A Memphis Goons - Meglio delle Shaggs, più sfortunati dei Big Star

Memphis Goons - Meglio delle Shaggs, più sfortunati dei Big Star

La storia della musica popolare è disseminata di artisti sfortunati che non riescono a ottenere contratti discografici e arrivare alla pubblicazione neppure di un solo 45 giri. Ma l’avventura dei Memphis Goons è tanto unica quanto disgraziata. Thurston Moore dei Sonic Youth ha definito l’epica sconfitta della band in questione una “fantastica storia del rock’n’roll americano”. E raccontiamola questa storia. D’altronde neppure l’arioso libro “It Came From Memphis” di Robert Gordon menziona i nostri, citati soltanto nel volume specialistico “The Memphis Garage Rock Yearbook, 1960-1975” di Ron Hall e negli scritti autobiografici di uno dei componenti della band, Robert Hull, giornalista di Creem, Rolling Stone e Washington Post. Ma cos’è che non ci è giunto da Memphis? Andiamo con ordine.

 

Siamo a Whitehaven, periferia di Memphis, nell’estate del 1969: due ragazzi annoiati decidono di formare una band. La scelta del nome ricade inizialmente su una strana sigla, Unhatched Ostrich Egg. Memphis non è proprio il centro della nuova scena: è la città di Elvis Presley e rivaleggia con Detroit nel campo del soul, ma a differenza della Motor City non ha una realtà proto-punk come quella portata avanti da Stooges e MC5. Per quanto riguarda la controcultura floreale, poi, non è certo San Francisco. Elvis infine non è più quello di “Heartbreak Hotel” ma un leone in gabbia, presto autore di spettacoli da baraccone a Las Vegas.

 

Robert Hull (pianoforte) e Phil Jones (chitarra e basso) per sancire l’inizio della loro carriera musicale si ribattezzano rispettivamente Xavier Tarpit e Wally Moth (detto anche Vanilla Frog). Moth, figlio di un ingegnere del suono, mette a disposizione un registratore e Tarpit, figlio di una maestra di musica, gli strumenti musicali. L’idea è quella di incidere più canzoni possibili in presa diretta e senza troppi ripensamenti, in un’ottica spartana del “buona la prima”. Il gruppo, dopo la scuola e nei momenti di pausa, prova nei garage e negli scantinati di famiglia, non lontano da Graceland, la dimora lussuosissima della stanca rockstar. La band registra i brani a bassa qualità senza curare i particolari e lo fa, nel corso degli anni, con una costanza e una consapevolezza tali da far intravvedere una vera e propria estetica lo-fi e una ricerca nel campo rumoristico. Gli Unhatched Ostrich Egg non si esibiscono mai dal vivo e suonano in totale riservo senza emergere dalle loro sale prova domestiche. Grazie ad una loro cassetta, i due membri della band riescono a prendere un ottimo voto in una fiera della scienza ma soprattutto ricevono una lettera di complimenti da Frank Zappa in persona, che li incoraggia a proseguire e li invita a mandare alla Straight altro materiale. Nonostante il contatto con le Mothers non porti a nulla di concreto, i ragazzi sono stimolati a continuare e scoprono presto i basilari trucchi di registrazione. In pieno ottimismo adolescenziale, sognano il successo, progettano album e spediscono in giro i loro demo, proprio come i coevi Residents. Le loro canzoni così anticonvenzionali, nell’era degli eccessi di droga e alcol, sono ispirate solo dalla bevanda analcolica Dr Pepper e dalla cioccolata Chips Ahoy. Alla fine del 1970 inviano un nastro ad una radio di Memphis che si rifiuta di trasmettere la loro musica in quanto troppo sperimentale e troppo poco radiofonica. Pare che, arrabbiati per l’insuccesso, i due ragazzi abbiano fatto una scorribanda nel parco di Graceland e urinato sul prato del Re. Ma nel 1970 Elvis ha già lasciato Memphis per Las Vegas e Jerry Lee Lewis, qualche anno dopo, combinerà a Graceland un guaio ben più serio.

