A Bob Log III e i Doo Rag

Bob Log III e i Doo Rag

Bob Log III è un personaggio pazzesco a metà strada tra un uomo-proiettile, un astronauta e una mosca gigante senza ali. Indossa una tuta da pattinatore molto aderente, di diverse taglie più stretta del dovuto. Il suo volto è coperto, in live e interviste, da un casco integrale da motociclista con una cornetta del telefono incastonata nella visiera e munita di microfono. Con i piedi suona la cassa e il charleston, con le mani la chitarra, un vecchio modello di Silvertone Archtop. Il tutto con l’anello di vetro "bottleneck" per scivolare forsennatamente sulle corde e una serie di drum-machine per tenere il ritmo ancora più indiavolato. La voce è amplificata dal microfono, filtrata dalla cornetta e sembra provenire da un’astronave. Il suo spettacolo è straniante: alla chitarra alterna il suono acustico a quello distorto mentre percussivamente sovrappone la ritmica reale a quella sintetica. In pratica Bob Log è un eccentrico “one man band” che suona come fosse un gruppo di 5 elementi con due chitarre, due batterie e la voce.

Ma chi è Bob Log III? Bob Log è nato a Chicago, Illinois, cresciuto a Tucson, Arizona e ora di casa a Melbourne, Australia. Non si sa molto della sua vita privata. Si chiama Bob Log “terzo” perché anche suo padre e suo nonno si chiamano come lui. Suona la chitarra da quando ha 11 anni, quasi tutti i giorni e vive in rapporto simbiotico con l’amato strumento. Dorme spesso nella sua automobile, gira il mondo e tiene un concerto dietro l’altro. Nella sua carriera può vantare l’apertura a concerti di artisti del calibro di Beck, Sonic Youth e Cramps. Ha lavorato per anni alla Fat Possum, la casa discografica di  R. L. Burnside e Junior Kimbrough, i bluesman cari a Jon Spencer. La leggenda, propagandata proprio dalla sua etichetta storica, vuole che, a seguito di un incidente in barca in tenera età, abbia perso una mano, presto sostituita con una zampa di scimmia. Il suo unico obiettivo è divertire e divertirsi, continuando a fare l’unica cosa che ama: suonare la chitarra, non importa se scordata o fuori tempo.

Come musicista debutta con la band Mondo Guano ma presto diventa voce e chitarra dei Doo Rag, duo di punk blues e lo-fi degli anni ’90. Il percussionista del gruppo, l’ancora più misterioso Thermos Malling, lo abbandona durante un tour. Lasciato solo al suo destino a poche ore da un concerto, il nostro eroe fa di necessità virtù, sobbarcandosi anche l’aspetto ritmico e inventandosi il suo originale travestimento. Col tempo si aggiungono le varie componenti estetiche e spettacolari che concorreranno a renderlo celebre, almeno in certi ambienti alternativi.  Bob infatti adora le trovate sceniche più curiose durante l’esecuzione dei suoi brani: fa sedere due donne sulle sue ginocchia mentre suona (“I Want Your Shit On My Leg”) oppure chiede loro di sbattere i seni per tenere il ritmo (“Clap Your Tits”) o di immergerli nel suo bicchiere di scotch prima di berlo (“Boob Scotch”). Non soddisfatto si fa trasportare dal pubblico per la sala sdraiato su un canotto da mare e riempie il palco di palloncini da scoppiare. Tutto questo senza smettere un attimo di suonare.

L’essenza della proposta artistica di Bob Log è l’ironia, la capacità di non prendersi sul serio e di rivendicare la natura demenziale e farsesca del rock. Il buffo passo dell’oca di Chuck Berry, il ridicolo vestito da scolaretto di Angus Young e i camuffamenti horror di Screamin’ Jay Hawkins sono i riferimenti coreografici. Ma le follie dello spettacolo non nascondo una carenza di creatività musicale. Bob Log è un vulcano di originalità. La sua musica è unica, frenetica e sconcertante. Un ibrido molto personale tra blues e rock’n roll, tra Bo Diddley e AC/DC, tra Bukka White e Tom Waits. Quest’ultimo lo considera tra i suoi artisti preferiti e si fa presto ad intuire il perché. Entrambi sono esponenti di quel filone anticonformista della musica americana che dal blues del delta di Charley Patton e dal blues urbano di Howlin’ Wolf porta a quello decomposto dei Royal Trux attraverso il free form di Captain Beefheart.

