primo settembre 2012 ha scritto:

Sì, però nei crediti mancano di citare un bel pò di bella gente.

alekk (ha votato 10 questo disco) alle 11:42 del 17 dicembre 2012 ha scritto:

il loro disco migliore. da qui in poi chi non cercherà di imitare le loro sonorità?e quale vocalist non si ispirerà a robert plant?un plant unico in questo album. in dazed e confused(la loro canzone che preferisco) è davvero trascinante. mai più poi su questi livelli,tantomeno nel celebrato(anche troppo) led zep 4

alekk (ha votato 10 questo disco) alle 11:42 del 17 dicembre 2012 ha scritto:

il loro disco migliore. da qui in poi chi non cercherà di imitare le loro sonorità?e quale vocalist non si ispirerà a robert plant?un plant unico in questo album. in dazed e confused(la loro canzone che preferisco) è davvero trascinante. mai più poi su questi livelli,tantomeno nel celebrato(anche troppo) led zep 4

Bearfluffy alle 19:38 del 10 aprile 2013 ha scritto:

Un giorno negli anni 80 mi ritrovai ad ascoltare attentamente l'assolo di Page in "You Shook Me". Rivelazione dell'assoluto.

Jacopo Santoro alle 15:41 del 11 aprile 2013 ha scritto:

Blues blues blues...

swansong (ha votato 10 questo disco) alle 13:04 del 22 luglio 2014 ha scritto:

Non so se è il più bello o il migliore, in ogni caso poco mi importa. Credo però sia l'album dei LZ in studio che ascolto (e ho ascoltato) con maggior frequenza..

zagor (ha votato 9,5 questo disco) alle 13:19 del 22 luglio 2014 ha scritto:

dopo tanti anni "good times bad times" spacca ancora, quel momento in cui quella figura di basso di Jones passa il testimone all'assolo esplosivo di Page è storia!

ProgHardHeavy (ha votato 10 questo disco) alle 18:54 del 3 settembre 2014 ha scritto:

Capolavorone! Non da 10, ma da 9,5. Ho sbagliato a votare, di nuovo

zagor (ha votato 9,5 questo disco) alle 13:07 del 12 gennaio 2019 ha scritto:

esattamente 50 anni fa, history in the making!

Utente non più registrat (ha votato 8 questo disco) alle 10:26 del 22 febbraio 2019 ha scritto:

Con questo album finisce l'epoca d'oro dei gruppi vocali (Beatles, Beach Boys) e inizia quella dell'hard rock. Il cantante non è più Pippo o Gianni, è un vocalist dotatissimo, potente, unico, immediatamente riconoscibile. Ora il chitarrista non è un semi-dilettante che si limita ad accompagnare una canzone pop, è egli stesso componente fondamentale della canzone, plasma egli stesso il grosso della personalità del gruppo; George Harrison o Carl Wilson li si può sostituire con chiunque, non se ne accorgerebbe nessuno; Jimmy Page è insostituibile. Non che prima non esistessero grandi cantanti, Roger Daltrey, Mick Jagger (o Eric Burdon, perché ci si dimentica sempre di Burdon?) o grandi chitarristi, Hendrix ma anche Pete Townshend ad esempio (e Jeff Beck accidenti), ma Led Zeppelin 1 è un po' la spintarella decisiva che fa crollare il castello di carte.

Utente non più registrat (ha votato 8 questo disco) alle 11:53 del 6 settembre 2020 ha scritto:

Con tutto il rispetto per gli Zep, che sono stati una grande band, mi sento di abbassare il voto a 7. Ora che di blues rock ne ho ascoltato un tantino, credo che questo album non sia poi così spaziale, ma che anzi abbia anche difetti niente male accanto a certi suoi incontestabili pregi riveritissimi anche troppo, vi spiego perché. Anzitutto quasi tutte le canzoni sono cover, dichiarate o meno, e già non è una notizia granché bella, perché un ottimo album di composizioni originali è quasi sempre preferibile, naturalmente. Si potrebbe obiettare che l'interpretazione degli Zep è comunque di tutt'altro livello, e sono d'accordo, ma quanto di questo "surplus" è fatto artistico e quanto è un contentino per mucchi di gente che desideravano grida forti schitarrate potenti e percussioni martellanti? Chiediamocelo. La scaletta non è poi eccessivamente brillante: "Babe I'm Gonna Leave You" è bella come idea, ma è anche tirata un po' troppo per le lunghe. "You Shook Me" è anche peggio, "Your Time" non è un granché, "Black Mountain" è un intermezzo un po' banalotto, "I Can't Quit You" un ennesimo blues, e a questo punto evitabile aggiungo, e "How Many More Times" è sempre lunghetta. Infine, è stato un album influentissimo, su questo non ci piove, ma chi ha influenzato? Quanti gruppi artisticamente validi, e quanti soddisfatori di arene impazzite poco esigenti dal punto di vista della qualità? Chiediamocelo. Seriamente, più passa il tempo e più preferisco largamente un "Vincebus Eruptum" a questo.

Ragion per cui mi allineo all'opinione del Maestro, e riduco il voto ad dignitosissimo, ma non spaziale, voto 7.