 

Nella primavera del 1971 l’amico comune Mike Lantrip (chitarra e basso), cambiato il nome in Jackass Thompson, si unisce al gruppo: nonostante Captain Beefheart fosse una fonte di ispirazione della prima ora, è Thompson, con il suo tocco originale alla chitarra e la sua voce graffiante, a ricordare più smaccatamente lo stile di Don Van Vliet. In occasione della nuova ripartenza, Moth suona un giro di basso simile alla musica che sottolinea l’apparizione del personaggio minore Alice the Goon nel cartone Popeye. Nasce così il nome definitivo della band: Memphis Goons. Un’altra voce vorrebbe l’etimologia frutto della passione dei musicisti per i comici inglesi Goons: in ogni caso, l’influenza del mondo della cultura di massa è molto marcata, dal wrestling ai fumetti, dai jingle televisivi agli sketch umoristici. La miscela di alto e basso è una caratteristica dell’allora nascente estetica del post-moderno, condivisa dall’entourage zappiano ma anche, in modo meno sistematico, dalla cultura hippie. Al terzetto infine va aggiunta, a latere, la figura di Mark Raney (detto Rover Rollover), amico, confidente e manager: non si sa però come abbia svolto il suo ruolo “professionale”, visto che il gruppo, durante gli anni di attività, non otterrà mai un contratto discografico e non realizzerà mai un tour.

 

Nel 1972-1973 i Memphis Goons vanno al college universitario: incidono quindi con meno frequenza ma riescono a continuare la loro passione nei giorni liberi e durante le vacanze. Nella primavera del 1973 si esibiscono, per la prima ed ultima volta, davanti ad un pubblico, nel parcheggio del centro commerciale Southland Mall su Elvis Presley Boulevard. Gli spettatori non gradiscono e lanciano alla band pietre e bottiglie. La leggenda vuole che, in quest’ultima fase di attività, Moth e Thompson subiscano anche un arresto, per il volume troppo elevato della musica nella loro auto. Fortunatamente il poliziotto, appassionato di country, riconosciuta la voce di Hank Williams, avrebbe rilasciato subito i ragazzi. Nell’estate del 1973 i Memphis Goons realizzano quindi, in tre giorni a Lawrenceburg in Tennessee, l’ultima incisione: come al solito le canzoni vengono registrate “alla prima” dopo poche prove ma in questo caso, a differenza del passato, è presente in tutti i brani la batteria, portata alla session da Thompson. Il nastro viene dimenticato proprio nel bagagliaio della sua macchina: ritrovato casualmente cinque anni dopo, durante il cambio di una gomma a terra, verrà pubblicato solo nel 2009.

 

La band a questo punto decide di sciogliersi: l’accoglienza del pubblico nell’unica esibizione è stata terribile e il mondo discografico completamente refrattario. La loro musica viene ritenuta da tutti troppo strana e registrata in maniera troppo rozza. Così Phil Jones/Wally Moth diventa bibliotecario in Arkansas, Mike Lantrip/Jackass Thompson impiegato nel settore della depurazione delle acque a Memphis e Mark Raney/Rover Rollover in quello sanitario ad Austin. Robert Hull/Xavier Tarpit invece diventa un critico musicale (spesso con lo pseudonimo di Robot Hull) per la rivista Creem di Lester Bangs e poi produttore esecutivo per Time-Life Music. Nel 1972, proprio per la rivista di Bangs, scrive la prima storia dei Memphis Goons, “I Think I'll Eat a Worm and Die: The Unbelieveable Saga of the Memphis Goons" ma la biografia va persa prima della pubblicazione e resta quindi inedita. Dave Marsh, poi, vorrebbe da Tarpit un intero libro sui Goons ma neanche questo progetto va in porto.

 

Dopo due decenni di silenzio, il manager della band, Rollover, non si è ancora dato pace per il mancato successo della sua band: nel 1994 prende contatto con la casa discografica Rise di Austin e riesce a realizzare un EP “TootTootTootTootTootToot” con quattro pezzi d’epoca dei Memphis Goons. Nel 1995 vengono ritrovate altre vecchie registrazioni, conservate in gran parte dall’archivista Moth, e quando Tarpit, l’anno successivo, collabora ad un volume sulla musica alternativa curato da Scott Schinder, “Rolling Stone's Alt-Rock-a-Rama”, cita ampliamente i Memphis Goons. L’articolo “The Original Punks: The Greatest Garage Recordings of the Twentieth Century” colloca per la prima volta i Memphis Goons nel novero delle più grandi garage band di sempre, nel tragitto carsico e contorto del proto-punk. A seguito dell’affermazione della musica lo-fi a livello mondiale, la band viene messa sotto contratto dalla Shangri-La, e presto si esibisce dal vivo, in occasione del decimo anniversario dell’etichetta indipendente di Memphis.

