A Live Report - Cocodriles

Live Report - Cocodriles

Unwound, 30.10.09

Giungono ad autunno inoltrato i californiani Crocodiles (da non confondere con la storica band neozelandese di Jenny Morriss, The Crocodiles) per tre date nella nostra penisola (Roma 29/10, Padova 30/10 e Ravenna 31/10).

Il gruppo, fondato da Brandon Welchez e Charles Rowell, già membri dell’ ensemble punk “The Plot To Blow Up The Eiffel Tower” , è tra quelli che, come i Wavves e i No Age (questi ultimi hanno commentato positivamente il loro ultimo lavoro “Summer of Hate”) stanno cavalcando l’ondata del noise pop intriso di feedback e distorsioni tanto care alle sperimentazioni anni ‘80 di Kevin Shields e dei fratelli Reid.

A differenziare questi giovani coccodrilli dai dinosauri dello shoegaze è probabilmente la mancanza di freschezza, se mi si concede il paradosso, ma ciò non gli impedisce di regalarci almeno una manciata di pezzi davvero ben confezionati e dal forte impatto, soprattutto dal vivo.

Iniziano con Hollow Hollow Eyes, tastierina synth e tappeti di chitarre introducono la voce effettata di Welchez, l’impatto è buono e decido di rimanere in primissima fila. La batteria è affidata ad un giovane veneziano, Marco Rapisarda, e questo non può esser che positivo visto che è anche molto bravo. Segue una frenetica “Refused Angels”, brevissima electro song carica di feedback e riverberi forsennati che un po’ mi confondono. Cerco di assimilare maggiormente le canzoni proposte e mi sposto a metà della sala cosi da poter apprezzare “Summer of Hate” canzone che dà titolo al disco, è un bel pezzo in crescendo con esplosione finale, e il pubblico, già abituato e forse un po’ distratto dalla presenza morrisoniana di Brandon, sembra gradire. Si cambia decisamente registro con “Here comes the sky”, dolcissima e dal sapore vagamente sixties, tre accordi certo, ma di quelli giusti.

Seguono “Neon Jesus” (che non a caso sembra uscita dal disordinato ripostiglio musicale del William Reid di Darklands) “Soft Skull”(in my room) e “I wanna Kill”, ineccepibile singolo psycocaramelloso.

Le poche pause tra un brano e l’altro creano una forma di apnea e dimostrano una ottima preparazione da parte della band. Ci si dirige abbastanza speditamente verso l’epilogo con una riconoscibile “Warsav” dei Joy Division, un bellissimo pezzo che lì per lì sembra voler dire che vi siano anche altre influenze care al gruppo, e ci piace. “Young Drugs” ultima canzone anche nel disco, conclude la performance sotto l’insegna di un’ingenua oscurità, e mi dà da pensare che prima o poi dai Crocodiles qualcosa di altamente personale uscirà. Ne son certo.

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