R Recensione

8/10

Spectrum Meets Captain Memphis

Indian Giver

Lo spettro (Peter Kember aka Sonic Boom, Spacemen 3) , accompagnato dal suo armamentario di elettronica analogica, lascia la sua casa, (il Regno Unito), per andare ad incontrare Captain Menphis (alter ego del produttore e musicista Jim Dickinson: Big Star, Mudhoney, Texas Tornados, etc., solo per citarne alcuni).

Da questo incontro, avvenuto negli studi del produttore americano in Missisipi, nasce un intrigante e svitata collaborazione in cui i due si scambiano con certosina astuzia le loro storie e le loro visioni musicali, mantenendosi sempre fedelmente ancorati alle proprie origini e allo stile musicale che amano di più: il blues, il gospel, il country e l'ellettronica. Il risultato è tanto accattivante quanto folle, suoni e parole accompagnati da echi, synth, sovrapposizione di effetti, piano suonato in punta di dita, fuggevoli aggiunte di tromba e violini.

Ma per capirci qualcosa andiamo per ordine.

Nell'intro Mary, ( che verrà ripresa alla fine con Mary replice), Boom ci da subito un assaggio di quei suoni analogici che tanto ama costruendo un tema musicale al quanto gradevole ed orecchiabile. Ma quello che spicca in tutto l'album è la voce calda e roca di Dicknson che contribuisce a rendere sublime uno dei migliori pezzi dell'album The Lonesome Death of Jhonn Ace, una spectral-song che narra della strana morte del rocker sul tavolo di una roulette russa nel giorno di Natale, capolavoro di kraut-blues.

Ci sono anche un paio di ripescaggi del passato: take your time, che riproduce dei suoni al quanto nostalgici dei grandi compianti Spacemen 3, come pure la stessa Hey man oppure la splendida When tommorow hits dei Mudhoney versione acida ed eclettica che solo un grande come Sonic Boom poteva riprodurre in tutto il suo splendore.

Dicknson invece da parte sua propone altre due perle di straordinaria bellezza: Til your Mainline Comes e the old cow died. La prima traccia è una specie di spoken words che Dickinson snocciola su un soffice tappeto jazz scandito da un piano pizzicato, tipica song per chi ama stare seduto a contemplare dalla finestra di casa la città di notte dopo una giornata ugiosa e piovosa sorseggiando un ottimo whisky.

La seconda traccia, The old cow died, è un roots blues caratterizzato da strambe percussioni e da un acida chitarra deliziata da echi e psicotici drones accesi dall'ingegno di Boom che ci fa ricordare quanto magico sia questo mondo esplorato dai due. Un intro spettrale di violini ci introduce in Confederate dead, dove una marcetta di chitarra lentamente fluisce verso la fine accompagnata da uno scandire ritmato di un leggero piano, mentre altri spettrali violini ci annunciano la fine con la conclusiva Mary replice.

Che dire, ripeto, un pazzo e folle progetto che solo due grandi come Boom e Dickinson potevano generare. Ascoltare per credere.

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Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 3 voti.
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krikka 5/10
REBBY 6/10

C Commenti

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Ivor the engine driver (ha votato 8 questo disco) alle 17:05 del 4 settembre 2008 ha scritto:

bellissimo disco

Bellissimo, uno dei miei dischi dell'anno, e la pensiamo praticamente uguale! Cazzo sto per recensirlo anche io per altri lidi, quindi non vi arrabbaite se alcune idee possono essere simili, la pensavamo allo stesso modo senza saperlo!

Alessandro Pascale alle 12:23 del 5 settembre 2008 ha scritto:

bella rece e gran bel disco (indeciso tra il 7 e l' ma mi pare buffo che non si sia mai usata la parola "psichedelia" per un album che pur in maniera eterogenea (e Sebastiano è stato certo bravo nell'analisi generale e singola dei brani) ne è pervaso quasi ovunque.