A Mezzogiorno di fuoco, o del vicino referendum - Intervista a Luca Bassanese

Mezzogiorno di fuoco, o del vicino referendum - Intervista a Luca Bassanese

Nessun errore: il sito in cui siete capitati è Storiadellamusica, non Storiadellapolitica. Ma chiunque, almeno una volta nella sua vita, si sia interessato alle dinamiche sociali che stanno dietro l’espressione musicale dell’uomo avrà certamente potuto constatare come la politica, l’impegno sociale, il sentire comune si riversino spesso sull’onda delle famigerate sette note.

È dal lontano 1996 che i quesiti referendari proposti in Italia – la maggior parte abrogativi, un paio costituzionali – non sono riusciti a raggiungere il quorum necessario per avere validità legale. Segno di un’altra Italia, cresciuta sulle ferite dissalate della Prima Repubblica, che non crede nella politica partecipativa e preferisce consegnare ogni aspetto della vita sociale nelle mani di un vertice piramidale, omnicomprensivo.

Domenica 12 e lunedì 13 giugno si andrà ancora a votare. Non per le politiche, non per le amministrative. Si andranno a votare quattro quesiti referendari. Mai, come in questo periodo storico, il voto del cittadino ha avuto un significato così pesante e decisivo. Questione di vita o di morte, si è spesso detto in questi giorni, ed in parte è davvero così. Si dovrà decidere sul futuro del bene comune acqua, in particolare sul carattere della gestione del trasporto idrico e sull’adeguata remunerazione del capitale investito da parte di eventuali gestori privati. Ci si dovrà esprimere sul piano energetico del governo, che prevede un ritorno al nucleare, in controtendenza con le espressioni “verdi” della maggior parte degli altri Paesi europei. E si dovrà infine capire se tutti sono uguali davanti alla legge, o se c’è qualcuno più uguale degli altri: ecco il senso dell’interrogativo sul legittimo impedimento, della durata di 3 anni, per il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri.

Luca Bassanese è scrittore, poeta, attore, cantautore. Dal 2005 è attivo musicalmente (l’ultimo disco, qui recensito, è “Il Futuro Del Mondo”, datato 2010). Ma è il suo impegno politico, per chi ancora non lo conoscesse, a risaltare maggiormente: in particolare, Luca è lo sbocco musicale, l’autorevole voce non ufficiale – ché di capi, almeno qui, non ce ne sono – del comitato popolare Acqua Bene Comune. È lui che intervistiamo, a pochi giorni dalla chiamata alle urne, sul nocciolo (ahem…) dei referendum, barcamenandoci tra i vari temi e non dimenticando mai uno sguardo a quella chitarra acustica che, da lui imbracciata, lancia sempre dei messaggi molto chiari…

Luca, il tuo impegno attivo all'interno del comitato Acqua Bene Comune non è cosa nuova. Solo tanta pazienza ed un'incrollabile ostinazione in questa vera e propria battaglia ha potuto fruttare, però, uno sbocco referendario. Siamo nel 2011 e ancora si dibatte su chi possiede cosa, cosa deve andare in cambio a chi. Perché è stato possibile, da parte degli interessi privati, arrivare a questo punto di rottura? Cosa c'è dietro il meccanismo del decreto legge Ronchi?

Il progetto che si nasconde dietro la privatizzazione dell’acqua è un meccanismo per il quale l’umanità condanna se stessa al ruolo di merce.

Ma sappiamo che in questo periodo storico è arrivato il momento di scegliere da che parte stare, il momento di credere o meno nell’umanità stessa, dobbiamo per questo fare un enorme passo avanti tutti assieme, uomini e donne verso un nuovo mondo possibile ed ecco che l’acqua diviene un simbolo, profetico direi, il passaggio verso il quale l’umanità mercifica se stessa o libera per sempre la propria esistenza dalle leggi della prevaricazione, della schiavitù, del profitto. La strada è lunga ma già in tanti sono in marcia e il loro viaggio è verso il sole!

Il 97% della gestione idrica in Italia è sotto la tutela del pubblico: viene quindi municipalizzata o sottoposta alle cosiddette leadership pubblico/private (che di pubblico, in realtà, hanno ben poco, ma il discorso sarebbe notevolmente più lungo). Allo stesso tempo, tuttavia, gli acquedotti sono ridotti in condizioni così precarie da far arrivare nelle case, al netto delle perdite, solo il 48% dell'acqua totale erogata. C'è bisogno di soldi. Servono finanziamenti. Ma è mai possibile che la minaccia del privato sia, paradossalmente, l'unica soluzione possibile?

