R Recensione

7/10

Screen Vinyl Image

Interceptors

Apparizioni sintetiche di asteroidi, esili entro la fine del tempo. Raggi catodici in rotta di collisione con la coscienza. Febbre. Un universo caotico e buio quello descritto dagli Screen vinyl image, all’esordio sulla lunga distanza con questo Interceptors, un universo di stelle lontane e spente. Non basterà un guida intergalattica per autostoppisti per cercare di orientarsi in queste fitte nebulose: radiazioni di fondo (riverberi shoegaze) vi stordiranno, il ronzio dei motori atomici (electro-synth) vi accompagnerà in un viaggio senza meta, mentre la radio di bordo (canto) vi reciterà sermoni ora oscuri, ora eterei e distanti.

Confusione e smarrimento in questa Odissea nello spazio proposta dagli Screen Vnnyl image che ha il pregio di amalgamare bene varie tendenze musicali del passato, in particolare degli anni '80, ma che non sempre, soprattutto nella parte centrale, riesce a convincere pienamente. Si tratta comunque di un esordio più che positivo. Synthetic apparition ci trasporta lentamente  in prossimità del buco nero, ma è Cathode ray che ci risucchia nel vortice, che ci sballotta col suo electro- drone riverberato e distorto, mentre un tizio che si crede, evidentemente, Peter Murphy (Bauhaus) intona una Bela Lugosi’s dead del III millennio. Slipping away ci porta in un vuoto e piatto mare della tranquillità, ma l’atmosfera è ancora tersa e tremendamente desolante. Il tizio intona una languida e triste melodia.

I Cure di Disintegration insieme ai My bloody valentine di Isn’t anything. Strano connubio. Ma suona bene. La temperatura nel punto di atterraggio si alza con Fever. È calda anche la voce del nostro misterioso compagno di viaggio, sì, calda e avvolgente come alcune stelle dimenticate dell’inizio del secolo. Si respira la sensibilità pop dei Radio dept., ma anche tanto sinth delicato alla maniera di M83 e qualche frammento di Telefon Tel Aviv. Intanto il nostro visitatore mi sta facendo veramente innervosire, ora si è messo a ricalcare spiccicato Dave Gahan. Ma pure i Depeche mode erano necessari? Forse si, perché Asteroid Exile sarebbe potuto essere un degnissimo singolo della fase più dark del gruppo originario di Basildon.

Il viaggio prosegue, l’astronave assorbe bene i colpi inferti da Lost in repeat e Until the end of time che vede ancora protagonisti i Depeche mode; pure le scosse di Death defiance permettono di mantenere la rotta predefinita. Nell’equipaggio serpeggia addirittura già qualche sentimento di noia, ma What you need rompe la monotonia:un bombardamento sonoro senza sosta, in cui la base elettronica crea dei vortici ipnotici. Il tizio per fare in modo che la sua voce si oda in tanto trambusto, è ormai costretto a urlare, mentre il suo cantato si fa sempre più drammaturgico e delirante, sempre più Bauhaus oriented, come se profetizzasse la fine di non so cosa. In effetti Coscience collider è praticamente una messa da requiem in cui, al posto di una classica orchestra ben posizionata e a un coro ben vestito , hanno sostituito i Jesus and Mary Chain in versione incazzosa e scorbutica. Forse il tizio aveva ragione. Un asteroide ci ha colpito. I motori sono malconci, il propulsore non risponde.

Con grande tempestività e sangue freddo il pilota riesce comunque ad atterrare in un pianeta deserto. Il viaggio è comunque finito, ma almeno avrò la soddisfazione di concedarmi da voi con questa ultima canzone, Chaser, che mi ricorda i vecchi tempi di quando ero giovane, di quando non c’erano astronavi in grado di coprire la distanza Terra-Luna in sedici minuti, quando si pensava che su Marte non c’era vita, quando non c’erano colonie umane su Alfa centauri, ma quando c’erano i Bauhaus, I Jesus and Mary Chain e le prime avanguardie shoegaze, quando i suoni sintetici ed elettronici non smettevano di stupire, quando c’era buona musica.

V Voti

Voto degli utenti: 6,2/10 in media su 5 voti.
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REBBY 5/10

C Commenti

Ci sono 4 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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ozzy(d) (ha votato 7 questo disco) alle 16:50 del 4 maggio 2009 ha scritto:

Non male, tanti spunti interessanti anche se forse gli manca il colpo da Ko.

Mell Of A Hess (ha votato 6 questo disco) alle 2:56 del 6 maggio 2009 ha scritto:

Complimenti sinceri per la recensione, mi è piaciuta davvero tanto!Il disco invece non molto, l'ho ascoltato e riascoltato, ma non trovo il guizzo o come dice Gulliver "il colpo da KO".

Buone le basi, tra cui io sento anche un po' di esperimenti kraftwerkiani, ma (secondo me) a volte un po' perse nell'iperspazio, forse manca un'inventiva più personale.

By the way Alessandro mi permetto di consigliarti i Crocodiles se non li conosci ancora.

otherdaysothereyes, autore, alle 12:08 del 6 maggio 2009 ha scritto:

Sono pienamente d'accordo con voi, ragazzi, sul fatto che manchi qualcosa. Sinceramente i crocodiles non li conosco...quindi provederò al più presto a colmare questa lacuna! Grazie Mell per i complimenti e per il consiglio!

REBBY (ha votato 5 questo disco) alle 8:24 del 17 settembre 2009 ha scritto:

Si, anch'io penso che manchi qualcosa, ma cosa?

Beh, sicuramente un buon cantante, ma non solo

quello.Le sonorità utilizzate non mi dispiacciono,

l'ascolto distratto (sottofondo) è anche godibile.

Il problema, per me s'intende, è che quando si fa

più attento l'ascolto quasi tutti i brani mi

appaiono superficiali ed inchiodati ad un unico

tema, un'unica idea, senza sviluppo, senza

"sorpresa", e generano in me monotonia.