 

Quando l’oblio immeritato sembra segnato, i Memphis Goons riescono quindi ad editare prima alcune cassette e qualche EP e poi, nel 1996, una raccolta più vasta del meglio della loro produzione. “Teenage BBQ”, con brani registrati tra il 1971 e il 1973, è un album veramente strabiliante, multiforme ed eterogeneo: riesce ad affrancarsi dai riferimenti e ad essere sorprendentemente originale. La band è capace di plasmare un sound e una scrittura personali, con molte citazioni a controbilanciare gli spunti inusuali. I limiti sono quelli di un’antologia postuma: la mancanza di unitarietà sonora e di pianificazione complessiva. I Memphis Goons alternano elettrico ad acustico, ballate più accessibili a brani fortemente aggressivi. In assenza della batteria, il ruolo ritmico lo svolge spesso un pianoforte suonato in maniera molto percussiva. La scomposizione delle strutture è certamente più consapevole rispetto alla produzione delle Shaggs, ma presenta tratti comuni con il ben più scalcinato “Philosophy of the World”. Nel canzoniere dei Goons, come in quello delle Shaggs, fruscii, errori di tempo, rumori, stonature e assoli sgangherati non si trasformano in una musica pretenziosa ma, al contrario, in una sorta di affascinante caos demenziale. Si sa le Shaggs, il gruppo formato da tre sorelle genialmente incompetenti, sono riuscite a pubblicare un album, zoppicante e sbilenco, solo grazie ai quattrini di papà. Purtroppo i Goons non hanno avuto la stessa fortuna patrimoniale ed artistica. D’altra parte, la loro destrutturazione della forma canzone è meno ragionata rispetto a quella di “Trout Mask Replica” e li colloca in quel labile limbo tra l’outsider music e la weird music, tra Shaggs e Capitan Beefheart.

 

La musica dei nostri eroi ha poco o nulla a che fare con il Memphis sound, con il rock’n’roll della Sun o con il soul della Stax, anche se agli inizi di carriera i Goons sono grandi appassionati di Booker T & the MG’s e la figura di Elvis è sempre presente nelle loro parole. Un’influenza concittadina invece è stata, per loro stessa ammissione, quella del bluesman Furry Lewis. Per il resto, l’unico gruppo dell’area in linea con i Goons è quello degli Hombres, misconosciuta band di garage-freak della città, che all’epoca è riuscita perlomeno a dare alle stampe un LP. Al contrario, l’altra band “giovane” di Memphis, i Big Star, sembra lontana anni luci. Almeno in parte il background di Alex Chilton e compagni è lo stesso, ma la pacatezza e la perfezione delle canzoni dei Big Star è agli antipodi rispetto alla sgangherata musica dei Memphis Goons. Solitamente si guarda alla band simbolo del power pop come ad un’esperienza dannatamente sfortunata, che certamente avrebbe potuto ottenere più rilievo in quei primi anni ’70. Ma, in confronto alla storia dei Goons, la veloce parabola dei Big Star sembra una marcia trionfale. Di certo anche nel vocabolario dei nostri è presente una certa propensione alla melodia ma, ogni volta che la band tenta la strada del pop, lo fa in una maniera alienante e malata.

 