La soluzione possibile è iniziare a votare rappresentanti reali e non fittizi politicanti che all’interesse pubblico contrappongono l’interesse privato. Per questo dovremmo per prima cosa cambiare la legge per iniziare ad eleggere direttamente i nostri parlamentari. Non è un’utopia credere in una nuova politica, anzi ora più che mai è la realtà perché le nuove generazioni sono in cammino e non si lasceranno trasformare in un popolo sovrano che si lamenta sul divano. Pensare che la soluzione di ogni problema sia quella di mettere nelle mani del profitto un bene comune come l’acqua è la cosa più stupida e banale che si possa pensare, nemmeno chi professa tutto ciò ci crede veramente e deve fare i conti con la propria faccia che talvolta si deforma sullo schermo televisivo nel proferire simili menzogne. C’è un mondo che si muove e tanti giovani con cuore aperto, pieno di gioia e le mani pulite presto arriveranno a fare della politica un mestiere dignitoso ed importante per il Bene Comune.

Da Cochabamba a Parigi, da Siviglia a Berlino. Cosa significa questo ritorno di fiamma per una gestione pubblica del trasporto idrico?

In paesi come l’India, il prezzo dell’acqua, laddove è stata attuata la privatizzazione, è aumentato di oltre il 40% e non c’è alternativa in una logica di profitto.

Per me questo ritorno alla gestione pubblica da parte di molte realtà internazionali, significa che l’acqua è un elemento fondamentale, un elemento sacro. Ai fratelli di Cochabamba va tutta la mia stima, l’affetto ed un Grazie di Cuore per l’esempio di grande umanità e partecipazione che hanno saputo dare al mondo intero.

A tal proposito c’è un video su internet dal titolo “Abuela Grillo”, mi ha commosso appena l’ho visto.

Il tuo ultimo disco, "Il Futuro Del Mondo", realizzato assieme a Stefano Florio nemmeno un anno fa, segue da molto vicino l'argomento acqua e le sue possibili, future degenerazioni commerciali. Da "L'Acqua In Bottiglia" fino ai palazzi del potere ne "Il Paese Di Teòria", pensi che i cittadini possano davvero esprimersi direttamente e con efficacia su questioni che li riguardano da vicino, o sono semplicemente parte di una macchina troppo grande per loro, che li include numericamente ma li esclude politicamente?

Nell’album “Il Futuro Del Mondo”, Stefano Florio ed io siamo partiti dalla visione di un pianeta completamente distrutto dove un giovane uomo del futuro parte alla ricerca dell’unico fiume rimasto sulla terra. Credo che per non arrivare a quel punto, per salvare questo pianeta, dovremmo ascoltare la voce di quel giovane uomo, come un’eco lontana ma presente, una voce colma di stupore per l’essenza delle cose, per l’invisibile bellezza che si cela dentro un raggio di sole.

Nel 1986 gli italiani vennero chiamati alle urne per decidere del futuro energetico nazionale e della possibilità, da parte di imprese italiane, di investire nel nucleare all'estero. Il consenso fu unanime: l'atomo non doveva entrare, nemmeno incidentalmente, nello Stivale. Venticinque anni dopo si ripresenta lo stesso problema, proprio mentre mezza Europa - complice o meno Fukushima - sta ripensando sulle strategie da adottare per l'indipendenza energetica interna. Qual è il tuo punto di vista sul nucleare?

Il ritorno al nucleare è una follia.

In Italia vi sono sei regioni in cui le centrali nucleari potrebbero essere compatibili con la morfologia del terreno, con i vari ecosistemi presenti, con i nuclei abitativi nei dintorni. I governatori di queste sei regioni hanno, tuttavia, posto il loro veto alla costruzione delle centrali nel territorio da loro amministrato. C'è una paura sottesa in tutti che nel Paese delle cricche, dei palazzi, della mafia, del neofascismo, il nucleare possa essere il trampolino di lancio per un disastro etico ed ambientale inenarrabile?

Il ritorno al nucleare è una follia. Discuterne è dare la possibilità di un confronto che non può esserci perché ogni contraddittorio è pura follia, come dire: sei per la difesa o la distruzione del Pianeta Terra?

Infine, il legittimo impedimento. C'è davvero bisogno di un referendum per riaffermare che la legge è uguale per tutti? L'Italia ha perduto per strada il suo senso etico di giustizia e responsabilità?

C’è bisogno di un referendum per sentire ancora più forte quel senso di partecipazione e di indignazione che ci lega gli uni agli altri. In questo periodo ho incontrato tanta gente, tante anime in cammino nei vari appuntamenti tenuti per l’Italia tra parole, musica e poesia, in difesa dell’acqua, contro la follia nucleare, una moltitudine di persone indignate per come il senso di giustizia venga quotidianamente offeso in nome dell’arroganza e della prevaricazione. Questo referendum raggiunga o non raggiunga il quorum, ha già vinto. Ha vinto nella coscienza della gente. 

Ci lasciamo con una domanda scaramantica: credi nel raggiungimento del quorum?

Se fosse per me cambierei subito la legge, trovo il quorum un motivo di disimpegno politico.

Credo comunque che ce la faremo, ma se così non sarà la marcia verso un nuovo mondo è ormai inarrestabile.

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Alessandro Pascale alle 2:50 del 14 giugno 2011 ha scritto:

con questo articolo oggi ha vinto anche Storiadellamusica. Grazie a Marco e a Luca!