Il percorso musicale di Bob Log è tanto contorto a livello sonoro quanto concettualmente lineare. I Doo Rag, attivi dal 1990 al 1996, con il primo album, “Chuncked and Muddled", danno alle stampe una collezione di cover dei loro bluesman preferiti, soprattutto il caracollante Mississippi Fred McDowell, prima fonte di ispirazione chitarristica per il nostro. Alcune canzoni, come “Black Mini”, sono già venate di una vis spastica e malata, altre sono ancora interpretate in modo abbastanza convenzionale: ad esempio “Can't Be Satisfied” di Muddy Waters. Ecco che il folk alternativo dei Violent Femmes si sposa con i punk blues dei Gun Club per rileggere la musica tradizionale: è solo l’antipasto. “What we do”, il secondo LP della band, volendo sorvolare sulla produzione di cassette e singoli, è una raccolta allucinata e allucinante di pezzi originali, “Nickel” tra tutti, di un blues cacofonico e rumoristico, debitore della lezione di “Trout Mask Replica” ma anche delle varie incarnazioni di Jon Spencer. La musica rimane tendenzialmente acustica, con Thermos Malling che percuote scatole di cartone, secchi di latta e coperchi metallici e Bob Log che sevizia il dobro urlando in un una specie di altoparlante distorto.

L’approccio sonoro è lo-fi e affonda le radici nel jug band, nel blues suonato per strada con strumenti costruiti in casa e oggetti trovati per caso. Con i Doo Rag diventa chiara la continuità tra il piglio punk e l’essenza del blues, entrambi generi che nella loro versione autentica si muovono tra energia allo stato puro e caos antiaccademico. Dopo l’improvvisa e imperscrutabile uscita dalle scene del batterista, Bob inizia la seconda fase della sua carriera, che procede dal 1996 ad oggi. L’attitudine folk e garagista del debutto, lascia spazio ad una grinta più hard rock, i riff grezzi e selvaggi ad assoli strampalati e articolati. Ma Bob Log non tradisce la natura ritmica e ossessiva della sua prima produzione. Sposta soltanto l’accento sulle scorribande sconclusionate e ipnotiche delle sue dita sulle corde. Se la tecnica chitarristica impiegata rimane la slide, con il collo di vetro a creare una babele scombinata, diventa progressivamente più rilevante l’amplificazione elettrica e il virtuosistico “fingerpicking”, che non compromette però lo spirito giocoso e demenziale di sempre. La voce resta filtrata e la trovata di indossare un casco con cornetta risulta efficacissima dal punto di vista spettacolare. I testi sono un divertente corollario: sesso e alcol sono i temi preferiti di brani incentrati sul ruolo fondamentale della chitarra e volutamente non strutturati secondo i classici canoni della forma canzone.

String Around A Stick” e “Clap Your Tits”, rispettivamente dall’esordio e dal secondo disco, sono esempi del Bob Log più veloce e sciamannato, facilitato dall’ impiego della drum-machine ad affiancare la grancassa anche in studio. Il trambusto dei primi due album, “School Bus” e “Trike”, ancora legati all’esperienza lo-fi, cedono quindi il passo in “Log Bomb” ad una proposta non meno folle ma più accessibile e commerciabile: “Log Bomb” e “Boob Scotch” sono i due nuovi classici, questa volta a ritmo meno anfetaminico, con le drum-machine in secondo piano e più rilassate. Il disco risulta essere la sua opera più matura, con maggiore compiutezza nella composizione e uniformità nell’ arrangiamento. I paragoni iniziano ad essere difficili: Bob Log è arrivato alla creazione di qualcosa di totalmente autonomo. Il suo ultimo LP, “My shit is perfect”, si attesta invece sugli stessi livelli dei lavori precedenti al capolavoro “Log Bomb”: non aggiunge molto al suo pirotecnico canzoniere e, nonostante il costante impiego della doppia ritmica reale e digitale, segna un ritorno a certe sonorità più marcatamente acustiche dell’esordio, con pezzi come “Bumper Car”. Dal 2009 in poi si dedica alla sua fittissima attività live e pubblica solo qualche singolo, senza dare più alle stampe nuovi LP.  Da una parte è evidente non abbia saputo trovare un vero e proprio superamento dell’approdo di “Log Bomb”, dall’ altra è meritorio non si sia sbizzarrito in pubblicazioni inutili e ripetitive. Ora però è giunto il tempo che ci faccia divertire con un nuovo disco oltre che con gli imperdibili spettacoli dal vivo. Speriamo quindi vivamente entri presto nel suo capanno degli attrezzi a incidere nuovo materiale.

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fabfabfab alle 10:36 del 5 settembre 2016 ha scritto:

Mamma mia il grande Bob Log III. Un mito assoluto, il suo spettacolo dal vivo è una delle cose più divertenti a cui io abbia mai assistito.

Cas alle 11:24 del 5 settembre 2016 ha scritto:

che personaggione!

bell'esordio Giacomo