V Video

R Recensione

7,5/10

Andrea Pozza

Siciliana

Se le storie dei musicisti si potessero dividere, in base alla capacità di farsi conoscere, fra lampi improvvisi e comete dalla lunga scia, quella di Andrea Pozza, pianista genovese attivo da circa trenta anni sulla scena del jazz nazionale e non solo, apparterrebbe di diritto alla seconda categoria. Studio, dedizione rigorosa e fedeltà al linguaggio del jazz, adottato in una vasta gamma di “dialetti”, ma sempre in connessione con le radici storiche, sono termini adatti a descrivere un artista che ha sempre privilegiato, in musica, i mezzi toni ai colpi ad effetto, giungendo, attraverso un lungo percorso, al riconoscimento di una  personalità ben più ricca di quanto potessero far presagire i lontani esordi di pianista intimista e riflessivo.

Nel corso degli anni, per Pozza sono maturate collaborazioni importanti con alcuni maestri del jazz come  Harry "Sweet" Edison, Bobby Durham, Chet Baker,  Scott Hamilton e Steve Grossman, è giunta la chiamata nel quintetto di Enrico Rava, vera fucina dei maggiori talenti nazionali del jazz, ed ha preso avvio una nutrita discografia sia come sideman  che da leader, in diverse formazioni e con una apertura graduale dalle strutture del mainstream a forme espressive più libere, testimoniate nell’album più recente “A Jellyfish From The Bosphorus”.

In “Siciliana”, inciso dal trio europeo con Andrew Cleyndert e Mark Taylor, Pozza ha invece compilato una piccola antologia di pianisti compositori, intitolando il lavoro ad un mix fra barocco ed improvvisazione, nel nome del capostipite J.S. Bach, per proseguire attingendo ai testi sacri del jazz. Lungo le undici tracce sfilano sontuose interpretazioni di Thelonius Monk (“We see”), Bud Powell (una disinvolta “Celia”, con spazi solisti per il risonante contrabbasso di Cleyndert e l’agile batteria di Taylor), Billy Strayhorn (la celebre “Isfahan”), Cedar Walton (l’iniziale “Bolivia”, presa a velocità fulminante), Chick Corea (“Windows”), del pianista di Chet Baker, Bobby Timmons, ( il soul blues “Dat Dere”) e di Denny Zeitlin (la ballad “Quiet now”, ancora con un eloquente ruolo del contrabbasso).

Una scelta di repertorio che, di per sé, costituisce valore intrinseco del disco, composto in buona parte da first takes, e intriso di un forte senso dello swing, nel segno di una solida eleganza e di un interplay totale fra i tre, spesso alternati nei ruoli solisti.

Due gli originali di Pozza: “Fleeting visions”, dove il piano sembra volare sulle ali della ritmica, e “Tango for Sebastian”, rielaborazione del pezzo che intitola l'album. E, a dimostrazione che il lato intimo della musica e della vita rimane uno dei punti di vista privilegiati, una  intensa versione di “My one and only love”, song di Guy Wood fra le più interpretate a tutte le latitudini, da John Coltrane a Rod Steward: l’intro di solo piano, nella sua composta intensità, è un eloquente testimone del mondo secondo Pozza. Disco pubblicato in Inghilterra e reperibile on line e nella città natale del musicista presso lo store Disco Club.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.