R Recensione

7/10

My Bloody Valentine

This Is Your Bloody Valentine

Ah i My Bloody Valentine… entrati nella storia del rock per essere diventati i maggiori esponenti del genere shoegaze, genere portato alle estreme conseguenze in un disco (Loveless) diventato ormai un punto di riferimento imprescindibile perfino per la nonnina che abita sullo stesso pianerottolo. Eppure il gruppo che nasce nel 1983 a Dublino aveva ben altro in mente rispetto all’estetica low-fi successivamente presa a prestito dagli spunti dei Jesus & Mary Chain. Il quartetto che andò a formarsi nella prima pubblicazione ufficiale, per l’appunto il suddetto ep, era composto da Kevin Shields alla chitarra, David Conway alla voce, Colm O'Ciosoig alla batteria e tale Tina alle tastiere.  

L’orientamento musicale dell’epoca è presto detto: un furioso mix di post-punk selvaggio e dark-wave elettrica. Tutto molto decadente, chiassoso e primordiale insomma, e sorprendentemente fico per un esordio sorprendentemente dimenticato, con 25 minuti di ottima fattura, con sonorità che a causa di una certa derivatività di fondo non potevano certo essere considerate all’avanguardia, per carità, ma senz’altro ancora abbastanza moderne e “di moda”.  

Siamo nel 1985, Ian Curtis è morto ormai da un lustro, i Bauhaus si sono bell’e sciolti da un paio d’anni e i Cure hanno svoltato verso il pop con dischi come The Top e The head on the door. Eppure la dark-wave non sembra voler morire, anzi nascono addirittura nuovi gruppi di culto come i Sisters of Mercy, mentre trovano l’apice creativo altre band come The Cult (Love) e Dead Can Dance (Spleen and ideal).  

In realtà è vero, siamo agli sgoccioli di un’epoca, e il periodo che si affaccia (la seconda metà degli ‘80s) pare una fucina sorprendente di nuovi gruppi dediti al rilancio delle chitarre rock e di quel rock pre-punk cui si guarda sempre più con nostalgia, pur mantenendo coscienza di tutto quel che è stato il punk e la new wave. Il passaggio ovviamente non è istantaneo e la maggior parte dei gruppi protagonisti della stagione successiva prima di avviare la piccola rivoluzione musical-estetica (con l’avvento di quello che chiamiamo indie rock sostanzialmente) partono spesso da basi post-punk, wave o punk-core. Tali influenze sono riscontrabili un po’ dappertutto, dai Dinosaur Jr agli Yo La Tengo, dai Sonic Youth ai Replacements, passando per Husker Du e (perché no?) i nostri Litfiba.  

This is your Bloody Valentine è quindi un esordio rivolto senz’altro al passato, eppure mantiene un fascino speciale e pare uno dei saluti migliori ad un’epoca straordinaria come quella della stagione post-punk. Un saluto fatto di sette brani ammalianti, a partire dal noir-blues di Forever and again, un Nick Cave sciacquato in melodie rockabilly che ti trascina in maniera elegante e vibrante. Nick Cave che torna furibondo anche nella distruttiva Don’t cramp my style, sabbongia scatenata in cui sembra scontrarsi con i treni sonici chiamati Stooges e Suicide. Homelovin’ guy e Tiger in my tank riprendono invece in pieno la tradizione garage-psychobilly, tra riff e progressioni semplici ma efficaci, nel migliore stile Cramps.  

Con The love gang Conway imita spudoratamente Murphys (Bauhaus) e il suo stile istrionico mentre il terrorismo sonoro che lo accompagna è un solido garage-wave bastardo allevato da Suicide e Chromes. Gli ultimi due brani danno un senso alla presenza della misteriosa Tina (pare non si possa sapere chi sia costei): Inferno è un gioiellino in cui le tastiere si fondono perfettamente con una batteria più curata e un cantato ora estremamente profondo e intenso, dalle armonie vocali assai suggestive. Il suono, meno casinaro e punk, è ora davvero “pieno”e carico come non mai, e la sublime cavalcata che ne esce sembra una perfetta commistione tra atmosfere dark e il nascente approccio shoegaze del gruppo, qui sperimentato forse per la prima volta dalla chitarra di Shields.

The last supper chiude il disco all’insegna di uno scherzo abbastanza spudorato, vista la sua piena appartenenza ai canoni dei Doors, le cui tracce si ritrovano soprattutto nell’apertura vocale di Conway e nelle tastiere di Tina. Si chiude così quindi, con un omaggio spinto ai Doors, l’esordio di uno dei gruppi più importanti degli ultimi trent’anni. A risentire Loveless chi l’avrebbe mai pensato?

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 4 voti.
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rael 7/10

C Commenti

Ci sono 3 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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sarah alle 12:40 del 25 novembre 2009 ha scritto:

Come le nonnine conosco solo "Loveless" (che disco, che disco), dovrò recuperare anche questo mi sa.

Mr. Wave (ha votato 7 questo disco) alle 13:35 del 25 novembre 2009 ha scritto:

I My Bloody Valentine nella loro prima affascinante veste musicale. Un mini-Lp rannuvolato, urgente ed impellente di comunicare. L'irruenza dei MC5 incontra le trame lugubri di Nick Cave. Un brillante da riscoprire. [voto: 7.5]

nebraska82 alle 16:36 del 8 novembre 2012 ha scritto:

nuovo disco in arrivo entro lanno, parola di kevin shields....