Vivian Girls
Vivian Girls
Tre ragazze pubblicano un disco di dieci canzoni per un totale di ventidue minuti, e tutti parlano di loro. Risolvere il problema.
Il problema, a dire il vero, è che non c’è nessun problema, perché questo debutto delle newyorkesi Vivian Girls, nel suo genere, è tra i lavori più deliziosi ascoltati quest’anno. E il genere andrà identificato con un garage-rock inzaccherato di riverberi, lercio di distorsioni, sudicio di ritmi punk e melodie pop.
Se ne è già parlato a proposito dei Crystal Stilts, concittadini delle Vivian Girls che alle fanciulle hanno pure scippato la batterista (nonché fondatrice) Frankie Rose: piluccare qualcosa dai Mary Chain e qualcosa dai Velvet Underground, shakerare con un pizzico di Vaselines e aggiungere tante armonie inglesi (Pastels, in primis) con un tocco finale di maledettismo. Ossia: parlare di amori paradisiaci poi infranti, intitolare un pezzo di neanche un minuto e mezzo “No”, in cui si ripete ossessivamente il titolo tra arpeggi indistinti nella pece del feedback; chiudere il disco con una “I Believe In Nothing” che metta uno sfacciato sigillo nichilista all’intero lavoro. Cose così, un po’ furbe, ad effetto, magari, ma condite di buona sostanza.
Perché bisogna riconoscere che queste dieci schegge difficilmente escono dalla testa. Provare per credere. Già al terzo ascolto la partenza lampo di “All The Time”, con il suo ritmo travolgente e la caciara che attacca giusto un mezzo secondo dopo la voce, fa a dir poco tarantolare. Nella voce di Cassie Ramone non c’è isterismo, ma una blanda indifferenza che sfiora la serenità. Un sano fancazzismo, insomma. E quando la accompagnano i cori di Kickball Katy e Ali Koehler (come nella più drogata “Such A Joke”) si raggiungono pura visionarietà e puro intontimento.
Questo sono le Vivian Girls: roba da feste in appartamento con luci basse e tantissime facce ignote e tanto alcol, roba da barcollarci sopra piuttosto che da ballare, barcollarci con una bottiglia di birra in mano. “Never See Me Again” sembra fatta apposta. “Wild Eyes” è la ballata con stricnina che dedichereste alla ragazza giusta, tanto che il rumore a metà pezzo tace e potete persino distinguere la semplicità grezza di un assolo. Da mimare tipo guitar hero: tutto per lei. Il cuore del disco contiene i due pezzi più lunghi: la ebbra “Tell The World” (un po’ The Bangles) e la meno sfocata “Where Do You Run To?”, in cui trionfa la linfa pop che alimenta la predisposizione delle donzelle.
Non sono le sporche ragazze grunge, queste Vivian Girls, che erano le L7 o le Babes In Toyland; non sono le eroine punk rock che sono le Sleater Kinney né le autistiche new wave che erano le Organ. Meno problematiche di tutte, sono le Vivian Girls, da Brooklyn, NY, portabandiera di un esercito garage pop che picchia sulle vostre orecchie per ubriacarvi di melodicissimo fracasso. Sicché quando vi rialzerete, con un mal di testa grande e dolce come un cocomero, non saprete neppure chi ringraziare.
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