Paragoni plausibili possono essere avanzati con gruppi eterodossi come Fugs e Holy Modal Rounders oppure con collettivi sferraglianti come Godz e Cromagnon: la calibrata follia dei primi e il completo freak out dei secondi trovano nei Memphis Goons un punto mediano. Sul cotè più fortemente elettrico forse solo i Monks avevano già osato tanto. Tarpit sostiene che il gruppo avesse una vera e propria trimurti: Beefheart, Elvis e Gesù. Per quanto riguarda Gesù è lapalissiano che il riferimento non fosse musicale ma anche Elvis veniva venerato esclusivamente come fenomeno culturale e sociale. Beefheart è invece la principale e reale influenza, quella più profonda e marcata che spinge i membri del gruppo a trascendere il garage rock e a progettare architetture asimmetriche. Il fatto di assumere nomi d’arte curiosi è poi un evidente tributo all’entourage di Zappa e alla consuetudine di ribattezzare i collaboratori. E le Mothers sono un esempio per i nostri, un modello di libertà e ironia ma un abisso di conoscenza tecnica separa gli allievi dai maestri. Nonostante siano giustamente inseriti nel filone garage, l’amore per i due geni della scena freak californiana consente quindi loro di trasfigurare radicalmente il genere e di creare brani sconcertanti e spiazzanti come “Tootin' in America” e divertissement pasticciati come “Wheels/The Brazen Man”. Il tratto più importante nel sound della band è però la natura lo-fi delle registrazioni, che vengono effettuate con una tale mancanza di fedeltà sonora da sembrare completamente amatoriali. Il folk acido di “Miss Maggie Ann”, il blues irregolare di “Oh, Morning Time”, il garage distorto di “Mood Music” e il pop stonato di “Indian Giver” creano una miscela irripetibile e una varietà davvero notevole. Gli Who e i Byrds sono senza dubbio i punti di riferimento da cui partire per effettuare una decostruzione, che così precoce è difficile da riscontrare altrove. Le ultime registrazioni dei Goons, con i Velvet Underground e gli Stooges come stelle polari, sono pubblicate solo parzialmente su “Teenage BBQ” e verranno editate completamente in “Peppo”.

 

Il materiale più rock dei Goons anticipa per certi versi il punk dei Sex Pistols e il grunge dei Mudhoney ma senza riuscire ad avere una potenza geometrica e definita. Per il resto la band di Memphis non solo precorre in modo determinante il lo-fi ma mette su nastro fattori essenziali di molti futuri generi, facendo risultare quasi incredibile che si tratti di un gruppo attivo tra il ‘69 e il ’73. La proposta sonora dei Goons precede quindi quella di Guided by Voices, Sebadoh e Pavement ma ha anche elementi in comune con il noise degli Half Japanese, il post-punk dei Fall e l’alt-country dei Meat Puppets. Naturalmente, avendo lasciato la loro musica completamente inedita allo scioglimento, nessuno dei gruppi citati può esserne rimasto influenzato. Dopo la pubblicazione tardiva di “Teenage BBQ” resta una produzione sterminata da riscoprire: si parla di ore e ore di registrazioni casalinghe, di scatoloni colmi di cassette e di centinaia di canzoni.

 

Nel 2009 la band riesce a dare alle stampe “Peppo”, un album più unitario e coeso perché frutto soltanto dell’ultima session dell’estate del 1973. Ma non è solo la progettualità a scavare un solco con il resto delle incisioni pubblicate nell’antologia. “Peppo”, proprio in quanto normalizzazione della proposta freak, incanalata in un, per quanto eterodosso, rock basico rappresenta un compiuto esempio di proto-punk. La presenza diffusa della batteria e l’abbandono di certe derive psichedeliche, l’asprezza della chitarra e le grida del cantante confezionano una gemma tra garage e punk ’77: ad esempio in brani alla Velvet Underground come “Baby, Let's Bathe in Tang” e alla Stooges come “I'm Gonna Beat Yr Ass”. Il piglio non è più quello degli aspiranti discepoli di Zappa ma quello degli eredi geneticamente modificati dei Sonics, come in “Wild Flower”. Non mancano le canzoni pop, perché il lato melodico è una parte irrinunciabile dell’estetica del gruppo, ma quando si cimentano nel genere, per esempio in “Girl, it’s Not the Same”, sembrano dei Big Star avariati e degenerati. Il titolo del disco si riferisce ad un’orribile imitazione della Dr Pepper e la scelta di questo nome rende meglio di ogni altra cosa, la poetica scanzonata della band. La sentita dedica dell’album è invece riservata allo squinternato manager, morto ad inizio 2009.

 

Pare che il materiale finora pubblicato nei due album sia la parte più facilmente fruibile della loro produzione, con malriposte aspettative commerciali. Vengono lasciate fuori, per ora, tutte le registrazioni del primo periodo ricche di ardite sperimentazioni sonore. Ascoltando “Teenage BBQ” e “Peppo” queste affermazioni lasciano abbastanza stupiti, considerata la poca convenzionalità dei brani editi: rimane il dubbio si tratti di uno scherzo, di un falso creato a tavolino negli anni ’90 per ingannare gli appassionati. Per finire, da tempo i membri della band minacciano di tornare in studio per registrare un album a tema religioso dedicato a Gesù, così da entrare finalmente nella “Rock 'n' Roll Hall of Fame". Attendiamo fiduciosi.

 

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